23 Gennaio 2019 | Strumenti e approcci

Individuazione precoce e prevenzione della fragilità nella popolazione che invecchia

In Italia si stimano 2 milioni di anziani con disabilità dei quali 700.000 mostrano una grave dipendenza. A precedere la perdita dell’autonomia nella persona anziana è lo “stato di fragilità”, una condizione multifattoriale reversibile se precocemente intercettata. Gli autori propongono nell’articolo alcuni strumenti per la valutazione dello stato di fragilità, nelle sue diverse dimensioni, oltre ad indicare interventi concreti per favorire un invecchiamento attivo.

 


A partire dall’inizio del secolo XX abbiamo assistito in Italia e in genere, con velocità diverse, in tutto il mondo ad un progressivo invecchiamento della popolazione. La speranza di vita alla nascita, nel nostro Paese, è quasi raddoppiata passando dai 43 anni, all’inizio del novecento, fino agli attuali 82,6 anni. Il progressivo aumento della vita media alla nascita, accompagnato ad un netto calo della fecondità nel nostro Paese, ha portato ad un considerevole aumento della percentuale di popolazione di età superiore ai 75 anni. Il fenomeno dell’invecchiamento trascina con sé condizioni età-correlatecaratterizzate da un aumento di condizioni patologie cronico-degenerative e un crescente numero di soggetti con disabilità nelle attività di vita quotidiana.

 

È opinione condivisa che l’invecchiamento costituisca il principale fattore di rischio per numerose malattie croniche – come per esempio malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, cancro, BPCO, malattie neurodegenerative, spesso associate e che agire tempestivamente sugli elementi chiave del processo di invecchiamento possa rappresentare la migliore strategia preventiva per un buono stato di salute e benessere socio economico della popolazione. La presenza di polipatologie (almeno 2 patologie croniche) nell’anziano indebolisce l’organismo e può inoltre predisporre a un invecchiamento accelerato, con incremento di disabilità, ospedalizzazione, istituzionalizzazione e di incidenza di mortalità.

 

Le recenti Linee Guida NICE (National Institute for Health and Care Excellence) sottolineano le evidenti criticità del classico approccio farmacologico alla multimorbilità secondo singola patologia cronica, con possibilità di eventi avversi da polifarmacoterapia, illustrando la necessità di implementare anche altri approcci non farmacologici che hanno dimostrato evidenze rilevanti nella cura delle malattie croniche. Inoltre si evidenzia la necessità della individuazione precoce di condizioni di rischio che sfociano verso la progressiva perdita dell’autonomia al fine di ridurre l’impatto di stati di salute che necessitano un forte impegno di risorse socio-economiche per garantire cure e assistenza adeguata e compromissione della qualità della esistenza della persona.

 

 

Fragilità e invecchiamento attivo: definizione

Per quanto il processo di invecchiamento sia polifattoriale, e non completamente conosciuto, alcuni elementi appaiono costanti quali una condizione infiammatoria cronica (inflammaging) di basso grado che può diventare, se incrementata, un importante effettore delle principali patologie croniche, comprese quelle neurodegenerative. Da qui la ricerca scientifica è indirizzata a riconoscere sintomi o condizioni (oltre a parametri bioumorali, quali la proteina C reattiva – PCR) che dimostrino un’aumentata attività infiammatoria cronica dell’organismo e possano rappresentare un marker indiretto dello stato di salute e del grado di invecchiamento. Una condizione che può accompagnarsi a un maggior grado di infiammazione cronica e precoce invecchiamento è la fragilità.

 

Sia nel campo della ricerca, sia tra i professionisti della salute il termine “fragilità” è spesso utilizzato in modo improprio. Concetti come “disabilità” e/o multimorbilità sono di frequente considerati sinonimi di fragilità. E’ pertanto necessario specificare come la fragilità sia piuttosto una condizione che rende anche fattori e traumi apparentemente trascurabili, eventi causa di gravi effetti avversi sulle condizioni generali e sullo stato funzionale della persona, compresi il peggioramento dello stato di salute e la perdita di autonomia.

 

E’ quindi importante affermare che la fragilità è reversibile tramite la messa in campo di interventi specifici al fine di evitarne l’evoluzione nel tempo verso la disabilità e la dipendenza. Il cattivo uso del termine fragilità è stato ben illustrato da Jorge Pinto nel 2015 all’Accordo Quadro tenuto a Roma nella Joint Action sulla fragilità, alla quale hanno partecipato i maggiori esperti europei del settore. In tabella 1 sono esplicitate le affermazioni errate e la corretta espressione riguardo la fragilità.

Tabella 1 – Malattie croniche, disabilità e fragilità sono usati indifferentemente per identificare soggetti anziani vulnerabili tuttavia…

 

Pertanto molte condizioni di pre-fragilità e fragilità possono invertire la direzione verso condizioni come “anziano robusto” o pre-fragile. In tal senso, pur non guarendo necessariamente le patologie croniche presenti, la “cura” della fragilità rende l’organismo più forte rispetto a eventi avversi e al corso di malattie, permettendo di conviverci in buona salute e a un diminuito rischio di disabilità.
Al contrario, la disabilità è correntemente considerata una condizione irreversibile dell’età avanzata. Pertanto, azioni preventive devono essere implementate prima che la “cascata della disabilità” sia completamente innestata, quindi in una fase di pre-disabilità quale è di fatto la “sindrome della fragilità”, come riportato in fig. 1. È importante sottolineare che fragilità e multimorbilità non sono la stessa cosa, anche se possono coesistere.

 

Figura 1 – La fragilità è uno stato reversibile

 

Per quanto essa non sia direttamente correlabile a specifici processi patologici, rappresenta comunque una espressione tangibile dello stato di salute funzionale. Le indagini epidemiologiche dimostrano infatti che lo stato funzionale è un predittore di outcome (disabilità, cadute, ospedalizzazione, ecc.) superiore alla somma degli effetti attesi delle singole patologie. In Italia si stimano 2 milioni di anziani con disabilità dei quali 700.000 mostrano una grave dipendenza. Questa condizione che di fatto determina una riduzione importante della qualità della vita, comporta anche costi elevati con forte impegno di risorse da parte del Sistema socio-sanitario e fa sì che sia indispensabile individuare condizioni prevenibili quale la fragilità, condizione multifattoriale non solo fisica, ma anche psicologica, cognitiva, economica e sociale, caratterizzata dalla progressiva incapacità a rispondere ad eventi stressanti che alterano l’equilibrio (omeostasi) della persona conducendo ad un deterioramento della qualità della vita, dello stato funzionale, a motivo di ridotta riserva fisiologica tipica dei processi di invecchiamento accelerato.

 

In accordo con quanto definito dal Progetto europeo Sunfrail, la Fragilità consiste in uno stato dinamico che riguarda una persona che vive perdite in uno o più domini delle funzioni umane (fisiche: nutrizione -perdita di peso, mobilità -lentezza, attività fisica, forza, resistenza; psicologiche: cognitività, umore, capacità di reazione ad eventi avversi della vita; socio-economiche: relazioni sociali, supporto sociale, capacità reddituale) dovuta all’influenza di un ventaglio di variabili e che aumenta il rischio di esiti negativi.  Queste diverse dimensioni della fragilità spesso coesistono e si influenzano reciprocamente determinando un avvitamento di condizioni dalle quali, se non precocemente individuate e combattute, si sfocia verso la perdita di autonomia. La fragilità pertanto conduce ad una serie di esiti negativi, quali dipendenza, deterioramento cognitivo, aumento dei ricoveri ospedalieri, di ricoveri in strutture residenziali e di mortalità.

 

L’attenzione che anche il livello politico, soprattutto a livello di Comunità europea, sta ultimamente dedicando a questa condizione è dovuta al fatto che in genere lo stato di fragilità precede la perdita dell’autonomia ed è, se precocemente intercettata, una condizione reversibile. Pertanto l’individuazione precoce di uno stato di fragilità e la messa in atto di interventi in grado di ostacolarne la evoluzione verso uno stato di perdita dell’autonomia è considerato un obiettivo strategico per il miglioramento della qualità della vita in una popolazione che continua ad invecchiare e per il contenimento della spesa in campo socio-sanitario dedicato alle condizioni di cronicità e dipendenza funzionale.

 

Queste considerazioni hanno condotto allo sviluppo delle linee per la promozione di un invecchiamento attivo che ha come elementi chiave:

  1. il mantenimento dell’autonomia della persona, ovvero la capacità di controllare, interagire e prendere decisioni personali riguardo la vita di ogni giorno, in coerenza con le proprie regole e le proprie preferenze;
  2. l’indipendenza, la capacità di svolgere le funzioni correlate alla propria vita quotidiana, cioè la capacità di vivere in maniera indipendente senza o con piccoli aiuti da parte di altri;
  3. la qualità della vita, cioè la percezione individuale del proprio ruolo nel contesto culturale e del sistema di valori del mondo circostante, in relazione ai propri scopi, aspettative, norme e interessi. E’ un concetto molto ampio che comprende, in maniera complessa, la salute fisica, lo stato psicologico, il livello di indipendenza, le relazioni sociali, le convinzioni personali e le caratteristiche salienti dell’ambiente di vita;
  4. L’aspettativa di vita in salute, che rappresenta quanto la persona può aspettarsi come periodo di vita rimanente privo di disabilità.

 

L’invecchiamento attivo appare come il risultato di differenti determinanti che ci permettono di identificare diversi profili che sono più a rischio o più favorevoli al fine di invecchiare attivamente. Il modello di invecchiamento attivo dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) è stato validato per misurarne i determinanti. I risultati hanno contribuito a sviluppare un modello a 6 fattori (salute, componente psicologica, performance cognitiva, relazioni sociali, componente bio-comportamentale e personalità) in grado di spiegare il 54% della varianza. Esistono variabili oggettive e soggettive che contribuiscono all’invecchiamento attivo e le variabili psicologiche sembrano dare un contributo molto importante al modello. Il profilo dell’invecchiamento attivo varia tra i diversi contesti e culture e può essere utilizzato come guida per organizzare interventi individuali e di comunità.

 

La sfida dell’invecchiamento attivo è la salute e l’autonomia, mentre le variabili psicologiche appaiono rilevanti nel determinare il grado di adattamento delle persone ai processi di invecchiamento. In questo senso, gli interventi devono tener conto della prevenzione delle problematiche di salute fin dall’età adulta e l’aumento della resilienza, evitando il senso di solitudine o aumentando lo stato di soddisfazione e il benessere soggettivo. Altre variabili sociali e politiche richiedono differenti tipi di intervento a livello di comunità e più precisamente un miglioramento del reddito e la pianificazione attenta del processo di pensionamento e dei regimi pensionistici.

 

Valutazione della fragilità

La fragilità è pertanto una condizione multifattoriale caratterizzata da ridotta riserva fisiologica. Nel tempo si sono sviluppati paradigmi fisici (F) e bio-psicosociali (BPS) per valutare questa condizione. Si deve a Linda Fried la prima sistematizzazione del concetto di fragilità, con la proposta del fenotipo della fragilità che individuava i fattori ritenuti fondamentali nel definire la fragilità fisica (vedi tabella 2). La dimostrazione che anche altre dimensioni della vita, influenzano in maniera significativa uno stato di fragilità, ha dato impulso verso una valutazione della fragilità che potesse comprendere la dimensioni sociali, psicologiche e cognitive.

 

Un ulteriore fattore che ha stretti rapporti con la fragilità e la polifarmacoterapia. Infatti la polifarmacoterapia è la risultante di differenti fattori tra loro interdipendenti quali la presenza di patologie multi-organo e le comorbilità. Frequentemente le prescrizioni di differenti specialisti, come la diretta applicazione delle linee guida che non rappresentano la pratica del mondo reale, spesso basate su popolazioni rappresentate in prevalenza da giovani-adulti, sono causa di compromissione della riserva funzionale della persona. Come dimostrato da diversi studi, gli anziani che assumono più di 5 farmaci al giorno sono esposti ad un aumento del rischio di inappropriatezza e reazioni avverse.

 

Tabella 2 – Fenotipo della fragilità

Da almeno un decennio si sono progressivamente sviluppati strumenti di valutazione e misurazione della fragilità. Questo ha consentito un salto decisivo dalla elaborazione concettuale ad una misurazione oggettiva, con la possibilità di valutare l’efficacia degli interventi. Si possono distinguere strumenti di screening di popolazione e strumenti di approfondimento destinati alla popolazione che risulta fragile ad un primo screening

 

Strumenti di screening

La fragilità è una condizione frequente nella popolazione anziana. Si stima che nella popolazione over 65 la sua prevalenza possa variare tra il 15 e il 25%. Da qui la necessità di avere a disposizione strumenti agili, semplici e facilmente comprensibili, somministrabili dal più ampio numero e tipologia di operatori. Lo strumento deve poter indagare, seppure in maniera grossolana, le diverse dimensioni della fragilità (fisica, psicologica e socio-economica).

 

Tra gli strumenti che possono essere inclusi in questo gruppo l’unico del quale esiste una versione italiana validata è il Tilburg Frailty Indicator. E’ un questionario di autosomministrazione che valuta tutti i domini della fragilità. Costituito da una prima parte di 10 domande sui determinanti della fragilità (sesso, età, stato civile, luogo di nascita, livello di istruzione, reddito, stile di vita, patologie, grado di soddisfazione) e 15 Item riguardanti le componenti della fragilità (fisica, psicologica, sociale) richiede circa 15 minuti di tempo. Esiste inoltre la traduzione italiana, non validata, di un’altra scala di screening canadese, la Edmonton Frail Scale composta da 9 domini e 11 item che intercettano alcuni aspetti dello stato funzionale e fisico e del supporto sociale.

 

Il questionario Sunfrail
Recentemente, nell’ambito del già citato progetto europeo Sunfrail, è stato elaborato uno strumento di screening, selezionando da questionari già in uso e validati un set di nove domande in grado di generare un’allerta su possibili fattori di rischio ben documentati in letteratura. Le domande sono poi state ordinate secondo uno schema che consente di dialogare con l’utente e di esplorare i tre domini della salute, bio-psico-sociale. Lo scopo non è tanto quello di effettuare uno screening della popolazione, bensì quello di motivare l’operatore ad attivare interventi assistenziali, anch’essi basati su prove di efficacia documentate nel caso il problema si confermi dal colloquio con la persona e da eventuali successivi test diagnostici. Le domande selezionate sono 9 con risposta SI/NO. Richiede per la somministrazione 10-12 minuti (fig.2).

Figura 2 – Il questionario Q9 Sunfrail

 

Il Sunfrail Tool è stato testato per la comprensione sia degli operatori sia dei beneficiari e verificato in una fase preliminare di sperimentazione in Irlanda del Nord e in Polonia. Si è seguito l’iter di validazione linguistica nei paesi partner del progetto (tra i quali l’Italia, e si è testato il valore predittivo dello strumento confrontandolo con altri strumenti quali il Tilburg Frail Index (TIF) e il Groningen Activity Restriction Scale (GARS). Il questionario è stato utilizzato dagli Infermieri di Famiglia e Comunità del Progetto Europeo Co.N.S.E.N.So (Community Nurse Suporting Elderly iN a changing Society) ed ha mostrato forti correlazioni con il Self-Rated Health (Salute soggettiva) per gli item 1,3,5. Il questionario Q9 Sunfrail non fornisce punteggi di rischio, ma attiva alert sulle diverse dimensioni della fragilità, in modo da poter sollecitare un intervento specifico (es. deprescribing in caso di polifarmacoterapia) o ulteriori approfondimenti.

 

Strumenti di approfondimento

Nel caso gli strumenti di screening siano indicativi di un rischio di fragilità è possibile accedere a strumenti che possano approfondire quanto emerso dallo screening, specie per la sfera fisica e sociale.

 

Valutazione della fragilità fisica
La valutazione della fragilità fisica è quella che presenta gli strumenti maggiormente validati. Lo sviluppo della fragilità fisica riconosce nella riduzione della massa (sarcopenia) e della funzione muscolare il punto di partenza e di arrivo di un ciclo che, se non viene interrotto, sfocia nella disabilità e nella perdita di autonomia.
Il test più utilizzato è lo Short Physical Performance Battery (SPPB), composto da 3 subtest (fig. 3):

  1. Test dell’equilibrio statico, eseguito in tre posizioni (piedi uniti, semi-tandem, tandem,)
  2. Test della marcia (Velocità del cammino sui 4 metri)
  3. Sit to stand, che consiste nell’alzarsi e sedersi per 5 volte consecutive da una sedia.

Il test SPPB ha dimostrato in numerosi studi di correlare con il rischio di perdita dell’autonomia, di cadere, di istituzionalizzazione, di mortalità.
Il subtest 2 che misura la velocità del cammino, correla di per sé con i più comuni outcome negativi della fragilità. Si considera che una velocità del cammino < 0,8 m/secondo sia un fattore di rischio sgnificativo di fragilità.

 

Figura 3 – Lo Short Physical Perfomance Battery (SPPB)

 

 

Altri test di performance fisica utilizzati nei laboratori sono:

  • Timed Get up and go test (TUG), che misura il tempo impiegato, alzandosi da una sedia, a percorrere un tragitto di 3 metri , girarsi e ripercorrere la distanza di 3 metri in senso inverso e sedersi. Il test correla con gli outcome negativi di fragilità ed è utilizzato soprattutto per la valutazione del rischio di caduta. La variante “dual task” del TUG, che consiste nell’eseguire il percorso mentre si esegue un altro compito (es. portare un bicchiere d’acqua con una mano). Un peggioramento della performance dopo il test basale è fortemente indicativo per deficit cognitivo.
  • Handgrip; misura la forza di presa della mano rilevata tramite un dinamometro (fig.4).. Una riduzione della forza elementare misurata correla con gli outcome avversi tipici della fragilità, compresa la mortalità .

 

Figura 4 – Dinamometro per la misurazione della forza di presa per la mano

 

Valutazione della fragilità sociale

Con l’affermarsi del modello bio-psico –sociale, la dimensione sociale è presente in molti strumenti di valutazione della fragilità. Anche i questionari tradotti e/o validati in Italia (Tilburg, Edmonton, Sunfrail) presentano domande che indagano questi aspetti.
I domini indagati dai differenti questionari sono i seguenti:

  1. Supporto sociale
  2. Rete sociale
  3. Solitudine
  4. Vivere da soli
  5. Stato socio-demografico
  6. Stili di vita
  7. Attività lavorativa
  8. Contesto sociale
  9. Contesto culturale
  10. Ruolo sociale

 

Solo 3 questionari (di cui non esiste la traduzione e validazione italiana) indagano esclusivamente e specificamente la fragilità sociale:

  • Questionnaire to define Social Frailty Status (QSFS);
  • Social Frailty Phenotype (SFP)
  • Social Frailty Index (SFI)

 

Per quanto riguarda i questionari tradotti e validati in Italia la percentuale di item che indagano il dominio sociale è variabile:

Il Tilburg Frailty Indicator contiene 3 item su 15 (30%), in particolare:
“Ricevi abbastanza aiuto da altre persone” (Supporto sociale)
“Senti la mancanza di persone intorno a te” (Solitudine)
“Vivi da solo” (Vivere da soli).

 

La Edmonton Frail Scale contiene 1 item riguardante il dominio sociale su un totale di 11 (9%), in particolare:
“Quando hai bisogno di aiuto puoi contare su qualcuno in grado di rispondere alle tue necessità !(Supporto sociale).

Il questionario Sunfrail contiene 3 item su 9 (33%) riguardanti il dominio sociale:
“Si è sentita sola per la maggior parte del tempo” (Solitudine)
“In caso di bisogno può contare su qualcuno vicino a lei” (Supporto sociale)
“Ha avuto difficoltà economiche ad affrontare le spese dentarie e le spese sanitarie durante l’ultimo anno” (Stato socio-demografico).

 

Interventi di prevenzione

L’interesse nell’individuazione precoce di uno stato di fragilità è in buona parte dovuto al fatto che il processo che conduce alla fragilità è reversibile, se precocemente individuato, e pertanto la popolazione anziana fragile può tornare ad essere “robusta”, ma può anche diventare disabile se non vengono intrapresi specifici interventi. La prevenzione della fragilità e della sua progressione verso la perdita di autonomia si basa sulla promozione del movimento, sulla revisione del regime alimentare, sulla revisione di una eventuale polifarmacoterapia, sulla stimolazione di attività cognitive e di interazione sociale.

 

Attività fisica
Un apparato muscolare efficiente sta alla base della lotta alla fragilità fisica e cognitiva. Il ciclo della fragilità fisica vede infatti nel deficit di massa muscolare (sarcopenia) e di funzione muscolare il centro da cui si dipartono le strade per un progressivo peggioramento dello stato di vulnerabilità stesso (vedi fig. 5). Da tempo, inoltre, è chiaro come lo stimolo alla attività motoria ha ripercussioni sul mantenimento della cognitività.

 

La promozione dell’attività fisica, se attuata in gruppo, inoltre presenta un effetto sulla socializzazine dell’individuo. Inoltre alcuni tipi di educazione motoria, in particolare l’esercizio del Tai-chi, ha effetti statisticamente significativi, sulla riduzione delle cadute, considerate tra gli outcome avversi della fragilità. E’ da sottolineare come l’esercizio fisico moderato e non episodico è in grado di ridurre il pattern infiammatorio che si accompagna ai processi di invecchiamento e ai meccanismi di molte patologie degenerative età.-correlate.

 

Figura 5 – Il ciclo della fragilità

 

Revisione del regime alimentare

Una nota frequente nell’analisi di soggetti anziani fragili (e non) è l’insufficiente apporto di proteine con la dieta. Il fabbisogno proteico nell’anziano è stato rivisto e se fino a qualche anno fa si sosteneva addirittura che il fabbisogno di apporto proteico con la dieta di un anziano fosse inferiore a quello di un adulto attivo, oggi tale impostazione è stata totalmente rivista. Il fabbisogno proteico della persona anziana è uguale a quello di un adulto e in presenza di patologie sia acute che croniche deve essere aumentato. La iponutrizione proteico-energetica rappresenta un importante fattore prognostico negativo.

 

Non bisogna comunque considerare solo il peso corporeo quale elemento indicativo di uno stato di “robustezza” fisica. E’ oggi ben definito lo stato di cosiddetta sarcobesità, nel quale, a fronte di un peso corporeo normale o anche superiore alla norma, la percentuale corporea di massa magra (rappresentata dal muscolo) è bassa. Tale stato sottintende anch’esso ad un rischio di fragilità. E’ pertanto opportuna una revisione del regime dietetico che conduce spesso ad un incremento dell’apporto proteico. Inoltre numerosi studi supportano l’affermazione che un regime dietetico aderente alla cosiddetta dieta mediterranea costituisca un fattore protettivo riguardo il rischio di fragilità fisica, e, secondo alcune indagini, anche cognitiva.

 

Stimolazione cognitiva
L’allenamento della cognitività è uno dei trattamenti psico-sociali che mostrano un effettiva efficacia nel mantenimento delle funzioni cognitive. Gli approccia al cosiddetto “memory training” confermano spesso questi risultati, anche in presenza di fasi iniziali di deterioramento cognitivo (CDR 0,5). Anche questi interventi sono spesso effettuati in gruppi di persone e pertanto si arricchiscono dell’effetto positivo legato al miglioramento delle relazioni sociali.

 

Revisione della terapia farmacologica
Il cosiddetto “deprescribing” sta alla base dell’approccio alla multimorbilità, spesso presente nei soggetti con fragilità. La revisione critica di una polifarmacoterapia, specie quando il numero complessivo di farmaci supera i 5, è imprescindibile. Va sempre considerata l’opportunità della somministrazione di farmaci che in maniera diretta (es. statine) o indiretta (es. benzodiazepine, antipsicotici) sono responsabili di riduzione della massa e della efficienza muscolare.
La messa in atto di questi interventi, a seguito di una attenta valutazione multidimensionale, può essere in grado di ribaltare la traiettoria che dalla fragilità conduce alla dipendenza, facendo aumentare l’aspettativa di vita in salute della popolazione anziana.

Bibliografia

Podavitte F., Scarcella C., Trabucchi M. (2010), Strategie per la fragilità. Un modello di rete, Bologna, Maggioli Editore.

Bessa B., Ribeiro O., Coelho T., (2018), Assessing the social dimension of frailty in old age: A systematic review,  Arch Gerontol Geriatr.,  2018 Sep – Oct;78:101-113.

Dominguez Ligia J., Barbagallo M., (2017), The relevance of nutrition for the concept of cognitive frailty, Curr Opin Clin Nutr Metab Care, 2017, Jan;20(1):61-68.

Obbia P., Palummeri E., Maggio ., Nigro F., Polli F., (2018), Le sinergie tra i progetti CoNSENSo e SUNFRAIL per la prevenzione della fragilità nell’anziano e il sostegno all’autonomia e alla vita a domicilio, Dati preliminari dall’Alta Val Trebbia Geriatria Extraospedal, 2018. 13,1:7-17.

Phillips Stuart M., Chevalier S., Leidy H. J., (2016), Protein “requirements” beyond the RDA: implications for optimizing health, Appl. Physiol. Nutr. Metab, 2016. 41: 565–572.

Ng TP., Feng L., Nyunt MS., Feng L., Niti M., Tan BY., Chan G., Khoo SA., Chan SM., Yap P., Yap KB., (2015), Nutritional, Physical, Cognitive, and Combination Interventions and Frailty Reversal Among Older Adults: A Randomized Controlled Trial, Am J Med. 2015 Nov;128(11):1225-1236.

Veronese N., Stubbs B., Noale M., Solmi M., Rizzoli R., Vaona A., Demurtas J., Crepaldi G., Maggi S.,(2018), Adherence to a Mediterranean diet is associated with lower incidence of frailty: A longitudinal cohort study, Clin Nutr. 2018 Oct;37(5):1492-1497.

Clegg A., Young J., Iliffe S., Rikkert MO, Rockwood K., (2013), Frailty in elderly people, Lancet, 2013 Mar 2;381(9868):752-62

Fried LP., Tangen CM., Walston J., Newman AB., Hirsch C., Gottdiener J., Seeman T., Tracy R., Kop W.J., Burke G., McBurnie MA., (2001), Cardiovascular Health Study Collaborative Research Group. Frailty in Older Adults: Evidence for a Phenotype, J Gerontol A Biol Sci Med Sci, 2001 Mar;56(3):M146-56

 

Sitografia

Multimorbidity: clinical assessment and management. Nice Guidelines NG56 https://www.nice.org.uk/guidance/ng56

World Report on Ageing and Health. Geneva, Switzerland: World Health Organization, 2015

Sunfrail Eurpean Project http://www.sunfrail.eu/

P.I. 00777910159 - © Copyright I luoghi della cura online - Preferenze sulla privacy - Privacy Policy - Cookie Policy

Realizzato da: LO Studio