23 Gennaio 2019 | Domiciliarità

La presa in carico dell’anziano non autosufficiente a domicilio

Le autrici propongono in questo articolo una riflessione sul tema della presa in carico dell’anziano non autosufficiente a domicilio, evidenziando in particolare alcune criticità, oggi rilevabili nei servizi, legate alla valutazione dei bisogni, al management degli interventi e alla verifica della loro appropriatezza.


Indipendentemente dai modelli organizzativi regionali, l’assistenza domiciliare rivolta agli anziani non autosufficienti oggi si dimostra una risposta ancora carente: a fornire un sostegno nel carico assistenziale ai caregivers, infatti, sono soprattutto alcune soluzioni informali.
Ad aggravare la debolezza attuale del sistema di welfare sono inoltre alcune caratteristiche dei servizi esistenti, tra cui la rigidità organizzativa (orari e giorni di assistenza), iter procedurali diversi per l’attivazione delle prestazioni e, soprattutto, la frequente mancanza di coordinamento e integrazione tra gli interventi messi in atto da tutti i soggetti chiamati ad erogarli (Comune, ASL- Distretti, Enti erogatori, terzo settore).
Ne deriva che, sovente, non si riesce ad intervenire in maniera sinergica all’interno del Progetto Individualizzato di presa in carico dell’anziano. Di più: spesso non esiste un unico Progetto Individualizzato di assistenza domiciliare ma ne esistono tanti quanti sono i servizi che intervengono a favore della famiglia.

 

La valutazione dei bisogni dell’anziano fragile che vive a domicilio: una sfida aperta

Nei servizi sociali e sociosanitari non è possibile definire a priori cosa è appropriato a chi; l’appropriatezza trova il suo punto focale nell’incontro tra bisogno e risorse, permettendo di personalizzare l’intervento, attivando quanto è necessario e utile in un dato momento.

Il primo passo in questa direzione è rappresentato dalla valutazione. Nei contesti residenziali e semiresidenziali il ricorso alla valutazione multidimensionale è ormai una pratica consolidata. Attraverso questo processo l’anziano conosce l’équipe e viene conosciuto, vengono analizzati i suoi bisogni e le sue potenzialità da un gruppo di lavoro multidisciplinare che ha il compito di definire un progetto personalizzato globale. Ne discendono i Progetti Individualizzati e i Piani di Assistenza individuali che, seppur con minime variazioni di denominazione, sono strumenti riconosciuti e utilizzati in tutto il Paese.

 

A domicilio, invece, non risulta affatto semplice realizzare una valutazione, tantomeno multidimensionale, che veda coinvolti i diversi operatori di riferimento per l’anziano e per la famiglia e che sia capace di generare un Progetto Individualizzato globale e una pianificazione degli interventi coordinata tra i diversi servizi.

La carenza di modelli organizzativi in grado di integrare la sfera sociosanitaria con quella socioassistenziale porta ancora oggi all’attuazione di interventi frammentati e non sempre comunicanti.

 

I servizi domiciliari a sostegno degli anziani oggi si diversificano in base ai territori regionali. Accanto ai servizi “storici” pubblici SAD (Servizio di Assistenza Domiciliare) e ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), diffusi in tutto il paese, sono infatti in corso in diverse regioni alcune forme innovative di supporto alla domiciliarità tra cui RSA Aperta, buoni e voucher sociali e sociosanitari finalizzati e varie tipologie di residenzialità assistita.

 

In merito all’attivazione dei diversi servizi le disposizioni normative delle singole regioni hanno originato percorsi differenti: i protagonisti, a seconda dei territori e delle unità di offerta, possono essere gli operatori dei Distretti sociosanitari, le UVG (Unità di Valutazione Geriatrica) o UVM (Unità di valutazione Multidimensionale), gli enti gestori, l’assistente sociale del Comune di residenza, gli Uffici di Piano e il medico curante. Di conseguenza la famiglia che assiste un anziano fragile a domicilio corre il rischio di trovarsi di fronte a tante valutazioni quanti sono i servizi e i sostegni che intende/può attivare.

 

Oltre alle incombenze materiali legate al presentare più richieste burocratiche, va tenuto conto che, per l’anziano e per la sua famiglia, la valutazione a domicilio da parte di operatori estranei è un evento significativo che, in un certo senso, chiama il nucleo ad esporre tutte le sue fragilità: per questo motivo dovrebbe essere replicato solo in caso di cambiamento della situazione e, quindi, di rivalutazione.  Dal punto di vista degli operatori la valutazione a domicilio riveste un ruolo particolarmente importante grazie alla completezza e alla qualità delle informazioni che permette di acquisire rispetto ad altri tipi di analisi. Tuttavia, se è finalizzata solo all’attivazione del servizio che l’operatore rappresenta, la valutazione, anche se effettuata con i più validi strumenti, avrà necessariamente un “taglio” limitato e circoscritto perché legato all’osservazione dei soli bisogni che quel servizio può affrontare, in un certo senso un’occasione sprecata.

 

Per i territori, quella di individuare strategie per la condivisione delle letture che ogni servizio o operatore rileva al domicilio dell’anziano rimane una sfida aperta; lo scopo è quello di far sì che le diverse valutazioni vengano ricondotte entro un quadro unitario (quello dell’anziano) e non rimangano circoscritte al quadro parziale (quello del servizio).

 

La figura del Case Manager nei progetti di presa in carico domiciliare: Case Manager del servizio o dell’anziano?

Le ricerche disponibili e l’esperienza concreta confermano che le famiglie necessitano anzitutto di un insieme di azioni di accompagnamento che spaziano da attività informative ben strutturate a sostegni nell’accesso, alla presa in carico sino all’accompagnamento nel corso del tempo da parte di figure di riferimento (case manager). (Gori, 2017)
L’elemento imprescindibile per l’efficacia degli interventi è la garanzia di una figura istituzionale di coordinamento, un case manager che sia di riferimento per la famiglia e che, valutati i bisogni, si adoperi per attivare le risposte integrate e possibili in quel territorio, ricomponendo le diverse prestazioni afferenti ai sistemi sociali, assistenziali e sociosanitari.

 

La funzione di Case Manager è ancor più centrale nell’assistenza domiciliare; nei contesti residenziali infatti, la necessaria integrazione tra gli interventi viene più facilmente garantita dalla presenza di un interlocutore unico (la struttura residenziale e il suo staff). Rispetto a questo tema, nei setting domiciliari, c’è ancora molta strada da fare.

 

Gli atti normativi dell’ultimo decennio, in ogni regione, valorizzano e attribuiscono centralità al ruolo di Case Manager ma, nella realtà concreta dei servizi domiciliari la figura professionale che svolge tale funzione è spesso relegata ad essere punto di riferimento unicamente in relazione al servizio che rappresenta. Ciò significa che la famiglia può avere più interlocutori in riferimento alla tipologia di servizi attivati (sociali, sociosanitari, buoni, voucher) senza avere la garanzia di un presidio e un coordinamento tra i diversi interventi e le progettualità.

Box 1 – Una definizione di Case Management

Investire nella funzione di Case Management della persona anziana assistita a domicilio è oggi prioritario, soprattutto tenuto conto della carenza di risorse disponibili e della pluralità di soggetti titolati ad erogare i servizi, elementi che, in assenza di coordinamento, rischiano di generare interventi poco efficaci per la famiglia. Oltre alla necessità di aumentare le opportunità di assistenza vi è bisogno di coordinarle fra loro in modo che possano essere erogati interventi specialistici diversi, anche attivati da più attori, ma inglobati in un unico Progetto Individualizzato di cura, che permetta di creare processi sinergici.

 

Il cambiamento richiesto riguarda le decisioni politiche ma anche i processi assistenziali, i metodi di presa in carico e le culture dei professionisti, chiamati oggi ad integrarsi di più, a comunicare di più, a guardare oltre il proprio circoscritto ambito di intervento per collocarsi all’interno di un progetto globale, condiviso fra attori diversi.

 

L’appropriatezza nei servizi domiciliari

Strettamente connesso alle tematiche della valutazione a domicilio e della realizzazione di Progetti Individualizzati globali è inoltre il tema dell’appropriatezza, obiettivo strategico previsto da tutti gli atti normativi, nazionali e regionali in materia di assistenza e per i sistemi di cura in genere.

Box 2 – Appropriatezza: definizione

Definire in modo compiuto il significato di appropriatezza è una sfida assai complessa poiché tale concetto può essere riferito a molteplici dimensioni della pratica assistenziale. Un servizio, un intervento deve essere appropriato rispetto a cosa? Ai set assistenziali previsti dalla normativa per una specifica unità di offerta? Ai bisogni dell’utente? Ad entrambi?

 

Le Regioni sono chiamate a individuare indicatori di appropriatezza mettendo in stretta correlazione le caratteristiche organizzative e i requisiti gestionali, organizzativi e strutturali previsti per ogni singola unità con le diverse tipologie di utente, i cui bisogni possono essere affrontati in quello specifico setting di cura. La verifica del soddisfacimento degli indicatori è oggetto di interesse prioritario nelle ispezioni di vigilanza degli enti pubblici preposti, svolte allo scopo di verificare che a ciascun anziano venga fornito quanto è, per l’appunto, “appropriato” in base alle sue necessità. Tale percorso è attuato e consolidato nelle unità d’offerta semiresidenziali e residenziali che si occupano, quasi sempre in modo esclusivo, degli anziani fragili e viene effettuato sul progetto di presa in carico globale realizzato a favore dei singoli ospiti.

 

Ma, tenuto conto che in una famiglia possono intervenire più soggetti con ruoli, competenze e appartenenze diverse, cosa significa valutare l’appropriatezza delle prestazioni erogate nei percorsi di cura domiciliari? È ipotizzabile una definizione di appropriatezza che includa tutti gli interventi attivati e ne riconosca le sinergie, le interazioni e i relativi outcomes? Oppure l’appropriatezza dev’essere considerata verificabile solo rispetto alle prestazioni erogate da ciascuno dei servizi coinvolti, come di fatto accade nella realtà attuale?

 

E ancora…l’effettiva introduzione del Case manager, offrendo la garanzia di un processo di cura presidiato e coordinato da un unico soggetto, potrebbe essere un passo importante anche verso una nuova definizione del concetto di appropriatezza nelle prese in carico domiciliari plurime?

 

Conclusioni

L’articolo ha messo in evidenza alcuni aspetti critici, peraltro assimilabili tra loro, nell’approccio dei servizi sociali e sociosanitari all’anziano fragile a domicilio.
La carenza (o l’assenza) di una funzione di coordinamento e di case management si ripercuote inevitabilmente in tutte le fasi della presa in carico, generando frammentazione e difficoltà anche nell’integrazione tra i diversi servizi che, spesso, rischia di essere affidata alla buona volontà degli operatori. Questo avviene, nonostante la legislazione sociosanitaria predica immancabilmente l’integrazione sociosanitaria, perché nella realtà manca una delle figure principalmente designate a renderla una prassi concreta.

 

Le politiche pubbliche relative all’assistenza continuativa agli anziani non autosufficienti (Long – Term Care, LTC) devono dotare i sistemi organizzativi di risorse adeguate per fronteggiare i bisogni. Tuttavia, dovrebbero anche prevedere l’assunzione di un ruolo centrale e non delegabile dei decisori istituzionali (ad es. le Regioni) nel determinare linee operative comuni per il coordinamento delle prese in carico nei setting domiciliari. Tali linee dovrebbero essere adottate da tutti i territori, pur nel pieno rispetto dei diversi servizi attivi a livello locale, valorizzando anche le figure di riferimento territoriale degli utenti, medico curante e assistente sociale.

 

Nell’ambito del processo di revisione del sistema di Welfare per gli anziani non autosufficienti, questo passaggio potrebbe essere facilitato dalla diffusione delle esperienze e del know-how degli operatori impegnati in buone prassi già in corso nei territori. Ciò contribuirebbe all’individuazione di strategie operative partecipate e sostenibili e di modelli replicabili, validi sia nei territori con forte centralità pubblica nella gestione dei servizi, sia in quelli dove le strategie di “quasi mercato” hanno aperto spazi sempre più importanti per le realtà private.

Bibliografia

Gori C.,  (2017), L’età dell’incertezza, in L’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia, 6° Rapporto 2017/2018 Il tempo delle risposte, a cura di NNA Network Non autosufficienza, Santarcangelo di Romagna (RN), Maggioli Editore

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