3 Aprile 2019 | Servizi

Assistenza alle persone affette da demenza: principali evidenze dall’ultimo Rapporto OECD

La rivista propone un approfondimento sullo stato dell’assistenza alle persone affette da demenza. In particolare, questo articolo offre una sintesi ragionata delle principali evidenze dall’ultimo Rapporto OECD sul tema. Ai lettori che desiderano approfondire maggiormente i contenuti del Rapporto viene offerta una lettura più articolata nel contributo di Veruska Menghini e Giselda Rusmini, mentre l’articolo di Marco Trabucchi si concentra sui “messaggi per il nostro Paese” che da tale Rapporto si possono trarre.

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Sono quasi 19 milioni le persone affette da demenza nei paesi OECD e molte di più quelle che, essendo impegnate nella cura dei propri cari, ne sono coinvolte. Se ad oggi non è possibile rallentare o interrompere la progressione della malattia, si può migliorare la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie. L’ultimo rapporto OECD sulla demenza “Care Needed: Improving the Lives of People with Dementia” cerca di fare il punto sullo stato dell’assistenza alle persone affette da demenza nei diversi paesi indagati e mette a fuoco gli interventi e le politiche attuate al fine di migliorarne la qualità di vita, in ottica comparativa.

 

Il Rapporto si apre con un primo capitolo dedicato alle principali evidenze. Questo articolo propone una sintesi ragionata1 di queste pagine, dalle quali emerge il quadro delle dimensioni del “fenomeno demenza” nei Paesi dell’OECD e appare chiara la necessità di aumentare l’attenzione verso la condizione dei malati e migliorare l’impegno per garantire cure adeguate.

 

La diffusione della malattia

La demenza, nelle sue varie manifestazioni2, avrà un costo crescente a livello umano e finanziario. Con questa affermazione si apre il primo paragrafo che illustra i dati sulla prevalenza della malattia per classi di età mostrando come essa aumenti al crescere dell’età: se ne è affetto il 2% delle persone di età compresa fra 65 e 69 anni, fra gli ultranovantenni la quota di ammalati raggiunge il 41% (OECD Health Statistics, 2017). Dato il previsto aumento della popolazione anziana, è lecito attendersi per gli anni a venire un incremento della prevalenza della demenza: dai circa 19 milioni di malati del 2017 ai 41 milioni del 2050.

 

Essendo uno dei Paesi con la popolazione più anziana, l’Italia è oggi al secondo posto per prevalenza della demenza (22,5 persone ogni 1000 di qualsiasi età nel 2017), preceduta solo dal Giappone (23,3 per 1000) e seguita dalla Germania (20,2 per 1000). Le previsioni mostrano che alla fine del ventennio successivo, nel 2037, nel nostro paese ci saranno quasi 34 persone con demenza ogni 1000.

 

Al momento nessuna cura è efficace nel ridurre l’insorgenza o il decorso della malattia, mentre la prevenzione è una questione dibattuta. In rappresentanza delle diverse posizioni vengono citati due studi. Da un lato l’articolo di Livingston pubblicato nel 2017 su Lancet, in cui lo studioso afferma che circa il 30% dei casi di demenza potrebbe essere prevenuto combattendo su larga scala fattori di rischio come l’obesità, il diabete e la solitudine associati a questa come ad altre malattie, dall’altro lo studio del National Academies of Science, Engineering and Medicine in the United States, in cui viene negata l’esistenza di evidenze in proposito, ma viene riconosciuta la presenza di dati incoraggianti (Leshner et al., 2017).

 

Il Rapporto OECD passa poi ad illustrare brevemente la letteratura sulla riduzione della prevalenza, in particolare due studi longitudinali condotti negli Stati Uniti e in Gran Bretagna (Mattews et al., 2013; Langa et al., 2017), ma spiega che queste potenziali diminuzioni3 non sono in grado di controbilanciare il rapido invecchiamento a livello mondiale e dei singoli paesi, che è direttamente correlato con la prevalenza di demenza.

 

Alla luce dell’impossibilità di bloccare lo sviluppo della demenza, i servizi sociali e sanitari sono di fondamentale importanza nel migliorare la qualità di vita dei malati e delle loro famiglie e nella riduzione del deterioramento cognitivo.

 

La diagnosi e la raccolta dei dati

Il Rapporto sottolinea la necessità di migliorare la diagnosi e l’accesso alle cure. Senza una diagnosi, possibilmente tempestiva, i malati e le loro famiglie rimangono infatti esclusi dai servizi di cura e di assistenza. In molti Paesi la maggioranza delle persone affette da demenza non ha ancora ricevuto una diagnosi: i motivi risiedono nella scarsa competenza dei medici di medicina generale e nella scarsità dei servizi specialistici, che pure hanno segnato importanti passi avanti. In alcuni paesi, pertanto, promuovere l’accesso alla diagnosi è diventata una priorità.

 

La demenza, dunque, è difficile da identificare e anche da misurare. Nonostante 22 Paesi OECD abbiano sviluppato Piani nazionali o strategie per migliorare la risposta alla demenza, i dati sul fenomeno rimangono molto limitati. Migliorare la raccolta dei dati è diventata quindi una priorità in diversi Paesi fra cui Irlanda, Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti. Sono pochi i Paesi che hanno sistemi di rilevazione tali da produrre informazioni utili per la ricerca basata sulle evidenze. In alcune realtà – Danimarca, Francia, Israele, Norvegia, Svezia e Stati Uniti – sono stati sviluppati registri nazionali e/o regionali sulla demenza.

 

Il sistema svedese SveDem, in particolare, oltre a indicatori demografici e clinici riporta informazioni sui trattamenti non farmacologici, sui servizi sociali di supporto e sulla qualità della vita, fornendo in tal modo una fotografia più completa del fenomeno; in aggiunta a ciò, la Svezia ha sviluppato un Registro sui sintomi comportamentali e psicologici della demenza (Behavioural and Psychological Symptoms of Dementia) allo scopo di migliorare la qualità di vita nelle nursing homes (le nostre RSA).

 

Invecchiare a casa propria

Invecchiare a casa propria il più a lungo possibile (ageing at home) è la soluzione preferita dalle persone affette da demenza ed è una priorità per molti governi. I posti letto di lungodegenza per gli anziani sono mediamente in diminuzione nei paesi OECD (-2,0 posti letto ogni 1.000 persone di 65 anni e più fra il 2005 e il 2015, con punte superiori al -10,0 nella Repubblica Ceca, in Norvegia, Canada, Islanda e Svezia), tuttavia in alcuni Paesi risultano in aumento.

 

Mantenere relazioni sociali è particolarmente importante per le persone affette da demenza in quanto l’isolamento e la solitudine possono accelerare la progressione della malattia. I servizi sociali di supporto possono migliorare la qualità di vita dei malati, almeno fino ad un certo grado di progressione della malattia, con risparmi per il sistema sanitario. Vivere nel proprio ambiente, se da un lato è desiderato dalla maggior parte degli anziani inclusi quelli con demenza, dall’altro può essere difficoltoso per questi ultimi. Le comunità sono spesso impreparate a fronteggiare situazioni quali l’unintentional wandering (il camminare senza meta appropriata tipico dei malati di demenza) e l’uso dei mezzi di trasporto pubblici da parte dei malati, inoltre la maggior parte delle persone è impreparata a comprendere questo tipo di malati. A queste difficoltà si aggiunge il rischio di sfruttamento da parte di persone senza scrupoli. In molti paesi sono state realizzate iniziative per la creazione di Dementia-friendly communities4 allo scopo di ridurre lo stigma associato alla malattia e costruire ambienti sociali inclusivi. Nonostante l’importanza degli interventi sociali di supporto, il Rapporto evidenza la diffusa mancanza di outcome misurati-misurabili e standardizzati per queste iniziative e la carenza di rilevazioni sistematiche sulla qualità della vita dei malati.

 

La cura informale assicurata dalla famiglia e dagli amici è il vero supporto per le persone affette da demenza, soprattutto dove i servizi sono poco sviluppati. I familiari, tuttavia, sono poco sostenuti pur essendo soggetti a fenomeni di burn-out, depressione, ansia e scarsa salute fisica, come dimostrato da svariati studi. Il burden of care favorisce l’istituzionalizzazione, si associa a un peggior stato di salute degli assistiti e ad un maggior rischio di cadute. Il Rapporto sottolinea la necessità di attuare interventi mirati a sostegno dei caregiver di malati con demenza, mentre le politiche del lavoro dovrebbero andare incontro alle esigenze dei caregiver occupati. Da questo punto di vista, 27 dei 35 paesi OECD hanno normative che consentono di avere un po’ di tempo disponibile per assistere il proprio caro e in 19 di essi questo tempo è almeno in parte pagato. Si tratta, tuttavia, di misure giudicate insufficienti. I servizi diurni, presenti in diverse forme e misure nella quasi totalità dei paesi indagati, possono giocare un ruolo importante tanto nel sostenere i caregiver informali quanto i malati stessi. Il Rapporto sottolinea, inoltre, l’importanza della formazione mirata rivolta ai caregiver e dell’informazione sui servizi disponibili.

 

La cura nelle strutture residenziali

Quando la demenza entra nella fase severa, la cura istituzionale si rivela spesso quella più adatta. Lo studio mette in luce una diffusa inadeguatezza delle strutture residenziali più “tradizionali” ed enfatizza il possibile beneficio derivante da soluzioni di piccole dimensioni, citando anche il modello del “villaggio” costruito intorno alle necessità dei malati.

 

Vi sono in diversi paesi – Danimarca, Irlanda, Norvegia e Regno Unito – linee guida per il design degli ambienti “dementia-friendly” da adottare per la costruzione di nuove strutture o l’adattamento di quelle esistenti.

 

Oltre alle caratteristiche degli ambienti è di fondamentale importanza la qualità delle cure prestate. In proposito il Rapporto mette in luce come quest’ultima non sia ancora adeguata, specie quando si manifestano i disturbi del comportamento (Behavioural and Psychological Symptoms of Dementia – BPSD). L’uso dei medicinali antipsicotici risulta infatti piuttosto diffuso: l’Italia risulta nella media, ma è significativo che da noi si prescrive il 50% in più della Svezia. Il Rapporto sottolinea, come per il miglioramento delle cure sia importante la formazione degli operatori.

 

Le persone affette da demenza possono aver bisogno del ricovero in ospedale per motivi connessi o meno alla malattia. In quest’ultimo caso è fondamentale che lo stato di demenza, qualora in precedenza diagnosticato, venga registrato in modo da attuare cure adeguate al caso. Questo, spiega il Rapporto, spesso non accade. Inoltre, i malati vengono tenuti in ospedale mediamente più degli altri: 36 giorni contro gli 8 giorni di chi non è affetto da demenza. Il tempo di permanenza, afferma il Rapporto, andrebbe ridotto al minimo indispensabile in quanto l’ambiente dell’ospedale è inadatto ad ospitare le persone con disturbi cognitivi e può generare stress e peggioramento dei disturbi comportamentali.

 

Il capitolo dedicato ai principali punti di interesse della Ricerca si conclude osservando che le persone con demenza hanno minor possibilità di accedere alle cure palliative rispetto agli altri malati terminali5. Questo è dovuto al fatto che il declino e la perdita di funzioni che caratterizza l’andamento della malattia rende più complicato identificare l’avvicinarsi del fine vita e pressoché impossibile per i malati esprimere la propria volontà. I dati al riguardo sono scarsi, tuttavia diversi paesi hanno individuato la necessità di aumentare l’accesso alle decisioni e alle cure palliative per le persone con demenza. In proposito il Rapporto afferma l’importanza di dedicare un parte delle Linee guida nazionali per l’accesso alle cure palliative al caso delle persone affette da demenza.

 

Foto di Couleur da Pixabay

Note

  1. Si ringrazia sentitamente Antonio Guaita per aver indicato i punti di particolare interesse.
  2. La forma più conosciuta di demenza è la malattia di Alzheimer ma ve ne sono altre che presentano sintomi simili, fra cui la demenza vascolare, a corpi di Lewy e la malattia di Parkinson.
  3. Per un approfondimento sul tema si veda: Stephan BCM, Birdi R, Tang EYH, Cosco TD, Donini LM, Licher S, Ikram MA, Siervo M, Robinson L. Secular Trends in Dementia Prevalence and Incidence Worldwide: A Systematic Review. J Alzheimers Dis. 2018;66(2):653-680. doi:10.3233/JAD-180375. PubMed PMID: 30347617.
  4. Ad esempio, in Italia, “Abbiategrasso – Città Amica delle Persone con Demenza”.
  5. Per una ricerca italiana sul tema, si veda: Di Giulio P, Toscani F, Villani D, Brunelli C, Gentile S, Spadin P. Dying with advanced dementia in long-term care geriatric institutions: a retrospective study. J Palliat Med. 2008; 11: 1023-1028. doi: 10.1089/jpm.2008.0020.

Bibliografia

Langa K.M. et al. (2017), A comparison of the prevalence of dementia in the United States in 2000 and 2012, Jama Internal Medicine, Vol. 177, No. 1, pp. 51-58.

Leshner A.I. et al. eds. (2017), Preventing cognitive decline and dementia: A way forward, National Academies of Sciences, Engineering and Medicine, The National Academies Press, Washington D.C.

Livingston G. et al. (2017), Dementia prevention, intervention and care, The Lancet, vol. 390, No. 10113, pp. 1-62.

Matthews F.E. et al. (2013), A two-decade comparison of prevalence of dementia in individuals aged 65 years and older from three geographical areas of England: results of the Cognitive Function and Ageing Study I and II, The Lancet, Vol. 382, No. 9902, pp. 1405-1412.

OECD (2018), Care Needed: Improving the Lives of People with Dementia, OECD Health Policy Studies, OECD Publishing, Paris.

 

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