6 Settembre 2022 | Professioni

L’infermiere di famiglia o comunità. Come sarà

Il Decreto del Ministro della Salute n. 77/2022, in relazione agli standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale, ha previsto la figura dell’Infermiere di Famiglia o Comunità all’interno delle Case della Comunità. Franco Pesaresi offre un approfondimento sulle indicazioni normative che regolano le funzioni e le competenze di questa figura, mettendone in evidenzia le potenzialità e, al contempo, le attuali criticità legate alla carenza di infermieri.


La figura dell’infermiere di famiglia è stata prevista dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), nel 2000, attraverso il documento “The family health nurse – Context, conceptual framework and curriculum” che introdusse un nuovo tipo di infermiere, l’infermiere di famiglia, individuato come componente di un team multidisciplinare di operatori sanitari per il raggiungimento dei 21 obiettivi per il ventunesimo secolo stabiliti dall’Oms Europa nel 1998.

 

 

Il percorso per la previsione dell’infermiere di famiglia

L’infermiere di famiglia, secondo l’OMS, è colui che aiuta gli individui ad adattarsi alla malattia e alla disabilità cronica, trascorrendo buona parte del suo tempo a lavorare a domicilio della persona assistita e della sua famiglia. Proprio sull’aiuto al nucleo familiare è incentrato il suo lavoro e sotto il profilo organizzativo il modello prevede che l’infermiere di famiglia sia responsabile di un gruppo predefinito di “famiglie”.

 

In Italia, la figura dell’infermiere di famiglia o di comunità è stata istituita con il Decreto “Rilancio” (DL 34/2020)1. A decorrere dal 1° gennaio 2021, le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale, possono procedere al reclutamento di infermieri, da adibire alla funzione di infermieri di famiglia o di comunità, in numero non superiore ad 8 unità ogni 50.000 abitanti, attraverso assunzioni a tempo indeterminato, nei limiti delle risorse disponibili.

 

Successivamente, a tempo di record, la Conferenza delle regioni, in attesa dell’approvazione delle auspicate linee guida applicative nazionali, ha approvato il 10/9/2020 un documento di orientamento per le regioni relativo alle Linee di indirizzo sull’infermiere di famiglia/comunità. Il documento, che riprende ampiamente gli orientamenti della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), non ha valore normativo ma ovviamente, in assenza di linee guida ministeriali, ha costituito un utile punto di riferimento per le regioni italiane ed ha costituito un validissimo punto di riferimento per la norma successiva. La svolta e la consacrazione è però avvenuta due anni dopo con il Decreto Ministro della Salute n. 77/2022 sugli standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale che ha previsto, all’interno delle Case della Comunità, la figura dell’Infermiere di Famiglia o Comunità. Il Decreto ha ridefinito il numero (uno ogni 3.000 abitanti) e le attività dell’infermiere di famiglia o di comunità.

 

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Note

  1. art. 1, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n.34 convertito nella Legge 17 luglio 2020, n. 77:“5. Al fine di rafforzare i servizi infermieristici, con l’introduzione altresì dell’infermiere di famiglia o di comunità, per potenziare la presa in carico sul territorio dei soggetti infettati da SARS-CoV-2 identificati come affetti da COVID-19, anche coadiuvando le Unità speciali di continuità assistenziale e i servizi offerti dalle cure primarie, nonché di tutti i soggetti di cui al comma 4, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, in deroga all’articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono, in relazione ai modelli organizzativi regionali, utilizzare forme di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, con decorrenza dal 15 maggio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, con infermieri che non si trovino in costanza di rapporto di lavoro subordinato con strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private accreditate, in numero non superiore a otto unità infermieristiche ogni 50.000 abitanti. Per le attività assistenziali svolte è riconosciuto agli infermieri un compenso lordo di 30 euro ad ora, inclusivo degli oneri riflessi, per un monte ore settimanale massimo di 35 ore. Per le medesime finalità, a decorrere dal 1° gennaio 2021, le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale, possono procedere al reclutamento di infermieri in numero non superiore ad 8 unità ogni 50.000 abitanti, attraverso assunzioni a tempo indeterminato e comunque nei limiti di cui al comma 10.”

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