1 Dicembre 2011 | Strumenti e approcci

Trattamento del dolore cronico nel soggetto anziano

Trattamento del dolore cronico nel soggetto anziano

Il dolore cronico è una condizione patologica molto frequente nella popolazione anziana, e spesso ne causa disabilità (Chou et al., 2003). In una survey del nostro gruppo il 67.3% dei pazienti ha riportato alla Numerical Rating Scale (NRS) valori maggiori di 4 (dolore moderato-severo). Di questi, solo il 49% veniva trattato con farmaci antidolorifici, solo il 4.4% con oppioidi (utilizzati solo con valori NRS>9) (Gianni et al., 2010). Il dolore cronico causa un deterioramento globale del soggetto, sia fisico che psicologico, e può interferire con le attività della vita quotidiana e le relazioni sociali. Spesso il dolore viene trattato in maniera inadeguata nonostante l’ampia disponibilità di trattamenti a disposizione (American Academy of Pain Medicine and the American Pain Society, 1997). In Europa circa il 40% dei pazienti con dolore cronico non riceve un trattamento specialistico adeguato. Breivik H et al. nel 2006 mostrano che quasi il 50% di questi pazienti si affida a terapie non prescritte da specialisti acquistabili senza prescrizione medica, solo il 2% degli intervistati è trattato da specialisti con successo (Breivik et al., 2006).

 

Le linee guida sulla gestione del dolore si rifanno alla scala analgesica a tre gradini sviluppata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1990, inizialmente realizzata per il trattamento del dolore cronico oncologico, e comunemente utilizzata per il dolore cronico indipendentemente dalla sua causa di fondo. Le raccomandazioni dell’OMS per l’approccio ottimale per il trattamento del dolore cronico si basano su quattro principi fondamentali: utilizzare formulazioni farmaceutiche a rilascio prolungato, mantenere costanti le concentrazioni plasmatiche di analgesici per assicurare un controllo continuo del dolore, ridurre al minimo gli effetti collaterali, e usare formulazioni a rilascio immediato per il trattamento del dolore episodico intenso.

 

La via transdermica soddisfa tutti i requisiti per il successo del trattamento del dolore, particolarmente utile per i pazienti che non sono in grado di deglutire, e per coloroche hanno pre-esistenti sintomi di nausea o vomito. Questa via ha lo stesso impatto clinico della via orale e pertanto dovrebbe essere considerata una via di somministrazione appropriata nei pazienti anziani. Gli studi di efficacia e tollerabilità degli oppioidi nell’anziano non sono molti (Barkin et al., 2005; Nikolaus e Zeyfang, 2004; Cowan, 2002; Manchikanti et al., 2009; Sadowski et al., 2009; Kress, 2009). I dati più recenti sono quelli di Likar R. et al. del 2008 (Likar et al., 2008) sull’utilizzo della buprenorfina per via transdermica che ha valutato l’efficacia di tale terapia nella popolazione anziana mettendola a confronto con un gruppo di controllo di età inferiore ai 65 anni mostrando che nei due gruppi l’efficacia, la tollerabilità e la sicurezza dell’utilizzo di questo oppioide erano sovrapponibili. Dati confermati da Griessinger N et al. nel 2005 (Griessinger et al.,2005).

 

La buprenorfina, inoltre, è l’unico oppioide indicato nei pazienti con funzionalità renale compromessa ed è tra gli oppioidi che non incidono sulla immunodepressione, variabili molto presenti nella popolazione anziana (Pergolizzi et al., 2008; Pergolizzi et al., 2010). In un nostro recente studio, basse dosi di buprenorfina TDS si sono dimostrate efficaci contro il dolore cronico non-oncologico negli anziani, ben tollerate e senza gravi effetti collaterali nella maggior parte dei casi, senza effetti collaterali sul cognitivo, mostrando effetti benefici sullo stato comportamentale, ed un effetto positivo sui sintomi depressivi. Buprenorfina TDS a basse dosi ha dimostrato reale efficacia e sicurezza in questa popolazione (Gianni et al., 2010).

 

Riteniamo, quindi, che ulteriori studi sarebbero necessari per validare questo approccio terapeutico per ottimizzare il trattamento del dolore cronico debilitante nei pazienti geriatrici. Recenti evidenze dimostrano che l’impiego degli oppiacei nel paziente anziano (soprattutto se fragile) affetto da dolore cronico è preferibile a quello dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) per le gravi conseguenze sull’apparato gastroenterico, sulla funzionalità renale e cardiovascolare che questi ultimi possono provocare.

 

Quando vi sono incertezze su quale sia la terapia più adeguata o quale regime sia superiore nel garantire l’effetto analgesico, il farmaco più appropriato andrebbe scelto in base a considerazioni di sicurezza e tollerabilità,e la terapia del paziente deve essere personalizzata sulla base dei dati clinici e anamnestici disponibili. Molto comune nell’anziano è la presenza di comorbilità, quali l’insufficienza renale ed epatica, che richiedono aggiustamenti posologici.

Bibliografia

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