20 Giugno 2023 | Strumenti e approcci

Il contributo del fisioterapista nella prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili

L’articolo affronta il tema del contrasto alla sedentarietà correlandolo al ruolo del fisioterapista, che in diversi ambiti può intervenire anche in ottica di promozione della salute e di prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili. Dopo avere inquadrato il tema dal punto di vista epidemiologico e dal punto di vista programmatorio, l’autore – che collabora all’UPO Aging Project sull’invecchiamento sano e attivo – delinea obiettivi e difficoltà del ricondizionamento in età anziana, fornendo indicazioni per passare dalla teoria alla pratica.

Il contributo del fisioterapista nella prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili

Nel lavoro del fisioterapista è esperienza comune rilevare fattori di rischio per molte malattie croniche non trasmissibili (cardiovascolari, oncologiche, neurodegenerative, metaboliche, ecc.), in tutti i pazienti con ridotta mobilità, ridotta autonomia o sedentarietà. Le malattie croniche non trasmissibili rappresentano la prima di causa di morte e disabilità: l’OMS si impegna da anni in progetti per la lotta alle malattie croniche, attraverso la prevenzione primaria; il Ministero della Salute ha pubblicato importanti documenti di programmazione sanitaria, al fine di perseguire l’obiettivo principale di ridurre i costi sociali e sanitari derivanti dalle malattie croniche, non sostenibili per la collettività nel lungo termine. Nell’ambito della promozione di corretti stili di vita e della prevenzione di malattie così diffuse e impattanti, il contrasto alla sedentarietà gioca un ruolo fondamentale.

 

 

Il fisioterapista

Secondo il profilo professionale (DM Sanità 741/1994) e successive integrazioni, il fisioterapista svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori e di quelle viscerali conseguenti a eventi patologici, a varia eziologia, congenita o acquisita. Il fisioterapista lavora in ambiti di applicazione delle proprie competenze che spaziano in varie aree: ortopedica, neurologica, cardiologica, uro-ginecologica e andrologica, respiratoria, geriatrica, pediatrica.

 

Svolgendo la propria attività clinica in strutture sanitarie, socio-sanitarie e sportive, pubbliche o private, in regime di dipendenza o libero-professionale, il fisioterapista opera con un approccio non solo di tipo riabilitativo, ma anche terapeutico e preventivo. Con riferimento alla diagnosi e alle prescrizioni del medico, nell’ambito delle proprie competenze, il fisioterapista:

  • è responsabile della valutazione funzionale e della sua rivalutazione periodica;
  • elabora, anche in équipe multidisciplinare, la definizione del programma terapeutico;
  • pratica autonomamente attività terapeutica fisica, manuale, strumentale;
  • valuta e propone l’adozione di protesi e ausili, addestra al loro uso e ne verifica l’efficacia;
  • svolge attività di studio, didattica e consulenza professionale.

 

Il suo ruolo è di rilevante importanza in seguito a tutte le patologie acute, subacute e croniche che hanno ripercussioni sull’autonomia e sulla funzionalità, nelle attività di vita quotidiana, nel lavoro e nel tempo libero, nonché nell’ambito della prevenzione per un invecchiamento attivo e in salute e nella longevità, principalmente attraverso la promozione della salute e in particolar modo dell’esercizio fisico, inteso come allenamento strutturato, personalizzato e progressivo. In ogni occasione di incontro, l’anziano e il fisioterapista possono creare un’alleanza terapeutica al fine di perseguire un obiettivo di salute condiviso (Sanguedolce, Tedesco, 2023), anche e soprattutto in termini di prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili.

 

 

Complessità del paziente geriatrico e sedentarietà

Le persone anziane costituiscono una buona parte degli utenti che hanno accesso ai servizi di fisioterapia. Oltre alla motivazione principale di presa in carico (malattie, traumatismi o interventi chirurgici recenti), le comorbilità sono spesso presenti. L’anziano è frequentemente un paziente complesso, con problemi bio-psico-sociali, la cui natura spesso implica il coinvolgimento di più professionisti della salute e il lavoro in rete, specialmente con il medico di medicina generale.

 

Le patologie più diffuse sono le osteoarticolari, l’ipertensione, il sovrappeso, le patologie respiratorie croniche e il diabete, senza dimenticare le alterazioni della sfera cognitiva (dal Mild Cognitive Impairment alla demenza) e le alterazioni del tono dell’umore, più o meno fisiologiche, connesse alla sfera emotiva (sindromi depressive o ansiose). Le condizioni socio-economiche, l’alfabetizzazione sanitaria e l’isolamento sociale sono anch’essi determinanti e rappresentano spesso un fattore barriera alla partecipazione e alla cura di sé, in ambito sia terapeutico che preventivo.

 

Inoltre, fra gli anziani incontrati dal fisioterapista nella sua attività clinica molto frequente è un decondizionamento fisico dovuto a sindrome ipocinetica o semplicemente a inattività fisica, anche in assenza di malattia acuta. Dai sistemi di sorveglianza epidemiologica PASSI e PASSI d’argento, promossi dal Ministero della Salute, emerge che l’attività fisica secondo le raccomandazioni OMS ha interessato, nel quadriennio 2016-2019 (periodo non condizionato dalla pandemia da Covid-19), nemmeno la metà della popolazione adulta e solo un terzo della popolazione anziana, con una tendenza evidente a una maggiore sedentarietà all’aumentare dell’età.

 

Figura 1 – Attività fisica nella popolazione adulta e nella popolazione anziana (2016-2019)

 

L’importanza del contrasto alla sedentarietà

La letteratura scientifica sottolinea da tempo i benefici degli stili di vita corretti, tramite evidenze sempre crescenti: molti studi dimostrano che malattie considerate big killer (patologie cardiovascolari e metaboliche croniche, tumori) possono essere prevenute attraverso corretti stili di vita. Anche il PNRR e il DM Salute 77/2022 – riguardanti, tra l’altro, la riorganizzazione dei servizi sanitari pubblici territoriali – hanno sottolineato l’importanza della salute e della prevenzione da promuovere come priorità, onde evitare modelli di cura basati solo sulla malattia.

 

La promozione della salute include l’educazione a uno stile di vita corretto, secondo i concetti della lifestyle medicine e dell’health coaching, il cui fine ultimo è la prevenzione delle malattie croniche e la loro gestione, per un invecchiamento in salute e la creazione di resilienza o riserva di salute, da spendere nel caso di malattia o infortunio. Anche in occasione della pandemia da Covid-19 la letteratura scientifica, tramite studi osservazionali con centinaia di migliaia di casi e successive revisioni, ha dimostrato l’importanza di avere un buono stato di salute per prevenire gli esiti più gravi. L’aspetto più importante sembra essere proprio l’attività fisica, in relazione alle raccomandazioni OMS, che in alcuni studi sembra essere un determinante di salute tra i più rilevanti (Gualano, 2022).

 

Considerato che nel corretto stile di vita l’attività fisica gioca un ruolo fondamentale e che la sedentarietà rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio per le malattie croniche non trasmissibili e per la mortalità ad esse correlabile, diversi atti programmatori si sono espressi al riguardo. Secondo i più importanti documenti di programmazione sanitaria mondiali e nazionali – come il Global action plan on physical activity 2018-2030 dell’OMS, le linee guida OMS sull’attività fisica del 2020, il Piano nazionale della prevenzione 2020-2025 e le Linee di indirizzo sull’attività fisica del Ministero della Salute del 2021 – l’attività fisica e la lotta alla sedentarietà sono tra i principali pilastri della salute, specialmente in età anziana.

 

Infine, è importante sottolineare che la letteratura scientifica raccomanda di non limitarsi alle sole passeggiate, importanti ma da sole insufficienti a migliorare i differenti parametri funzionali e di composizione corporea: la “ricetta per la longevità” prevede di allenarsi con esercizi di rinforzo muscolare e per l’equilibrio almeno due volte a settimana e di fare attività aerobica, come passeggiate non a passo lento, quattro volte a settimana. Un impegno significativo (per ore da dedicare, costanza nel tempo, progetto non a termine ma per tutta la vita), che può ripagare moltissimo sul piano del benessere anche psicologico, della salute globale, della funzionalità fisica e mentale, della prevenzione di malattie di vario genere, nonché della resilienza di fronte a eventuali traumatismi, incidenti o malattie non evitabili.

 

Inoltre, quando l’attività fisica è svolta dall’anziano in un gruppo di pari (es. gruppo di cammino) e/o con conduzione da un professionista esperto, oltre ai benefici intrinseci al movimento – aumento di forza e resistenza muscolare, miglioramento di postura ed equilibrio, riduzione dei parametri dell’infiammazione, effetti positivi sul funzionamento dell’organismo a livello multisistemico – si possono esprimere benefici legati alla spinta a uscire dalle mura domestiche contrastando solitudine e isolamento, all’interazione personale e alla socializzazione, alla motivazione al prendersi cura di sé, alla stimolazione cognitiva (memoria, attenzione, concentrazione).

 

 

Obiettivi e difficoltà del ricondizionamento in ambito preventivo

L’esercizio fisico – inteso come allenamento personalizzato, strutturato e progressivo – è indispensabile per la lotta alle involuzioni che avvengono con il passare degli anni, connesse soprattutto al non uso del proprio corpo. Già dopo i 30 anni e soprattutto dopo i 60 anni, donne e uomini vanno incontro a una progressiva perdita della massa muscolare (sarcopenia) in misura dell’1,2% annuo, con svariate conseguenze di diversa natura ed entità: diminuzione della massa magra e aumento della massa grassa (anche a parità di peso), riduzione del tono e della forza, minore capacità funzionale nei gesti di vita quotidiana, risvolti estetici sull’immagine di sé, effetti negativi di vario tipo (su metabolismo, omeostasi infiammatoria, sistema cardiovascolare, sistema nervoso, sistema immunitario), ridotta resilienza a fronte di un infortunio o di una malattia sopraggiunta. Infine è stato dimostrato che gli anziani con grave deficit di massa muscolare hanno spesso osteopenia o osteoporosi, maggiore rischio di disabilità, compromissione funzionale, alto rischio di cadute e di ospedalizzazione e un alto tasso di mortalità rispetto ad anziani sani.

 

La perdita della forza con l’avanzare dell’età è da 2 a 5 volte maggiore rispetto alla perdita della massa muscolare; è correlata a mortalità e comorbilità. La perdita dell’equilibrio e del controllo posturale è connessa sia alla riduzione di forza muscolare, che alla riduzione della funzionalità del sistema; le conseguenze sono i disturbi dei passaggi posturali, del cammino, dei cambi di direzione. Tutti questi cambiamenti legati all’età sono attribuibili a una varietà di meccanismi, tra cui l’alterazione della sintesi proteica e l’infiammazione cronica, ma il principale responsabile è quello che in termini tecnici viene definito “progressivo disuso”, in pratica la riduzione dell’attività fisica.

 

Esistono soglie di debolezza e prestazione clinicamente rilevanti, utili come biomarcatori di disabilità correlata all’età e alla mortalità precoce. Alcuni esempi sono: la forza della presa nella mano (<26 kg negli uomini e <16 kg nelle donne), la velocità del cammino (≤0,8 m/s), l’incapacità di tenere l’equilibrio minimo (10 secondi nel test del tandem o 5 secondi su un piede solo), l’incapacità di alzarsi e sedersi da una sedia 5 volte in oltre 17 secondi. In questi casi siamo di fronte a segni di una capacità funzionale sistemica in via di progressivo decadimento.

 

Inoltre, va considerata la perdita della capacità cardiopolmonare, che ha risvolti principalmente sull’affaticamento nelle distanze da percorrere a piedi, dapprima in esterni, poi negli spazi domestici e per le scale, fino alla difficoltà di spostarsi da una stanza all’altra. Questa involuzione è causata da un deficit dei sistemi cardiovascolare, polmonare e muscolare nel gestire la fatica: a parte le cause connesse a gravi malattie scompensate, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva o le cardiopatie, il responsabile è sempre il disuso.

 

Viceversa, un adeguato e ben strutturato programma di allenamento può contrastare la sarcopenia, l’osteopenia e l’osteoporosi, creando a cascata molti benefici neuro-metabolici, endocrini e funzionali che contribuiscono alla longevità in salute; può migliorare le prestazioni funzionali, la postura e l’equilibrio. Inoltre è noto l’effetto antalgico e antinfiammatorio dell’attività fisica (intesa anche come rinforzo muscolare), con un effetto positivo sul sistema immunitario. Nonostante questi benefici e le raccomandazioni dell’OMS, stando al sistema di sorveglianza PASSI d’argento l’allenamento di rinforzo muscolare è praticato da meno del 4% degli over 65. Gli ostacoli sono molteplici: percezione di scarsa sicurezza degli esercizi, paura, dolore, affaticamento, problemi di salute apparentemente non superabili, scarsa conoscenza dei metodi e degli esercizi, mancanza di supporto sociale.

 

Sia la ricerca che l’esperienza clinica indicano che, cominciando con gradualità e seguiti da un professionista, i rischi dell’attività fisica si riducono fino a quasi annullarsi. È indispensabile comunque una corretta personalizzazione e progressione del programma (tipo di esercizi, intensità e ritmo, numero di ripetizioni, durata delle sessioni, frequenza settimanale), previa valutazione medica se le condizioni di salute lo richiedono. Con le persone anziane è inoltre fondamentale strutturare un programma orientato anche a migliorare le capacità di eseguire determinati compiti della vita quotidiana, orientandosi a schemi di movimento simili a quelli dei movimenti abituali e preferendo esercizi a carico naturale. Può essere molto utile tenere un diario degli allenamenti, per individuare le difficoltà specifiche e comprenderne le ragioni, monitorare i progressi e mantenere la motivazione.

 

La principale difficoltà nella riabilitazione/ricondizionamento/allenamento della persona anziana sta nella compliance, le cui componenti essenziali sono la motivazione e l’autoefficacia. Tecniche comunicative e approcci cognitivo-comportamentali sono di sicuro aiuto per tutti i pazienti, con evidenze scientifiche crescenti (coaching, counselling, mentoring); ancor di più lo sono per i pazienti che devono cambiare il proprio stile di vita da sedentario ad attivo. Infine, il supporto dei familiari o l’inserimento in un gruppo amicale può creare delle alleanze virtuose e favorire l’aderenza al programma.

 

 

Controindicazioni all’esercizio fisico

L’attività fisica può essere distinta in:

  • attività leggera, senza fatica né fiatone (es. lavori di casa ordinari, stretching, ginnastica dolce, esercizi per l’equilibrio); non presenta rischi particolari e contribuisce a ridurre la sedentarietà, ma non si può intendere come esercizio a scopo terapeutico;
  • attività moderata, con fatica 5-6/10 (es. camminata veloce); i rischi sono collegati a patologie non stabilizzate o non note oppure a segni e sintomi di pericolo non colti o sottovalutati;
  • attività intensa, con fatica >7-8/10 (es. giardinaggio intenso, cammino veloce in salita, corsa, allenamento con pesi vigoroso); i principali eventi avversi sono perlopiù di natura muscolo-scheletrica, in minima parte di natura cardiovascolare (specie se l’attività intensa è eseguita senza gradualità, senza progressione e senza adeguata preparazione): un inizio molto cauto, un’attenta progressione dei parametri allenanti e una personalizzazione del programma possono limitare i rischi.

 

Secondo l’ACSM (American College of Sport Medicine), per i sedentari1sani e asintomatici non ci sono controindicazioni all’attività fisica da leggera a moderata; si può passare a eseguire attività fisica intensa con gradualità, dopo circa 2-3 mesi di allenamento progressivo.

 

Nel caso di sedentari con sintomi cardiovascolari o con patologie cardiovascolari va sempre consigliata una visita specialistica, prima di iniziare un programma di attività fisica, per monitorare il funzionamento del cuore sotto sforzo. Per le persone già attive, anche se con patologie, una visita specialistica è necessaria solo se si vuole passare all’attività fisica intensa: patologie croniche stabilizzate e ben controllate non hanno particolari controindicazioni; tuttavia, una anamnesi approfondita ed eventuali successivi accertamenti limitano i rischi. Scopo del consulto medico è accertare la stabilità clinica della malattia e tranquillizzare il paziente, aiutandolo a gestire le sue sensazioni, nel rispetto dei suoi timori, ma motivandolo al movimento.

 

In altre parole, anche per gli anziani con patologie croniche stabilizzate e controllate da adeguata terapia i benefici dell’attività fisica superano di gran lunga i rischi, sebbene questi ultimi vengano percepiti erroneamente dai pazienti come molto elevati. Per questo motivo, il fisioterapista dovrebbe personalizzare il punto di partenza dell’attività fisica, fornire una progressione graduale e spiegare in modo esaustivo al paziente la gestione delle proprie sensazioni, preoccupazioni ed eventuali sintomi che dovessero comparire (Reid, et al., 2022).

 

L’evidenza che i benefici dell’attività fisica superino di gran lunga i rischi anche nelle persone con patologie croniche stabilizzate non deve far diminuire l’attenzione a eventuali controindicazioni, che potrebbero esprimersi anche nelle persone sane:

  • dolore muscolo-scheletrico non noto2;
  • eccessivo affaticamento ingiustificato;
  • dispnea improvvisa, angina o dolore toracico;
  • palpitazioni, battito cardiaco irregolare;
  • annebbiamento della vista, vertigini;
  • disglicemia in diabete;
  • deterioramento cognitivo;
  • cadute.

 

In conclusione, l’attività moderata deve essere fonte di prudenza e controlli medici preliminari, se si inizia un programma da completamente sedentari da parte di anziani con patologie cardiovascolari o se si esprimono segni di malessere, anche negli anziani sani; quando invece l’anziano è già attivo, il consulto medico va programmato prima di intraprendere un programma di attività intensa. Per gli anziani con patologie croniche, correttamente diagnosticate e controllate farmacologicamente, l’attività fisica è di fondamentale importanza per un invecchiamento sano nonostante la cronicità. Fondamentali risultano la gradualità e la personalizzazione del livello di partenza; i pazienti devono essere ben istruiti sulla progressione dell’allenamento da rispettare e sui segni e sintomi da attenzionare, affrontando in modo adeguato anche la paura legata alle credenze sui rischi dell’attività fisica.

 

 

Il punto di partenza: conoscere e valutare la situazione dell’anziano

Innanzitutto, l’usuale anamnesi è indispensabile; deve comprendere almeno i seguenti punti:

  • stato di salute generale, eventuali patologie croniche in corso, dolori, malattie e/o traumi pregressi;
  • storia familiare di patologie cardiovascolari;
  • allergie, farmaci e connessione con loro effetti collaterali, eventuale uso di cortisone;
  • stile di vita (alimentazione, fumo di sigaretta, consumo di alcol), sonno;
  • esperienze di attività fisica precedenti e attuali;
  • eventuali fattori-barriera di tipo socio-economico.

 

Per valutare il livello attuale di attività fisica, si può utilizzare il Physical Activity Vital Sign, un semplice strumento validato che si compone di due domande:

  • In media, per quanti giorni alla settimana ti dedichi a un’attività fisica moderata, come una camminata veloce?
  • In media, in quei giorni quanti minuti dedichi a questa attività fisica?

 

Moltiplicando i giorni per i minuti, si ottiene il tempo settimanale (in minuti) dedicato all’attività fisica, che può quindi essere confrontato con i valori di riferimento espressi dall’OMS. I livelli di attività fisica in età anziana raccomandati dall’OMS nel 2010 erano pari ad almeno 150 minuti settimanali di attività moderata oppure almeno 75 minuti settimanali di attività intensa, in sessioni di almeno 10 minuti consecutivi; erano inoltre raccomandati esercizi per rafforzare i maggiori gruppi muscolari almeno 2 volte a settimana e attività per migliorare l’equilibrio e prevenire le cadute per persone con mobilità ridotta almeno 3 volte a settimana.

 

Dopo un decennio, l’OMS ha rivisto in modo significativo queste indicazioni; come indicato nel sito EpiCentro dell’Istituto Superiore di Sanità, le linee guida OMS 2020 si pongono in continuità con le precedenti, ribadendo alcuni concetti chiave: fare un po’ di attività fisica è meglio che non farne, aumentarne la quantità permette di ottenere ulteriori benefici per la salute, qualsiasi tipo di movimento conta. Gli aggiornamenti delle raccomandazioni riguardano la quantità e il tipo di attività fisica da svolgere per ottenere benefici significativi e ridurre i rischi per la salute.

 

Tabella 1 – Livelli di attività fisica in età anziana raccomandati dall’OMS nel 2020

 

Altra tappa fondamentale del percorso di conoscenza della situazione iniziale dell’anziano è rappresentata dalla valutazione funzionale. I parametri inerenti le capacità condizionali fisiche influenzano lo stato di salute attuale e futuro, sia nell’anziano sano che nell’anziano con patologie croniche, fino all’anziano fragile, fortemente a rischio di perdere l’autonomia a causa delle sue condizioni bio-psico-sociali. Considerato che in età anziana sono spesso presenti alcune patologie croniche, l’identificazione dei corretti parametri funzionali – in relazione alle condizioni di salute e agli obiettivi concordati – rappresenta la base per poter progettare un programma di allenamento.

 

Le modalità di valutazione della persona anziana devono essere in linea con il suo stile di vita e le sue capacità funzionali, in relazione al contesto psico-sociale e alle sue aspettative. I test devono essere specifici, sensibili e riproducibili, al fine di rivalutare i benefici del programma. Dopo un esame antropometrico (altezza, peso, BMI Body Mass Index, circonferenze corporee), articolare, della postura e del cammino in generale, è opportuno somministrare una batteria di test a “ombrello”, che possano identificare i problemi principali in poco tempo (riguardo a forza e resistenza muscolare, flessibilità, equilibrio, funzionalità cardiorespiratoria, eventuali dolori).

 

Per gli anziani over 70, la clinica suggerisce di identificare precocemente i problemi di equilibrio statico e dinamico nella marcia, nonché la qualità di quest’ultima. Tra le scale di valutazione più note, si consiglia in prima battuta una semplice e veloce batteria di test che identifica in modo pratico i principali problemi e, di conseguenza, gli obiettivi iniziali del trattamento, aprendo la strada a ulteriori test più specifici, se necessari: si tratta della Short Physical Performance Battery, molto indicativa: un punteggio inferiore a 5-7 punti è stato associato a un elevato rischio di mortalità, per tutte le cause, negli anziani.

 

Figura 2 – Short Physical Performance Battery

 

Rispetto al tema dell’equilibrio e del rischio di cadute la scala di Tinetti è sicuramente quella più utilizzata in ambito clinico; si compone di 16 items specifici sull’equilibrio e di 12 items sulla deambulazione. Interessante è il 4-Stage Balance Test, per valutare in modo più approfondito l’equilibrio statico, il cui cut-off per gli anziani è 10 secondi anche nella posizione di single leg stance, che nella scala di Borg arriva anche a 30 secondi. Tramite il TUGT (Timed Up & Go Test) si misurano i secondi impiegati da una persona per svolgere le seguenti attività: alzarsi da una sedia con braccioli (anche usando le braccia), camminare per 3 metri (anche con ausili), girare attorno a un cono, tornare alla sedia e sedersi, concludendo così la prova. Questo test è indicato per le persone anziane o con difficoltà di locomozione, la cui ridotta velocità del cammino o la difficoltà ad alzarsi dalla sedia comportano un crescente rischio di cadute e di ospedalizzazione.

 

L’esperienza clinica suggerisce di usare dei test più approfonditi quando le indicazioni cliniche e la storia sanitaria identificano un problema poco evidente e/o quando gli obiettivi di recupero funzionale sono molto rilevanti. In questi casi si può utilizzare una batteria come la Functional Gait Assessment, in cui si calcola con precisione ogni variazione anche minima della qualità del cammino attraverso diversi test, ottenendo un punteggio che è poi confrontabile nelle varie fasi del percorso di recupero, riabilitazione o ricondizionamento.

 

Per valutare la fitness muscolare, la flessibilità e la fitness cardiorespiratoria è utile la batteria di test codificata dal Senior Fitness Test. Si tratta di una serie di prove fisiche, a scelta del clinico, che indagano ambiti selezionati delle prestazioni della persona anziana, come la capacità di alzarsi dalla sedia per gli arti inferiori (Chair Stand Test in 30 secondi), la forza del braccio nel sollevamento ripetuto di un peso (Arm Curl Test in 30 secondi), la resistenza nel cammino col Six Minutes Walking Test3, la flessibilità degli arti inferiori con il Chair Sit-and-Reach e quella degli arti superiori con il Back Scratch.

 

Infine, è opportuno rimarcare che i risultati della valutazione funzionale vanno letti in funzione del genere e della fascia di età della persona anziana cui vengono proposti i test di performance (si veda, a titolo esemplificativo, la tabella 2).

 

Tabella 2 – Valori di riferimento medi di alcuni test, in uomini e donne di età anziana

Conclusioni

Dato che gli effetti negativi dell’invecchiamento sono causati o comunque amplificati dalla sedentarietà, la principale strategia antiaging è l’attività fisica, poiché il disuso è, almeno in parte, prevenibile e reversibile. Come abbiamo visto, nelle sue linee guida del 2020 l’OMS raccomanda un allenamento ben strutturato, composto da esercizi di diverso tipo e a differente finalità (esercizi aerobici, di rinforzo muscolare, per l’equilibrio), in più giorni settimanali e per tutta la vita, anche in presenza di malattie croniche.

 

Valutazione complessiva della situazione, personalizzazione del programma anche in ottica preventiva, progressione dell’attività fisica (tipo di esercizi, intensità e ritmo, numero di ripetizioni, durata delle sessioni, frequenza settimanale)4, consulto medico quando necessario, supervisione di un professionista esperto (preferibilmente fisioterapista), laddove possibile attività in gruppo, rappresentano elementi fondamentali per garantire la definizione di obiettivi realistici e commisurati alle condizioni individuali, l’aderenza al programma (motivazione, continuità), l’ottimizzazione dei risultati e la minimizzazione dei rischi.

 

I benefici dell’attività fisica appropriata alle condizioni individuali e svolta con costanza e regolarità interessano svariate dimensioni interessate dall’invecchiamento: non solo la sfera biologica (sistemi muscolo-scheletrico, cardiovascolare e cerebrovascolare, respiratorio, immunitario) e cognitiva, ma anche quella psicologica e quella socio-relazionale. L’attività fisica è quindi un efficace strumento per prevenire e contrastare le malattie croniche non trasmissibili e per prolungare la longevità in salute.

 

In altre parole, se una persona anziana conserva o migliora la massa muscolare, la forza, la resistenza e l’equilibrio e mantiene una buona capacità cardio-respiratoria, significa che ha uno stile di vita attivo, con tutti i benefici a cascata che questo può portare. Rispetto all’attività fisica, il fisioterapista è il professionista sanitario che è più adatto a promuovere l’invecchiamento attivo e in salute: in ogni occasione d’incontro può fornire un contributo fondamentale, aiutando concretamente la persona anziana, in ultima analisi, a voler bene a se stessa.

Note

  1. Per sedentarietà si intende nessuna anamnesi di attività fisica per almeno 30 minuti per 3 volte a settimana nel precedente trimestre.
  2. Il dolore muscolo-scheletrico non deve rappresentare una barriera, ma un invito alla cautela: gli studi dimostrano che l’attività fisica ben strutturata, col passare del tempo, riduce l’intensità del dolore, senza causare danni alle articolazioni anche se affette da osteoartrosi.
  3. Il Six Minutes Walking Test misura la distanza che una persona può percorrere in 6 minuti, camminando su una superficie piana in un ambiente sicuro. Si tratta di un test molto utilizzato, per la semplicità di esecuzione e l’affidabilità nel valutare, in persone con varie condizioni di salute, la tolleranza all’esercizio fisico e il livello di capacità funzionale sottomassimale (al di sotto cioè del limite massimo di fatica sostenibile).

    Durante il test la persona deve camminare a una velocità adeguata alla propria condizione e può rallentare o fermarsi, se lo desidera, riprendendo a camminare appena possibile; prima e dopo il test vengono rilevati alcuni parametri essenziali (saturazione di ossigeno, frequenza cardiaca, pressione arteriosa) e utilizzata la scala Borg per valutare la dispnea e l’affaticamento.
    I valori di riferimento per la normalità sono compresi fra 400 e 700 metri nelle persone sane, in base all’età e al sesso; l’incapacità di percorrere almeno 300 metri a piedi in 6 minuti è indicativa di un alto rischio di mortalità.

  4. La personalizzazione del programma e la progressione dell’esercizio si basano sui principi FITT-VP per l’allenamento, che considerano la frequenza giornaliera e settimanale (F frequency), l’intensità e difficoltà dello sforzo (I intensity), il tempo di durata della sessione (T time), il tipo e la modalità di esecuzione dell’esercizio (T type), nonché il volume o quantità totale dell’esercizio (V volume) e la progressione (P progression), in un programma di allenamento personalizzato.

    I principi FITT-VP sono stati espressi dall’ACSM (American College of Sport Medicine), cui si deve l’importante slogan “Exercise is medicine”: in questa ottica l’esercizio fisico più adeguato per una specifica persona va stabilito con una precisa posologia (dosaggio, tempo, frequenza).

Bibliografia

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