3 Ottobre 2023 | Strumenti e approcci

La presa in carico del paziente con sospetto disturbo neuro-cognitivo: modelli possibili

In un futuro che vedrà le malattie cronico-degenerative in notevole crescita, la sfida dell’assistenza e della presa in carico delle persone anziane e fragili diventerà nodale. Nell’articolo gli autori esplorano i disturbi cognitivi riflettendo su possibili modelli alla luce del DM  77/2022. 

La presa in carico del paziente con sospetto disturbo neuro-cognitivo: modelli possibili

 

I recenti studi epidemiologici concordano nell’affermare che la popolazione italiana, così come in molti altri paesi industrializzati, sta invecchiando progressivamente. Si stima che nel 2050 i soggetti “anziani”, così definiti nel campo medico e sociologico come coloro che hanno raggiunto il 65° anno di età, tenderanno a raddoppiare, mentre il numero di ultraottantenni sarà quattro volte superiore rispetto all’attuale cifra assoluta. Risulta pertanto evidente come le malattie emergenti in futuro saranno soprattutto quelle cronico-degenerative, ovvero patologie di lunga durata e generalmente a lenta progressione, che tendono ad accompagnare il paziente nel corso della vita. La sfida sanitaria sarà legata all’assistenza di queste fasce di popolazione che svilupperanno progressivamente disabilità fisiche e cognitive, con il conseguente sviluppo di fragilità e perdita progressiva dell’autosufficienza.

 

Alcune definizioni

Per poter parlare di “presa in carico” è fondamentale definire alcuni concetti chiave, tra cui la “fragilità”, un argomento recentemente oggetto di ampio dibattito. Teoricamente, la fragilità è definita come uno stato clinicamente riconoscibile caratterizzato da una maggiore vulnerabilità, derivante dal declino associato all’invecchiamento della riserva e della funzione di plurimi sistemi fisiologici, tale per cui la capacità di far fronte a fattori di stress quotidiani od acuti risulta compromessa. In assenza di un gold-standard, la fragilità è stata operativamente definita da Fried et al. (2006) quando è in grado di soddisfare almeno tre dei cinque criteri fenotipici che indicano un livello energetico compromesso:

  • debolezza nella prensione;
  • basso livello energetico;
  • rallentamento in fase di veglia;
  • ridotta attività fisica;
  • perdita di peso involontaria.

 

Un altro concetto fondamentale, soprattutto nei pazienti anziani, è quello di “comorbidità”.  Questo concetto rappresenta un fenomeno in cui un paziente (generalmente anziano), già affetto da una patologia (di solito cronica), presenta anche una o più malattie, non direttamente causate dalla prima, che influenzano la terapia, gli esiti della patologia principale, la qualità di vita del paziente e la durata di un potenziale ricovero ospedaliero. Nel linguaggio scientifico si utilizza il termine “multimorbilità” per indicare la coesistenza di due o più condizioni croniche nello stesso individuo.

 

Disturbo neurocognitivo

Si stima che circa 24 milioni di persone nel mondo siano affette da demenza o, secondo il “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” (o DSM) versione V, “disturbo neuro-cognitivo maggiore”. I criteri per la diagnosi di disturbo neuro-cognitivo maggiore sono i seguenti:

  1. evidenza di un significativo declino cognitivo in uno o più domini basato sulla testimonianza del paziente, di altre persone, dl medico curante od un deterioramento della funzione cognitiva preferibilmente documentato da test neuropsicologici;
  2. i deficit cognitivi interferiscono con l’autonomia del soggetto nelle attività della vita quotidiana;
  3. i deficit cognitivi non si manifestano nel contesto di un delirium (inteso come un disturbo transitorio, reversibile e fluttuante dello stato cognitivo e di coscienza);
  4. i disturbi cognitivi non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale (ad esempio, depressione, schizofrenia).

 

La malattia di Alzheimer rappresenta la forma di demenza più diffusa a livello globale, coinvolgendo un numero stimato di circa 500.000 pazienti solo in Italia. Tuttavia, esistono anche altre tipologie di demenza, quali la Demenza Vascolare, la malattia a Corpi di Levy e la Demenza Frontotemporale. La malattia di Alzheimer rappresenta una malattia neurodegenerativa che si caratterizza per una progressiva perdita di cellule cerebrali nelle regioni deputate al mantenimento della memoria e di altre importanti funzioni cognitive. Nelle fasi iniziali della malattia, il paziente presenta solo una lieve perdita di memoria, con difficoltà a ricordarsi appuntamenti o azioni appena compiute. Il quadro clinico tende ad aggravarsi nel tempo, con disorientamento nello spazio e nel tempo, trascuratezza per la propria persona, igiene ed abitazione, oltre a una graduale perdita dell’autosufficienza che culmina in una dipendenza completa dal punto di vista fisico e mentale. In genere, il decesso avviene entro 8-10 anni dal manifestarsi dei primi sintomi.

 

È pertanto corretto affermare che la Malattia di Alzheimer esercita un notevole impatto non solo sul nucleo familiare ma anche sull’intera società, generando una significativa spesa economica. Nel 2020, Wong ha stimato che i costi associati alla malattia siano stati approssimativamente pari a 305 miliardi di dollari, con una prevalenza di costi indiretti derivanti principalmente dalla necessità di fornire assistenza continua da parte dei caregiver, la cui media è stata calcolata intorno a 5 ore al giorno. In genere, prima di sviluppare il disturbo neuro-cognitivo maggiore, molti pazienti presentano una fase prodromica più o meno prolungata, che nel DSM V viene codificata col termine di “Disturbo neuro-cognitivo minore” (tabella 1).

 

Tabella 1 – Criteri DSM V per diagnosi di disturbo neurocognitivo minore

 

Il disturbo neuro-cognitivo minore coinvolge circa il 10% della popolazione generale. Un individuo affetto da tale condizione può mantenersi stabile nel tempo, raramente tornare alla condizione precedente, oppure evolvere gradualmente, in tempi variabili, verso la malattia di Alzheimer. Ad oggi, non è del tutto noto quali siano i fattori che condizionino tali cambiamenti nel quadro cognitivo, che si presentano con un’elevata eterogeneità, anche tra individui appartenenti ad un singolo nucleo familiare. A volte, sia al domicilio che in ambiente ospedaliero, la presenza di patologie acute concomitanti, nonché traumi, interventi chirurgici e persino terapie farmacologiche, può complicare il detto disturbo neurocognitivo, dando origine ad una condizione denominata “delirium”.

 

Secondo il DSM-V del 2013, il delirium rappresenta una sindrome neuro-psichiatrica grave caratterizzata da alterazione dello stato di coscienza, evidenziata da una ridotta consapevolezza dell’ambiente circostante e dalla capacità limitata di focalizzare, mantenere o spostare l’attenzione. Questa condizione è contraddistinta da cambiamenti nello stato cognitivo, tra cui deficit mnemonici, orientamento temporale e spaziale compromesso e alterazioni del linguaggio, oppure dalla comparsa di disturbi della percezione, come allucinazioni o interpretazioni erronee di stimoli sensoriali reali. Tali sintomi non possono essere attribuiti a un preesistente deterioramento mentale. Il delirium si manifesta con un esordio acuto, durando da poche ore a pochi giorni, e presenta fluttuazioni nel corso del tempo. È una diretta conseguenza di una patologia medica in atto, intossicazione da farmaci, sindrome di astinenza, esposizione a tossine o altre diverse cause.

 

Il delirium può essere classificato come ipercinetico (25% dei casi), ipocinetico (25% – associato a una prognosi sfavorevole) o misto (35%). È importante notare che, sebbene il delirium e il disturbo neurocognitivo maggiore siano due entità separate, sono strettamente correlate. I pazienti con disturbo neurocognitivo sono più inclini a sviluppare il delirium, mentre quelli con delirium hanno un rischio maggiore di sviluppare il disturbo neurocognitivo. Le persone fragili presentano una maggiore predisposizione allo sviluppo del delirium. Entrambe queste condizioni, come già sottolineato, possono portare a ospedalizzazioni anche prolungate e ad esiti sfavorevoli.

 

Il DM 77/2002

L’entrata in vigore del DM 77 il 7/7/2022, vengono definiti modelli e standard relativi all’assistenza territoriale. In particolare, viene posto l’accento sul potenziamento delle cure domiciliari, sull’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale, con sviluppo di équipe multiprofessionali che prendano in carico la persona, soprattutto se fragile, sulla stratificazione della popolazione per intensità dei bisogni per una corretta presa in carico1. Inoltre, viene posta attenzione sull’implementazione di servizi digitalizzati quali la telemedicina e il telemonitoraggio.

 

Medici di Medicina Generale (MMG)/medico di comunità

Nel caso dei pazienti affetti da disturbo neuro-cognitivo, sia in fase di sospetto che di diagnosi definita, il ruolo dei MMG coinvolti è di fondamentale importanza lungo l’intero percorso di gestione della patologia, dall’indagine diagnostica fino alle fasi terminali. Questi professionisti, infatti, non costituiscono solo i referenti principali per il singolo assistito, ma rivestono anche un ruolo che dovrebbe essere fondamentale nell’ipotizzare un disturbo neuro-cognitivo che consenta di poter inviare il paziente presso il CDCD (Centro per i Disturbi Cognitivi e Demenze) di riferimento. Inoltre, essi assumono il delicato compito di valutare il momento ottimale per iniziare la presa in carico del paziente, tenendo conto del quadro clinico, della fragilità del paziente, del suo contesto socio-familiare ed economico. La collaborazione costante e proficua tra questi professionisti, lo specialista di riferimento e gli altri servizi territoriali è essenziale per assicurare la creazione di una rete multidisciplinare solida e duratura.

 

Centri per disturbi cognitivi o demenze

I Centri per disturbi cognitivi o demenze costituiscono servizi specializzati dedicati alla valutazione, diagnosi e trattamento dei disturbi cognitivi e delle demenze. All’interno di tali centri operano équipe di specialisti, tra cui neurologi e geriatri, che collaborano con altre figure professionali del settore sanitario. Come specificato nella normativa, lo specialista assume un ruolo di particolare rilevanza nell’ambito della diagnosi e del trattamento di queste patologie. Nel caso di pazienti con diverse co-patologie o “cronicità multiple”, può risultare utile che lo specialista responsabile della diagnosi prevalente si incarichi anche della gestione complessiva del paziente, assumendo un ruolo di “team leader” nel processo di cura. È importante sottolineare che tale figura non necessariamente deve rimanere la stessa durante l’intero percorso di follow-up.

 

Infermiere

L’Infermiere di Famiglia e di Comunità (IFeC) rappresenta una figura professionale chiave nei pazienti con disturbo neuro-cognitivo maggiore. Spesso, infatti, esso diviene “un tramite” tra gli altri specialisti. Frequentemente valuta il malato al domicilio, verifica le condizioni di assistenza, la rete familiare, l’adeguatezza delle persone che se ne prendono cura e del setting territoriale. Non di rado, più degli stessi specialisti, l’IFeC è in grado di valutare le effettive condizioni di fragilità del paziente.

 

Psicologo/neuropsicologo

Lo psicologo può essere di supporto soprattutto al nucleo familiare nella gestione, nel processo di accettazione della malattia in tutte le sue fasi. D’altro canto, il neuropsicologo riveste un ruolo fondamentale per il paziente stesso, non solo per monitorare l’andamento di malattia, ma anche per garantire il mantenimento delle funzioni residue nel tempo attraverso una riabilitazione cognitivo/comportamentale, almeno nelle prime fasi della patologia.

 

Assistente sociale

L’assistente sociale ha il ruolo di valuta i bisogni del paziente e della sua rete relazionale a livello territoriale.

 

Farmacista

Rappresenta il referente dell’uso sicuro ed efficace dei farmaci contenuti nel programma terapeutico.

 

Centri Diurni/ Centri diurni integrati

Strutture sociosanitarie semiresidenziali, pubbliche e/o convenzionate o a contratto, che accolgono persone con demenza.

 

Il processo: dal sospetto diagnostico alla presa in carico

L’attore principale nell’inquadramento diagnostico di un paziente con sospetto disturbo neurocognitivo dovrebbe essere preferibilmente il Medico di Medicina Generale. Durante la visita, è di vitale importanza iniziare con la raccolta della storia anamnestica al fine di stabilire quando il problema è emerso e quali sintomi e segni si presentano. Inoltre, sarebbe utile condurre una valutazione iniziale tramite test (come il Mini-Mental State Examination o MMSE, o il General Practitioner Assessment of Cognition o GP COG). Parallelamente, un inquadramento preliminare basato sulla fragilità del paziente (quali co-patologie croniche e terapie farmacologiche in corso), sulla situazione familiare (presenza e affidabilità del caregiver) sarebbe consigliabile. Tuttavia, è da sottolineare che questa metodologia di inquadramento spesso non è fattibile nella pratica clinica quotidiana, data la limitata quantità di tempo che i Medici di Medicina Generale possono dedicare a ciascun paziente. Ciò nonostante, anche un breve set di domande può risultare di grande rilevanza per determinare quando richiedere una valutazione specializzata presso un Centro per i Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD). Si riporta di seguito il set di domande.

 

Box 1 – General Practitioner assessment of Cognition (GPCog)

 

Nel caso di un paziente giovane, con poche comorbidità e con sospetto disturbo neuro-cognitivo iniziale, per esempio, sarà utile inviarlo per una accurata valutazione multidisciplinare ed una presa in carico senza particolare urgenza. In questo caso sarà possibile avviare un iter diagnostico basato sulla valutazione testistica accurata, una serie di esami di imaging (quali tomografia assiale computerizzata, risonanza magnetica nucleare cerebrale, esami ematochimici) che consentano di effettuare una diagnosi precisa ed accurata della malattia. Al contrario, qualora ci si trovi di fronte ad un paziente anziano, affetto da plurime co-patologie e quindi con una importante terapia farmacologica quotidiana, già fragile, con un caregiver poco attento o, addirittura, privo dello stesso, meriterà un iter diagnostico meno accurato, ma una presa in carico più celere a 360 gradi, per esempio avvalendosi di alcuni dei professionisti sanitari sopra menzionati.

 

È chiaro che, in quest’ ultimo caso, la valutazione multidisciplinare dovrà avvenire in modo rapido ed efficace, monitorando la corretta somministrazione della terapia farmacologica, la presenza di caregiver adeguati, la prescrizione di eventuali presidi necessari (ausili per il movimento, per la deglutizione quali addensanti…), un setting abitativo adeguato con corretta illuminazione diurna e notturna. La collaborazione efficace tra servizi di assistenza territoriale ed ospedaliera rappresenta un elemento essenziale per garantire il benessere della persona affetta da disturbo neuro-cognitivo, come la malattia di Alzheimer. L’implementazione dei servizi di telemedicina, inoltre, come indicato dal PNRR, potrebbe consentire in una parte dei casi un sistema di monitoraggio continuativo e costante nel tempo. Questo aspetto è particolarmente rilevante dato che gli intervalli tra le visite di controllo spesso si estendono troppo, risultando inadeguati per soddisfare le esigenze di tutti i pazienti, soprattutto quelli che presentano fragilità. Inoltre, la telemedicina potrebbe rivelarsi vantaggiosa per i pazienti con difficoltà motorie o comportamentali che li rendono poco mobili e trasportabili.

Note

  1. In particolare, mediante una stratificazione del rischio del soggetto, la valutazione delle priorità di intervento, la promozione del profilo di offerta appropriato, la promozione della salute, di prevenzione, diagnosi precoce, erogazione di interventi personalizzati.

Bibliografia

American Psychiatric Association (2013), Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.).

Bandeen-Roche, K., Xue, Q. L., Ferrucci, L., Walston, J., Guralnik, J. M., Chaves, P., Zeger, S. L., Fried, L. P. (2006), Phenotype of frailty: characterization in the women’s health and aging studies., in The journals of gerontology. Series A, Biological sciences and medical sciences,2006; 61(3), 262–266.

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Decreto 23 maggio 2022, n.77

Wong, W. (2020), Economic burden of Alzheimer disease and managed care considerations, in The American Journal of Managed Care, Aug,26(8 Suppl):S177-S183.

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