
Disciplina teorico-pratica sviluppatasi in Italia a partire dagli anni ’70, dapprima con intento terapeutico e con interesse all’infanzia, la psicomotricità ha poi assunto finalità di tipo educativo-preventivo, rivolgendo sguardo e azione a tutte le età della vita (Chiossone, et al., 2023). L’intervento psicomotorio con anziani sani ha significative potenzialità, nell’ambito di un approccio culturale orientato all’invecchiamento attivo e in salute; altrettanto interessanti risultano le potenzialità dell’intervento psicomotorio con anziani fragili, in un’ottica della cura come prendersi cura.
La percezione del proprio corpo in età elevata
Gli anziani di oggi, specie quelli di età più elevata, hanno vissuto come giovani e adulti in un periodo storico caratterizzato da uno scenario socioculturale ed educativo molto diverso da quello attuale, non ancora influenzato dalle rivisitazioni avvenute nella seconda metà del ‘900 ad opera del movimento femminista, degli studi psicologici su linguaggio del corpo e comunicazione non verbale, della scoperta di yoga e altre discipline orientali, del rinnovamento della ginnastica in forme espressive.
Risentono quindi di un approccio culturale al corpo che ne sottolinea le dimensioni di funzionalità, sia sul fronte produttivo (in ambito extradomestico e domestico) che sul fronte riproduttivo: sono abituati a pensare di avere un corpo, non di essere un corpo1 (Dell’Orto Garzonio, 1990). Per gli anziani di oggi il corpo per lunga parte della vita è stato strumento di lavoro, senza spazio né voce, di cui occuparsi solo quando si fa sentire e si ammala; un corpo inascoltato e negato nelle sue dimensioni di fonte di benessere e riconoscimento identitario, di possibilità di espressione e comunicazione, di tramite nelle relazioni con gli altri e con il mondo; un corpo vissuto come involucro dell’anima, come compagno di viaggio della mente, non come elemento costitutivo e inseparabile del sé.
Il corpo di una persona giovane o adulta, sana, non si sente; silenziosamente fa da mediatore con il mondo e con gli altri. Il corpo che invecchia si fa sentire e pesa; con il passare degli anni non sorregge più senza fatica la mediazione con il mondo e con gli altri, anzi, la ostacola in più modi. Invecchiando si percepisce il proprio corpo come un ostacolo su una strada che si fa impervia, si diventa sempre più corpo-dipendenti: e se prima il corpo era “con”, adesso è “contro” la persona (Mistura, 1995).
Ma cosa avviene in età anziana? È indubbio che invecchiare comporti modifiche significative di tipo strutturale e funzionale sul piano somatico, cognitivo e psichico. Il corpo si trasforma: la forza e la resistenza fisica e mentale diminuiscono, le performance si riducono, ci si affatica di più, il rischio di fragilità emotiva aumenta, con effetti su propensione e abitudine al movimento; queste possono essere influenzate da sarcopenia, disturbi all’equilibrio, lentezza dei riflessi, insicurezza per timore di cadere. Il movimento è meno fluido, meno facile, più lento, meno coordinato. Per gli anziani di oggi la situazione è inoltre spesso aggravata dall’avere sottovalutato, durante il corso della vita, l’attività motorio-sportiva.
Le modifiche apportate dal processo di invecchiamento condizionano nell’anziano la percezione del proprio corpo e delle sue potenzialità; talvolta i segni esteriori del tempo trascorso non sono adeguatamente accettati, rappresentano motivi di disadattamento, se non di smarrimento e depressione. Peculiare è la situazione delle persone con demenza, per le quali la clinica e la ricerca hanno messo in evidenza la permanenza di un’immagine di sé, nonostante il processo di regressione e dissoluzione dovuto alla malattia: le persone con demenza esprimerebbero un sé più frammentato, confuso e disperato, ma comunque presente e caratterizzato da vissuti e affetti (Cristini, et al., 2021).
Se dal punto di vista fisiologico e neurofisiologico la riduzione delle funzioni è certa, dal punto di vista della percezione di sé l’esperienza mette in evidenza come in questa fase della vita il sentire si amplifichi, il processo di mentalizzazione possa essere di maggiore qualità, grazie all’esperienza accumulata. In età anziana non tutto è compiuto, anzi: fino al termine dell’esistenza si può crescere sul piano dell’esperienza, della conoscenza di sé, della consapevolezza di se stessi e della propria vita.
Per le sue caratteristiche intrinseche, teoriche e operative, la psicomotricità può intervenire positivamente in questo percorso, mobilitando energie psichiche (emotive e motivazionali) tramite il movimento fisico, promuovendo espressione e consapevolezza di vissuti ed emozioni, facilitando processi di adattamento e di sviluppo di una positiva immagine di sé; il tutto in una dimensione di gruppo, dove la condivisione degli elementi trasversali all’invecchiare convive con la peculiare specificità di ogni percorso individuale ed esito del processo di invecchiamento, del tutto unici e irripetibili.
Il possibile contributo della psicomotricità
La psicomotricità può contribuire a valorizzare il potenziale che questa fase della vita porta con sé e aiutare ad aumentare la qualità di vita, negli aspetti sia fisici che psichici e socio-relazionali. Può contrastare sfiducia e rassegnazione, favorire fiducia e maggior sicurezza in se stessi, far sentire di essere ancora validi, convincere dell’importanza di fare esercizi fisici necessari per mantenere un certo grado di autonomia e di sicurezza motoria. Tramite la psicomotricità l’anziano può essere sollecitato a prestare attenzione consapevole al proprio corpo; può rinforzare le proprie capacità espressive e comunicative, migliorare il tono dell’umore, percepire un senso di benessere generale, aumentare la forza e la capacità funzionale, aumentare l’autostima e il senso di soddisfazione, rallentare i processi legati all’invecchiamento (Lo Piccolo, 2012).
Partecipare a un laboratorio di psicomotricità può aumentare la partecipazione e l’inclusione, contrastare il rischio di passività e di isolamento, prevenire o osteggiare disadattamento, ripiegamento su di sé, isolamento dal mondo circostante, malinconia e depressione. Un laboratorio di psicomotricità è un’esperienza inconsueta, caratterizzata da apertura, libertà, un confronto aperto e non giudicante, la possibilità di aderire e di ritrarsi, mantenendo il controllo sulla situazione; un’esperienza in cui assumono rilievo alcune dimensioni da rivisitare in età anziana: la corporeità, il movimento, il gruppo.
Nella psicomotricità il concetto di corpo riguarda integralmente la persona, come individuo, come soggetto che vive in un determinato contesto sociale e storico e che ha una propria storia. Il corpo sano o malato conserva il suo valore di unità, dove il movimento e il gesto sono il dato immediato dell’essere al mondo, l’espressione autentica di sé. Essere interattivi, non rinunciare ad agire e a reagire, anche attraverso l’azione più semplice, significa evitare la staticità motoria ed emotiva che ostacola il piacere di vivere e di stare in relazione. La psicomotricità riconosce una capacità evolutiva e uno sviluppo maturativo che abbracciano l’intero arco della vita, favorisce l’azione e l’espressione di sé nella direzione del vivere. Le attività mirano alla salvaguardia e al recupero non faticoso di una corporeità, che nella tarda stagione della vita trova una sua nuova e armoniosa collocazione (Cesa-Bianchi, 2009).
La dinamica psichica presa in considerazione e affrontata attraverso la motricità si basa sul ripristino dell’immagine del corpo, che può risultare deteriorata e frantumata per il sommarsi delle esperienze passate, nel lungo divenire di una vita non sempre facile. L’ipotesi di lavoro messa in campo si fonda così su un “ascolto riparatore”, realizzato attraverso un’azione sul corpo volta a stimolare e ricucire sentimenti, emozioni e percezione, allo scopo di sanare funzionalmente il modo di viversi e di rappresentarsi (Conte, 2016).
Con gli anziani con demenza l’attività è incentrata sulla promozione della memoria corporea e la conseguente incentivazione dei processi cognitivi e relazionali. In queste situazioni la pratica psicomotoria sembra avere un ampio margine di intervento: andando a lavorare sulla memoria corporea, lo psicomotricista trova una porta aperta, laddove le figure professionali che si occupano solo di processi cognitivi devono ovviamente fermarsi. Va inoltre sottolineato che varie ricerche hanno dimostrato che la capacità di comprendere le emozioni dal volto dell’interlocutore si mantiene anche nelle fasi più acute della demenza; questo è molto importante, dato che il deficit cognitivo comporta difficoltà di comprendere la parola.
La psicomotricità enfatizza il valore del movimento, elemento centrale in ogni sua proposta. L’atto motorio non può essere considerato un semplice evento biomeccanico, poiché per tradursi in pratica necessita dell’intervento di altri fattori, oltre che dell’attivazione delle strutture neuro-muscolari coinvolte: l’integrazione nervosa, la rappresentazione mentale dell’atto da compiere, la motivazione ad agire, la gratificazione per gli effetti che l’atto stesso produrrà. Da ciò si deduce che la motricità è in stretto collegamento con le altre aree (cognitiva, affettiva e sociale) in cui si realizza la personalità di un individuo. Attraverso il movimento è possibile stimolare l’attività intellettuale, così come ottenere interessanti ripercussioni sugli stimoli affettivi e da questi far scaturire miglioramenti dello sviluppo cognitivo e sociale. Le capacità intellettive influenzano in modo decisivo l’apprendimento motorio e viceversa, dato che esiste una interconnessione continua tra sviluppo motorio e mentale (Gomez Paloma, 2012).
Un aspetto che collega mente e movimento è quello dell’attivazione delle aree motorie da parte del movimento immaginato, un settore di grande interesse anche per il recupero funzionale di attività motorie danneggiate da diverse condizioni patologiche. È stato dimostrato come l’immaginazione del movimento generi nel cervello un’attivazione organizzata somatotopicamente, in gran parte sovrapponibile all’attivazione che si ottiene effettuando il movimento (Ehrsson, et al., 2003); secondo l’ipotesi della simulazione del movimento immaginato, le aree cerebrali che generano un movimento reale sono ingaggiate non solo quando l’azione è fatta realmente, ma anche quando viene solo immaginata: il cervello sembra in grado di costruire una simulazione interna del movimento che la persona immagina di eseguire.
Infine, in psicomotricità la dimensione del gruppo è fondamentale. Il gruppo è indispensabile per la sua dimensione affettivo-relazionale; attiva dinamiche di socializzazione sia nella libera espressione, sia nell’accettazione delle regole del gioco condivise, in favore della cooperazione interpersonale. Anche in età anziana la dimensione del gruppo è molto importante: il rispecchiamento nell’altro, la condivisione fra pari aumentano il potenziale benefico dell’attività psicomotoria, oltre che la ricchezza e lo spessore dell’esperienza realizzata.
Finalità e caratteristiche della pratica psicomotoria con anziani
La prima, più importante finalità è quella di accompagnare l’anziano a percepire il proprio corpo e il proprio spazio vitale nel tempo presente, a costruirsi una sufficientemente buona immagine di sé nella situazione di salute-malattia e autosufficienza attuale, a rifondare il proprio spazio di azione (quindi di vita) contrastando le dimensioni di rinuncia e di attesa passiva. Questo è estremamente significativo, sia per gli anziani sani e attivi, sia per gli anziani con compromissioni delle capacità funzionali e cognitive: per questi ultimi la psicomotricità può concorrere con efficacia a rendersi consapevole delle proprie capacità funzionali in termini non solo di limite ma anche di competenze ancora esercitabili e di potenzialità da sviluppare; il tutto in termini realistici, ma con fiducia e speranza.
Con gli anziani sani e attivi la psicomotricità può fornire una preziosa occasione per darsi il tempo di ascoltare il proprio corpo così com’è e come è andato trasformandosi negli anni, ancorandosi alla propria esperienza, senza giudizi e rimpianti, e scoprendo nuove possibilità per il futuro, anche in età avanzata; con gli anziani fragili può aiutare a sentire il proprio corpo non solo come organismo biologico che non funziona più come prima e che è fonte di sofferenza e disagio, contribuendo a far convivere meglio con eventuali disabilità e a cercare strategie di adattamento e compensazione che facilitino la vita quotidiana, migliorandone la qualità.
La psicomotricità con anziani può contribuire a:
- rinforzare l’energia vitale e il potenziale creativo, a qualunque età e condizione;
- scoprire e valorizzare le risorse esistenti, spesso poco considerate perché meno visibili delle limitazioni;
- amplificare le capacità espressive e comunicative, specie in presenza di limitazioni cognitive, verbali, motorie;
- stimolare le capacità cognitive (attenzione, concentrazione, memoria);
- far ritrovare il piacere del gesto e del movimento, promuovendone possibilità, facilità, economia, senso di padronanza;
- contrastare inattività, sedentarietà, inibizione a motilità, senso di vergogna, apatia, disistima e trascuratezza nei confronti del proprio corpo, tendenza a totale passività o dipendenza dagli aiuti;
- alleggerire disagio psicofisico, impaccio motorio, rigidità muscolare, tensioni, fatiche;
- prevenire dolori e traumi dell’apparato locomotore ed eventi avversi (cadute);
- ridurre ansia, agitazione, stress, malinconia, tristezza; nelle situazioni di demenza, mitigare la tendenza a fuga, affaccendamento, emotività esplosiva;
- promuovere nuovi contatti e rapporti interpersonali meno effimeri nel proprio ambiente di vita.
In sintesi, la psicomotricità tende a stimolare benessere, armonia ed equilibrio, nelle loro molteplici dimensioni (fisica, psicologica, socio-relazionale), in rapporto a se stessi, agli altri e all’ambiente. Coerentemente alla propria caratterizzazione di unitarietà e integrazione, la pratica psicomotoria interessa contemporaneamente più aree di lavoro e si estrinseca in attività di tipologia differenziata, perseguendo obiettivi specifici che risultano trasversali alle diverse condizioni degli anziani destinatari delle proposte e ai diversi progetti elaborati dagli psicomotricisti coinvolti.

Esemplificazioni di attività proposte in laboratori psicomotori
Per consentire a chi non è psicomotricista e non ha ancora avuto occasione di partecipare a sedute di psicomotricità di comprendere cosa succede operativamente, proponiamo – a titolo puramente esemplificativo – la descrizione di quanto può avvenire in una seduta.
I partecipanti possono essere invitati inizialmente a muoversi nell’ambiente circostante, osservando gli elementi che lo caratterizzano e le persone che si incontrano: l’esplorazione può essere dapprima libera, poi indirizzata tramite specifiche indicazioni, quali ad esempio variare i percorsi (camminare seguendo linee e rettilinei oppure tracciando a terra delle curve) e le andature (camminare facendo passi corti o passi lunghi, rallentando o accelerando il passo, sollevando il ginocchio; camminare sulla punta dei piedi o sui talloni, marcando il bordo esterno o il bordo interno dei piedi). Questo tipo di sollecitazioni porta la persona sia a centrare l’attenzione su di sé, in quanto attenta a eseguire i movimenti man mano proposti, sia ad allargare il proprio campo visivo, per osservare meglio tutto il gruppo in movimento, e a trovare aggiustamenti diversi, in funzione degli altri frequentanti e delle dimensioni spazio-temporali (ambiente in cui si svolge la seduta, ritmo del movimento).
Per promuovere la conoscenza graduale degli altri nel rispetto delle distanze interpersonali, i partecipanti possono essere invitati a muoversi liberamente nello spazio e a salutare chi si incontra sul proprio cammino, con gesti e movimenti diversi e senza mai usare la parola, per arrivare poi a sollecitare un contatto fisico via via più ravvicinato, in base comunque alla disponibilità reciproca dei partecipanti e a quanto emerge (fiducia o sospetto, adesione o rifiuto, imitazione o originalità, inibizione o disinibizione). La relazione interpersonale può essere facilitata e mediata da oggetti e proposte specifiche, in situazioni prevalentemente di coppia: ad esempio posizionare una palla di media grandezza tra due schiene, per poi muoversi nello spazio senza farla cadere; porsi fianco a fianco, afferrando entrambi un bastone con le mani e, camminando sulla punta dei piedi, condividere insieme un percorso; mettersi uno di fronte all’altro afferrando un foulard, per poi farlo muovere nell’aria in tutte le possibili direzioni.
Quando la disponibilità a mettersi in gioco e a relazionarsi non solo in coppia lo rende possibile, possono essere proposte situazioni di gruppo, spesso accompagnate dalla musica che consente di modulare il ritmo dell’azione, di rievocare situazioni piacevoli della vita passata o presente, di sostenere la creatività e l’espressione di sé in una dinamica relazionale di gruppo. La posizione in cerchio – fondamentale in fase di apertura all’inizio della seduta e in fase finale di narrazione e condivisione dei vissuti, cioè negli unici momenti in cui è previsto l’uso della parola – risulta molto importante anche nella fase centrale: soprattutto in presenza di una certa compromissione delle funzioni, il cerchio facilita il contatto oculare, il contatto fisico, l’imitazione, l’esplorazione, il passaggio degli oggetti, il senso di riconoscimento, di inclusione e di partecipazione.
Le proposte possono essere centrate sul solo movimento dei corpi dei partecipanti o possono avvalersi dei tipici oggetti usati in psicomotricità (palle, palloncini, corde, teli, foulard, cerchi, bastoni, birilli, ecc.). Nella pratica psicomotoria l’oggetto, investito della funzione di tramite relazionale, consente di superare distanza e imbarazzo, ridurre difese e resistenze al rapporto ravvicinato, collegare agli altri in una sorta di estensione del corpo che permette di entrare in un contatto privo di fisicità, intimità, possibile allusione sessuale. Anche se la psicomotricità si avvale tradizionalmente di alcuni oggetti, quando è necessario – ad esempio per misura dello spazio disponibile rapportato al numero dei partecipanti o per la ritrosia degli anziani a utilizzare oggetti associati al gioco infantile o alla fisioterapia in palestra – le proposte possono realizzarsi avvalendosi di oggetti di vario genere normalmente presenti nell’ambiente in cui si svolge il laboratorio oppure anche senza l’uso di oggetti dal significato simbolico o mediatore.
Le possibilità di azione ed espressione con il solo corpo dei partecipanti sono davvero molto ampie, più di quanto si possa immaginare: il movimento può essere diretto avanti o indietro, di lato, in alto o in basso, in cerchio; anche con oggetti immaginari, può essere agito in vari modi (con spinta, trazione, flessione, piegamento, caduta, slancio, circonduzione, marcia, corsa, salto) e con diverse intenzioni (avvicinare, allontanare, afferrare, stringere, annodare, legare, sfiorare, battere, calciare, lanciare, sventolare, sorreggere, accogliere, abbracciare, coccolare, carezzare, massaggiare). Ovviamente tutte queste azioni e intenzioni possono essere realizzate, quando possibile e con altra intensità, anche con oggetti reali o con segmenti corporei di altri partecipanti.
Fra gli oggetti utilizzati nel laboratorio psicomotorio, le palle (di diverse dimensioni, consistenze e colori) risultano quelli preferiti, forse perché richiamano ricordi giovanili, attivano la dinamicità del gruppo e consentono una ricerca sia individuale, sia di coppia o in piccolo gruppo. Con le palle anche i più compromessi da un punto di vista motorio o cognitivo riescono a trovare una modalità di gioco che restituisce loro il piacere di un corpo che agisce e interagisce, che ritrova competenze ed energie sopite, attivando la parte più ludica del gioco corporeo, creando la squadra o dando sfogo all’energia aggressiva.
La musica viene utilizzata spesso, per diversi motivi: piace ai partecipanti e pare metterli in una disposizione d’animo propositiva e maggiormente creativa, sostiene il ritmo dei movimenti, evoca emozioni e ricordi che rendono più autentica la dinamica collettiva. Si tratta di un grande alleato della pratica psicomotoria: la musica con un ritmo lento facilita le attività finalizzate a favorire la concentrazione su di sé, il risveglio muscolare o il rilassamento; la musica più vivace e allegra stimola e sostiene il movimento di tutto il corpo e il gioco, in una dimensione gruppale. Viene utilizzata musica strumentale, sia perché l’inibizione alla parola non può riguardare solo i partecipanti, sia perché eventuali difficoltà dei partecipanti (declino cognitivo, ipoacusia) possono già compromettere la comprensione di quanto sta accadendo nell’ambiente; inoltre, il volume è tarato in modo da risultare funzionale allo svolgimento della seduta, senza arrecare disturbo e distrazione.
Ogni seduta si conclude con un momento di verbalizzazione e presa di coscienza dei vissuti corporei, di espressione di sensazioni, emozioni, pensieri, di consapevolezza di sé e del proprio agito, di rielaborazione in piccolo gruppo dell’esperienza vissuta insieme. Questa fase conclusiva di riflessione e di condivisione può essere realizzata tramite diverse forme: una libera verbalizzazione o la produzione di uno scritto o di un disegno. Narrare quanto avvenuto o descriverlo con un’immagine sposta l’esperienza motoria sul piano del pensiero e del linguaggio, e conduce verso una più chiara consapevolezza di sé e del proprio vissuto (Cesa-Bianchi, 2009).
Le peculiarità delle proposte psicomotorie in età anziana
Una prima peculiarità riguarda il possibile rischio di confusione, nei destinatari e in chi è loro vicino, fra psicomotricità e fisioterapia. Se la psicomotricità per bambini può essere percepita e confusa con attività di gioco, di puro gioco, la psicomotricità per anziani può effettivamente essere scambiata per fisioterapia; in realtà le differenze sono importanti: nella fisioterapia il movimento è analizzato in rapporto alle strutture anatomiche e al funzionamento fisiologico ed è proposto a fini terapeutici e riabilitativi; nella psicomotricità il movimento è considerato come attività che esprime l’intera personalità ed è proposto a fini educativi e preventivi.
Le attività psicomotorie non sono proposte di esercizi; sono inviti, richieste di permesso, affinché la persona anziana realizzi la presa di coscienza del suo corpo negli aspetti sensoriali, sensomotori, percettivo-motori e della sua espressività psicomotoria. L’invito può essere accettato o declinato oppure può essere abbandonato lungo il percorso: l’invito non è una consegna o un ordine (Mila, 2022). Fondamentale è spiegare agli anziani il possibile effetto benefico di ogni proposta psicomotoria, quale l’obiettivo, quale il possibile esito.
L’attenzione è costantemente orientata a facilitare e garantire la partecipazione di ciascuno, correlata alle varie possibilità di movimento intenzionale; a esprimere accoglienza, accompagnamento, valorizzazione, non giudizio; a non mettere fretta, non causare o rinforzare l’ansia da prestazione, ma attendere che tutto funzioni, lasciare che quello che può accada (Anichini, 2021). Gioco e movimento si realizzano in gruppo, in un ambiente protetto, non giudicante e non competitivo: tutti partecipano, ognuno secondo le proprie possibilità, le proprie capacità e la propria disponibilità all’azione, al coinvolgimento, alla reciprocità.

Per concludere, vale la pena ribadire che la psicomotricità è occasione di piacere, comunicazione, desiderio, gusto, esplorazione, scoperta, sorpresa. Il laboratorio di psicomotricità può rappresentare una possibilità di liberare e consolidare nelle persone anziane la vitalità sopita e di contribuire a favorire un buon invecchiamento. Può consentire di contrastare il vedere solo le limitazioni e il vivere solo la perdita, nel corpo che invecchia. Può aiutare ad accettarsi e a conservare dignità e rispetto di sé. Può aiutare a riscoprire la ricchezza, la grande risorsa che è il corpo della persona anziana; a comprendere come il corpo anziano può essere o diventare fonte di benessere, oltre che di mali e fastidi. Il laboratorio psicomotorio è occasione di uscita dalle mura domestiche, di incontro, di umore più allegro, di capacità conservate e ritrovate, di maggiore equilibrio e di salute, a tutto vantaggio della qualità della vita, a qualunque età.
Note
Bibliografia
Anichini S. (2021), Psicomotricità e malattia di Parkinson. Risorse e limiti dell’esperienza online, in La psicomotricità nelle diverse età della vita, n. 3.
Cesa-Bianchi M. (2009), Prefazione, in Bellotti G.G., Madera M.R., a cura di, Il corpo in cammino. L’intervento psicomotorio con la persona anziana, Unicopli.
Chiossone A.M., Castiello D., Longoni B. (2023), L’evoluzione della psicomotricità dall’infanzia alle diverse età della vita, in I luoghi della cura, n. 4.
Conte R. (2016), Il sapore negli occhi. Uno sguardo all’anziano attraverso la psicomotricità, Il Ponte Vecchio.
Cristini C., Cesa-Bianchi G., De Beni R. (2021), Psicologia dell’invecchiamento e dell’età longeva: il contributo di Marcello Cesa-Bianchi, in Ricerche di psicologia, n. 1.
Dell’Orto Garzonio F. (1990), Il corpo, in Dell’Orto Garzonio F., Taccani P., Conoscere la vecchiaia. Manuale per operatori sociali, educativi e sanitari, La Nuova Italia Scientifica.
Ehrsson H.H., Geyer S., Naito E. (2003), Imagery of voluntary movement of fingers, toes, and tongue activates corresponding body-part–specific motor representations, in Journal of Neurophysiology, 90(5):3304–3316.
Gomez Paloma F. (2012), Modellizzazione didattica della pratica psicomotoria come modalità fruibile in ambiente educativo, in Sibilio M., a cura di, I significati del movimento nella ricerca didattica. Approcci di ricerca e protocolli sperimentali a confronto, Liguori Editore.
Lo Piccolo A. (2012), L’attività motorio-sportiva per il benessere nella terza età: prospettive di ricerca, in Sibilio M., a cura di, I significati del movimento nella ricerca didattica. Approcci di ricerca e protocolli sperimentali a confronto, Liguori Editore.
Mila J. (2022), Psicomotricità: interventi nel campo adulto. Prevenzione, educazione e terapia psicomotoria, Ediciones Corpora.
Mistura S. (1995), Invecchiamento e vecchiaia, in Spagnoli A., “…e divento sempre più vecchio”. Jung, Freud, la psicologia del profondo e l’invecchiamento, Bollati Boringhieri.