10 Maggio 2023 | Servizi

“Accordi che curano”: verso un’assistenza domiciliare integrata sociosanitaria e sociale

In occasione della Giornata della giustizia sociale del 20 febbraio 2023 la Fondazione Alberto Sordi, con il contributo della Regione Lazio, ha organizzato il Workshop “Accordi che curano. Verso un’assistenza domiciliare integrata sociosanitaria e sociale” durante il quale operatori, amministratori, direttori di servizi sociosanitari e cittadini hanno potuto riflettere insieme sulle tematiche più importanti e prioritarie per la promozione di un’assistenza domiciliare integrata, proponendo buone prassi già attive nel territorio.

“Accordi che curano”: verso un’assistenza domiciliare integrata sociosanitaria e sociale

Accordi che curano” nasce come evento volto a promuovere il lavoro di rete dei servizi sociali e sanitari per le persone anziane. Perché un Workshop nella Giornata in cui si festeggia la giustizia sociale? Il lavoro di rete di questi servizi garantisce che queste persone siano assistite in modo equo attraverso le varie modalità a disposizione del sistema sanitario e sociale. In modo analogo, il concetto di giustizia sociale è un principio fondamentale che intende garantire accesso a tutti in modo equo alle opportunità che una società può offrire.

 

La giustizia sociale avviene quindi, quando rimuoviamo le barriere che le persone devono superare a causa del loro genere, dell’età, dell’appartenenza etnica, della religione, della cultura, o delle disabilità. Alla stregua di ciò, quando una persona anziana può partecipare ad un evento di socialità perché la sua malattia cronica è ben gestita grazie al lavoro dei servizi sanitari; quando un anziano si sente meno solo grazie al supporto dei servizi sociali e migliora il suo stato di benessere generale e la sua qualità di vita, è così che i servizi sociali e sanitari sono garanzia di giustizia sociale dell’anziano permettendogli di aggiungere vita ai giorni piuttosto che giorni alla vita.

 

Servizi domiciliari integrati per gli anziani: una priorità indifferibile

Nella Regione Lazio la popolazione con più di 60 anni di età è il principale utilizzatore dei servizi socioassistenziali e, tra questi, gli ultraottantenni costituiscono circa il 40% degli ospiti delle strutture socioassistenziali e circa il 5% degli ultrasessantacinquenni usufruisce del servizio di assistenza domiciliare integrato (Rapporto Italia Longeva, 2021). L’interesse di offrire servizi dedicati a questa fascia di popolazione è sempre più indifferibile, come ripreso anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dalla recente Riforma della non autosufficienza che ha rilanciato l’assistenza domiciliare come uno dei cardini del nuovo sistema di welfare.

 

Con riferimento alle prestazioni di assistenza domiciliare, la riforma sottolinea la necessità di integrazione degli istituti dell’assistenza domiciliare integrata (ADI) e del servizio di assistenza domiciliare sociale (SAD), assicurando il coinvolgimento delle aziende sanitarie locali. L’obiettivo di quest’integrazione è quello di favorire l’unitarietà delle risposte alla domanda di assistenza e cura, la razionalizzazione dell’offerta vigente di prestazioni sociosanitarie tenuto conto delle condizioni e dei bisogni dell’anziano, assicurando assistenza e cura di durata e intensità adeguati e l’integrazione e il coordinamento dei servizi e delle terapie erogati a domicilio, anche attraverso strumenti di telemedicina.

 

Ma le criticità sul tema dei servizi domiciliari sono molte, come riportato nella pubblicazione L’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia – 7° Rapporto 2020/2021. Punto di non ritorno (NNA, 2021), dove si mette in luce che il problema dei servizi territoriali non è solo di finanziamento ma anche di carenze organizzative del servizio. Infatti, in questi servizi e soprattutto nell’ADI, prevale la logica sanitaria della singola prestazione e l’assenza di una presa in carico e di un approccio globale, necessarie invece quando ci si prende cura di un anziano fragile. In quest’ottica risulta difficile per questo servizio il riconoscimento e l’integrazione dei bisogni sociali della persona attraverso il SAD al quale l’accesso è garantito solo in caso di carenze familiari ed economiche. Di conseguenza problemi di fragilità complessi non trovano nell’assistenza ADI o SAD risposte adeguate.

 

La risposta adeguata è l’erogazione dei servizi con un approccio assistenziale coordinato e integrato in un unico sistema organizzato di cure e servizi socio-sanitari disponibili, al momento perlopiù frammentati e indipendenti. La tematica dell’integrazione delle cure sociali e sanitarie è stata avviata già da molti anni a livello legislativo nazionale e locale ma ancora è oggetto di vivo interesse e attenzione a causa della sua natura sfidante. Una sfida che sta portando allo scenario sociosanitario nuove soluzioni ed esperienze di integrazione semplici ma efficaci che potrebbero trainare l’innovazione tanto attesa dei servizi territoriali.

 

Sostenibilità dell’incremento della domanda di salute, costi e finanziamenti, desertificazione sanitaria, il ruolo delle associazioni dei familiari

Da un punto di vista economico e sociale, la questione della sostenibilità dell’incremento della domanda di salute impone una riflessione attenta sulla governance delle risorse pubbliche per promuovere il progressivo potenziamento delle prestazioni assistenziali in favore delle persone anziane. Quando si entra in merito alla sostenibilità occorre tenere presente tutti i possibili attori che, oltre a quelli pubblici, possono supportare il sistema di welfare ovvero gli Enti del Terzo Settore che fondano il proprio agire sul modello cooperativo in una logica di rete e potenziamento delle competenze dei professionisti della cura. Si tratta di professionisti che hanno diritto ad una adeguata remunerazione in un contesto di benessere organizzativo che li consideri come una vera risorsa umana e non solo come forza lavoro.

 

Sul tema dei costi e finanziamenti occorre fare una riflessione. La spesa sanitaria pubblica italiana si colloca tra le più basse a livello internazionale con il 7% del proprio PIL annuo (OECD Health Data, 2022). La scarsità delle risorse impiegate si manifesta nei servizi dispensati sul territorio che, molto spesso, non assicurano una reale presa in carico del paziente. Va sottolineato che questi servizi devono innanzitutto sostenersi e garantire un’adeguata offerta economica che li renda attrattivi ai professionisti della cura i quali spesso, motivati da contratti di lavoro più vantaggiosi, si orientano verso strutture ospedaliere piuttosto che nei servizi domiciliari.

 

L’attrattività del lavoro sul territorio è un tema cruciale ampiamente discusso anche nel fenomeno della desertificazione sanitaria. I dati indicano che tra il 2010 e il 2020, in Italia sono stati chiusi 111 ospedali e 113 Pronto soccorso e tagliati 37mila posti letto per mancanza di personale. La stima è che già oggi, tra ospedale e territorio, manchino più di 20mila medici e 65mila infermieri (CittadinanzaAttiva, 2022). Ma il dato più allarmante è che a questo quadro si aggiunge anche quello della fuga all’estero di infermieri e medici. Le destinazioni più ambite? Germania, Spagna, Belgio e Svizzera dove il salario più elevato e la valorizzazione del personale sono i motori di questa macchina. Pertanto, risulta urgente un intervento di inversione di rotta di questo meccanismo perverso di esportazione della cura che depaupera il sistema sanitario delle migliori risorse umane a discapito della qualità dell’assistenza e dell’erogazione dei servizi.

 

L’erogazione dei servizi per la persona anziana dovrebbe contare su una rete sociale solida che coinvolga anche le associazioni di pazienti. Un esempio della loro importanza è portata dall’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica (AISLA) del territorio romano dove “resiste” una rete sociale importante e strutturata ove attraverso il contributo delle associazioni in termini di ascolto e migliore comprensione del bisogno dell’associato si riesce spesso a fare rete con gli assistenti sociali di riferimento portando alle famiglie una visione complessiva dei servizi e guidandole nella scelta.

 

Avere una visione complessiva dei servizi è un obiettivo importante da raggiungere per la persona anziana fragile e la sua famiglia che spesso si trovano in un mare magnum di informazioni e servizi standard, tutti all’apparenza efficaci ma che poi non riescono a rispondere completamente al bisogno di cura per due possibili motivi:

  • l’utente sente il servizio come insufficiente nei casi in cui la risposta di cura è limitata, standardizzata e non calibrata sul reale bisogno
  • l’utente sente il servizio sente il servizio come ostacolante il proprio decorso di vita nei casi in cui la risposta di cura è sovradosata per logiche e norme standard di erogazione del servizio, anch’esse non calibrate sul reale bisogno.

 

In entrambi i casi, l’utente e la sua famiglia non riescono a trovare l’adeguato supporto dei servizi territoriali. Un supporto che dovrebbe viaggiare in tandem con le preferenze, i desideri e il bisogno di cura della persona; un supporto che, considerata l’unicità della persona e la sua irripetibilità, dovrebbe essere aperto e flessibile a stimoli esterni ed interni alla famiglia e calibrato di conseguenza.

 

L’esperienza di integrazione nei PUA a Roma nel Lazio

Alla base di una soddisfacente, efficiente ed integrata prestazione di cura c’è la lettura e comprensione del reale bisogno sociosanitario, intento questo che trova applicazione nei Punti Unici di Accesso (PUA) nel Lazio, servizio gestito dai distretti sanitari e dai municipi che orienta le persone e le famiglie sui diritti alle prestazioni sociali, sociosanitarie e sanitarie e di continuità assistenziale e sulle modalità per accedere ad esse (agevola l’accesso unitario alle prestazioni, favorendo l’integrazione tra i servizi sociali e quelli sanitari; avvia la presa in carico, mediante una prevalutazione integrata sociosanitaria funzionale all’identificazione dei percorsi sanitari, socio-sanitari o sociali appropriati; e segnala le situazioni connesse con bisogni socio-sanitari complessi per l’attivazione della valutazione multidimensionale e della presa in carico integrata). Nonostante l’efficienza di questo servizio messo a disposizione di tutti i cittadini, si segnala la sua poca conoscenza e utilizzo. Infatti, in un territorio di 187 mila abitanti quale è quello romano, solo il 4% di essi si è rivolto a questi sportelli nello scorso anno.

 

Nel Municipio Roma IX è stato aperto un PUA realmente integrato perché questo servizio viene erogato una volta al Municipio ed una volta al Distretto sanitario, permettendo il lavoro condiviso anche se, per via delle risorse esigue, l’incontro avviene solo due volte a settimana. La creazione di queste relazioni tra i diversi attori del sistema è cruciale ed infatti, sempre nel Municipio e Distretto IX, queste relazioni hanno fatto sì che il Municipio e i diversi servizi del Distretto per la prima volta lavorino in una reale integrazione dei Piani di Zona. Inoltre, è stato firmato un protocollo d’intesa per far partire in maniera sperimentale il budget di salute che permetterà di fare una presa in carico completa della persona fragile superando la frammentarietà degli interventi e portando verso un’assistenza più unitaria ed equa. L’integrazione dei servizi oltre che di persone, relazioni e risorse ha bisogno anche di strumenti per potersi realizzare. Strumenti come un sistema informatico unico e condiviso che permetta lo scambio di informazioni nella massima riservatezza, migliorando sensibilmente anche l’efficacia delle attività gestite, in quanto viene migliorato il rapporto tra il risultato ottenuto e l’obiettivo prefissato. Attualmente questo è un obiettivo che il nostro SSN sta perseguendo e a livello regionale ha trovato applicazione in alcune realtà.

 

I progetti in corso nel territorio romano presentati all’evento “Accordi che curano”

Limitati e preziosi sono i progetti virtuosi di integrazione socio-sanitaria nel territorio romano. Come il progetto “Viva gli anziani” della Comunità Sant’Egidio che, dal 2004, ha avviato una vera e propria mappatura dei bisogni socio-sanitari degli anziani con la convinzione che l’isolamento sociale sia una patologia più grave delle altre e che possa portare a condizioni di salute pessime e persino alla morte. Il progetto si radica nel territorio, che può essere un quartiere o il rione: l’operatore deve conoscere il territorio ed essere riconosciuto dal territorio. Viene effettuata quindi una prima valutazione multidimensionale della fragilità che stabilisce la frequenza del programma che la persona anziana dovrà seguire. Dopo la valutazione si stende un piano di assistenza personalizzato per trovare soluzione a problemi urgenti o a lungo termine, di qualsiasi tipo dal sanitario all’economico.

 

Il cuore pulsante del progetto è la creazione di una rete di prossimità attraverso operatori di prossimità, non strettamente professionali, chiamati a rilevare i cambiamenti del bisogno e a comunicarli ai professionisti. Un esempio di operatore di prossimità potrebbe essere il vicino di casa, il farmacista, il portiere; qualunque persona che abbia una sensibilità e attenzione ai bisogni del prossimo. Un progetto che nei suoi primi vent’anni ha visto la diminuzione della mortalità del 50% nelle zone dove c’è il programma rispetto a quelle in cui non c’è; una diminuzione di ricoveri in ospedale del 15%, soprattutto i ricoveri ripetuti; e una diminuzione del 20% del ricorso all’istituzionalizzazione (Liotta et al, 2020).

 

La prevenzione del ricorso all’istituzionalizzazione è anche uno degli obiettivi del progetto finanziato da Fondazione Roma che dal 2007 offre un percorso virtuoso di continuità assistenziale a persone con demenza articolato in diversi setting e modulabile al variare dei bisogni di salute. Le persone sono prese in carico fin dalla fase iniziale della malattia attraverso il Centro Diurno e, quando la proposta semiresidenziale non è più appropriata, sono seguite prima in assistenza domiciliare e poi in cure palliative. Una presa in carico continuativa e integrata che ha visto in questi anni il crearsi di una lunga lista di attesa per l’attivazione di questo servizio così necessario e prezioso per il territorio. Per mitigare ciò, si è avviato un servizio di counseling che risponde alle necessità imminenti di orientamento, supporto e stimolazione di chi è in lista d’attesa. Le attività socio-sanitarie sono erogate da equipe multiprofessionali che lavorano in modo integrato nell’analisi e nella risoluzione delle problematiche emerse.

 

La flessibilità dei servizi erogati è un elemento cruciale nell’assistenza integrata a domicilio: non offrire servizi che sono come scatole preconfezionate in cui mettere dentro le persone senza fare prima un fine lavoro di sartoria e personalizzazione. Pensare che i bisogni delle persone fragili rimangano identici per tutto il percorso della vita è utopia: essi hanno necessità di essere accompagnati e quindi la valutazione deve accompagnarne la vita per definire di volta in volta i bisogni e le risposte necessarie.

 

 

Curare il dialogo tra i portatori di interesse: un’iniziativa concreta della Fondazione Alberto Sordi

Con l’evento “Accordi che curano” la Fondazione Alberto Sordi ha voluto approfondire il tema dell’integrazione dei servizi domiciliari sociosanitari mettendo in dialogo i principali stakeholders, agevolando in particolare un confronto attivo tra la politica (Regione Lazio, Comune di Roma Capitale, ASL), gli erogatori (Associazioni, Cooperative, Enti del Terzo Settore) e i fruitori di questi servizi (famiglie, anziani, associazioni di pazienti, di familiari e di volontariato).

 

Grazie a questo evento famiglie, addetti alle politiche sociali, sanitarie e sociosanitarie e organizzatori di servizi hanno dibattuto allo stesso tavolo condividendo bisogni, prospettive e iniziative, contribuendo a rafforzare quella rete di cura che sostiene il benessere della persona anziana sul territorio. Una rete di cura che, in un quadro normativo e gestionale ancora tutto da costruire di ripresa e resilienza, deve essere rafforzata attraverso la condivisione di strategie di rete tra gli erogatori di servizi. La condivisione delle criticità, degli obiettivi e delle proposte di risoluzione sarà la vera innovazione che concorrerà a produrre comportamenti sistemici, concordati dal basso, osservando gli altri provider non solo come potenziali concorrenti, ma anche come potenziali partner con cui attivare molteplici processi favorevoli per il settore e quindi anche per i singoli provider.

 

Il settore delle cure domiciliari ha dimensioni davvero rilevanti in Italia e una lista di carenze profonde e critiche. Esse possono preoccupare, ma possono anche rappresentare grandi opportunità di innovazione e di generazione di valore sia per il policy maker, sia per i provider. Opportunità che nel Workshop “Accordi che Curano” abbiamo voluto cogliere identificando poche ma precise priorità di intervento, capaci di produrre benessere collettivo, maggiore capitale istituzionale per il policy maker e prospettive di innovazione e di crescita per i gestori.  Le priorità di intervento sono costruire modelli di cura che riconoscano come valore fondante di ciascun intervento il sostegno dei legami familiari e amicali, la personalizzazione della cura intesa come conoscenza profonda della persona e della sua famiglia, ma anche la valorizzazione e cura delle figure professionali impegnate nell’assistenza per creare il ricercato cerchio del benessere tra loro, le persone anziane e il mondo familiare.

 

Box 1 – La Fondazione Alberto Sordi: storia, obiettivi, attività.

Bibliografia

Cittadinanza Attiva (2022), Bisogni di salute nelle aree interne, tra desertificazione sanitaria e PNRR.

Impagliazzo M., (2020), Anziani: Assistenza e cure domiciliari possono evitare l’isolamento, Avvenire, 22 settembre.

Liotta G., Palombi L., Marrazzi M.C. (2020). Oltre le RSA: come colmare gap tra domanda e risposta assistenziale, Quotidiano Sanità online.

NNA (a cura di) (2020), L’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia – 7° Rapporto. 2020/2021. Punto di non ritorno, Maggioli Editore.

OECD Health Data (2022).

Rapporto Italia Longeva (2021), LONG-TERM CARE IN ITALIA: verso una rinascita?

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