Il centro diurno per anziani Costa Bassa è attivo dal 1983. E’ stata una delle prime esperienze italiane e lombarde di servizio semiresidenziale per anziani. Nato come centro di aggregazione per anziani soli, autonomi o con iniziale perdita dell’autonomia, ha progressivamente modificato la sua configurazione e i suoi obiettivi per adeguarsi all’evoluzione delle richieste e della normativa. Dal 2004 è accreditato presso la Regione Lombardia come Centro diurno integrato. La struttura è accolta in uno stabile storico del Parco di Monza, il più grande parco cintato europeo. La cornice è quella di un ambiente naturale, godibile per tutto l’anno, appena disturbato dal rumore dei motori del vicinissimo autodromo nazionale, connaturato con la storia della città e con la cultura di molti degli anziani ospiti, soprattutto di quelli di sesso maschile.
Lo stabile fa parte del complesso di edifici funzionali alle esigenze della famiglia reale e della sua servitù, architettonicamente omogeneo alla più nota Villa Reale del Piermarini. L’edificio è stato progressivamente ristrutturato per adattarlo agli standard regionali e alle esigenze degli anziani, compatibilmente coi vincoli dettati dalla Sovrintendenza alle Belle Arti e dall’Amministrazione del Parco di Monza. E’ stato quindi necessario operare in modo conservativo, superando le molte barriere architettoniche con soluzioni leggere o rimovibili. La ristrutturazione ha incluso la realizzazione in esterni di un “giardino Alzheimer”, arricchito delle soluzioni necessarie a favorire il libero uso da parte di anziani con deterioramento cognitivo, limitazioni sensoriali e disabilità motorie. Oltre allo studio delle pendenze, dei raccordi e delle superfici calpestabili, il giardino include luoghi di interesse e sosta, fra cui un orto e aiuole realizzate su tavoli rialzati, accessibili anche a persone in carrozzina.
Gestione, personale, obiettivi
Il centro è gestito dalla cooperativa sociale La Meridiana, in virtù di un contratto di comodato d’uso con l’Amministrazione comunale di Monza. Il personale risponde ampiamente agli standard previsti dalla Regione Lombardia; oltre al coordinatore, che opera nel centro a tempo pieno, sono impegnati due educatori, un operatore socio-sanitario (OSS), tre ausiliari socio-assistenziali (ASA), un medico, un’infermiera professionale, una terapista della riabilitazione e una addetta alla cucina. L’organico è completato da volontari impegnati nelle attività di animazione e arricchimento relazionale, nei laboratori, in servizi logistici e di manutenzione o nei servizi di trasporto. Tutto il personale – dipendente, professionale o volontario – è coinvolto nelle attività di équipe e condivide l’esigenza di coniugare le competenze specifiche con l’impegno verso l’ascolto e il sostegno relazionale degli anziani incontrati. Il mix fra operatori professionali e volontari non è di immediata attuabilità, ma garantisce la diversificazione dei punti di vista e la ricerca di un equilibrio condiviso fra interventi tecnici e contenuti affettivi e relazionali. Una quota significativa dei volontari del centro è costituita da persone a loro volta anziane, desiderose di rimettersi in gioco e valorizzare le proprie risorse in termini di servizio e di produttività sociale.
L’attività formativa è intensa e ormai consolidata, soprattutto riguardo il tema delle sindromi di demenza e della gestione non contenitiva delle anomalie del comportamento. Tutti gli operatori si rifanno ai principi del metodo “Gentle Care”; la stessa Moira Jones ha visitato il Centro e ha tenuto uno stage per i suoi operatori e collaboratori; i suoi giudizi e consigli sono stati accolti e hanno condizionato l’ulteriore evoluzione degli interventi architettonici e delle soluzioni gestionali. Gli anziani con demenza hanno oggi a disposizione spazi, operatori e programmi dedicati. Gli obiettivi generali del centro sono quelli previsti dalla normativa regionale, arricchiti dall’esperienza specifica della cooperativa e dei suoi operatori, dal desiderio di tutelare in modo privilegiato la qualità di vita degli ospiti e di valorizzare le loro risorse residue. Obiettivi ulteriori sono quelli di alleggerire la solitudine e il rischio di isolamento delle persone anziane sole o prive di un significativo sostegno di comunità, prevenire l’istituzionalizzazione impropria ed offrire soluzioni tecniche specifiche a esigenze particolari, ad esempio di tipo riabilitativo o di adattamento funzionale alla vita quotidiana.
Sostenere i caregiver
Il tentativo resta quello di offrire soluzioni ragionevoli e amichevoli a esigenze per loro natura complesse, coniugando la correttezza tecnica con un modello organizzativo orientato alla persona. Particolare attenzione viene prestata a sostenere l’azione di eventuali caregiver e, soprattutto nel paziente con demenza, a non appesantire con proposte o interventi non sostenuti da adeguate evidenze scientifiche gli oneri già elevati del processo di assistenza domestica. Sono noti, ad esempio, il pericolo di indurre false aspettative, aggravare l’insicurezza delle persone o colpevolizzare impropriamente familiari già a rischio di sovraccarico emotivo. Questa impostazione è stata recentemente confermata dalla letteratura.
La revisione dell’American Association of Neurology sulla gestione del malato con demenza ha segnalato come i day hospital geriatrici gestiti in modo tradizionale sembrano facilitare il sovraccarico assistenziale e lo stress dei caregiver; al contrario i centri diurni a maggiore caratterizzazione sociale sembrano in grado di alleggerire lo stress e il carico di lavoro dei familiari (Doody, 2001). Il motivo è probabilmente collegato alla ridotta efficacia delle soluzioni tecniche proponibili – farmaci e modelli riabilitativi hanno in quest’ambito efficacia ridotta o assente – ma anche all’impegno logistico che esse determinano: ricordarsi gli appuntamenti, spostare il familiare, gestire gli adempimenti burocratici connessi, somministrare farmaci, adempiere a compiti. La sensazione di inadeguatezza dei familiari può così essere aggravata: il caregiver può attribuire a sé e ai propri limiti la ridotta efficacia delle soluzioni, soprattutto se l’équipe curante assume un atteggiamento indagatorio o superficialmente direttivo. Nel complesso, il carico assistenziale e la tenuta emotiva del sistema familiare sembra più spesso aggravato, invece che alleggerito, dalle prescrizioni sanitarie ricevute o dai trattamenti consigliati. Anche per questo motivo, il dibattito interno al gruppo di responsabili e operatori del Centro Costa Bassa è orientato a sottolineare il carattere di strumento intermedio o mezzo, e non di fine, delle soluzioni proposte, rispetto al privilegio dei desideri e dei contenuti emotivi della persona.
Un recente confronto fra esperienze europee ha confermato come l’esperienza dei centri diurni, nella fattispecie di quelli tedeschi, sembra interagire positivamente con lo stress dei caregiver e, ancora di più, con la sensazione di isolamento sociale della persona e del suo gruppo familiare. Altre esperienze in grado di intercettare uno o più dei determinanti dello stress e del sovraccarico dei caregiver sono elencate nella tabella 1. Le esperienze più efficaci nel ridurre il sovraccarico dei caregiver informali appaiono quelle dei Group living e Cantou svedesi e francesi. Importanti anche le ricadute dei servizi domiciliari di tipo sociale. Meno efficaci in proporzione, ma comunque utili, i ricoveri di sollievo. Gli Expert Centres sembrano influenzare positivamente la depressione o il sovraccarico assistenziale (Colvez, 2002). In questo senso i programmi in atto e quelli futuri della Cooperativa vanno verso l’ulteriore articolazione delle soluzioni proposte; il gruppo gestisce già, oggi, una RSA, un secondo centro diurno integrato specializzato nel sostegno alla persona con malattia di Parkinson, i 40 mono e bilocali protetti dell’Oasi San Gerardo e diverse attività di aggregazione e di animazione sociale. A breve questi interventi saranno integrati da una rete di servizi domiciliari di tipo sociale e socio-sanitario per anziani portatori di disabilità e esigenze sanitarie anche complesse e di servizi di prossimità per anziani fragili a rischio di confinamento.
L’evoluzione storica della popolazione accolta
Rispetto ai primi anni di apertura il centro è andato incontro a una modificazione sostanziale della popolazione di riferimento, solo in parte giustificata dall’evoluzione del contesto normativo. Dal 1983 ad oggi Costa Bassa ha accolto 375 anziani. La figura 1 riassume l’esito di tale accoglienza. 97 di essi (il 25,9% del totale) sono stati accolti in RSA successivamente alla frequenza del CDI; nei restanti casi la frequenza è ancora in atto, è cessata per il decesso della persona (15.7%) o per la prosecuzione solo domiciliare del piano di cura (45.1%). E’ la conferma indiretta del fatto che il CDI non si colloca in posizione intermedia rispetto alla storia naturale di persone anziane fragili o dipendenti, dopo un periodo di assistenza domiciliare e prima dell’istituzionalizzazione, ma al contrario tende a precedere la gestione delle fasi più gravi della loro storia naturale, destinata a concludersi entro i confini della casa – con o senza l’intervento di servizi formalizzati o di altre forme di sostegno domiciliare – o della RSA.
La seconda osservazione è che quest’ultima ipotesi riguarda una proporzione minoritaria della popolazione che ha frequentato il CDI: oltre tre quarti di essa conclude la propria esperienza di vita entro i confini della propria abitazione. La tabella 2 descrive la durata media della frequenza, espressa in giorni, per la popolazione totale e per maschi e femmine separatamente; come prevedibile, la durata della frequenza media è maggiore nella popolazione femminile. La figura 2 descrive graficamente la stessa durata espressa in anni e per la popolazione totale. Complessivamente il 78% degli anziani che hanno frequentato Costa Bassa lo hanno fatto per meno di 5 anni, il 16.2% per un periodo compreso fra i 5 e i 10 anni, il 3.8% per 10-15 anni e il 2% per più di 15 anni. Esistono quindi anziani che frequentano il Centro dalla sua apertura, come anziani che sono oggi figli o figlie di ospiti della prima ora. L’intersezione dell’attività del centro con la storia e i progetti di vita delle persone e delle famiglie incontrate è quindi significativa e meritevole di attenzioni dedicate. La figura 3 riassume la distribuzione degli anni di nascita degli ospiti registrati nell’archivio storico. La tabella 3 l’età all’ammissione e alla dimissione degli ospiti. L’età media all’ingresso è prossima ai 76 anni, quella alla dimissione agli 80. La dispersione è evidente e prevedibile. A parte l’accoglienza di alcune persone di età giovanile o adulta, con problemi di adattamento sociale, ritardo mentale o disabilità, l’estremo superiore alla dimissione ha sfiorato i 100 anni.
La figura 4 descrive l’andamento della durata media dell’accoglienza, espressa come media dei giorni di frequenza dall’inizio dell’ammissione alla sua fine; la popolazione è divisa per anno di inizio della frequenza ed è calcolata sulla sola quota parte non più presente nel centro; il dato descrive quindi l’andamento delle accoglienze delle persone che hanno già esaurito, per diversi motivi, la finestra di frequenza del CDI. Emerge una progressiva riduzione della durata media dell’accoglienza, che riflette probabilmente l’evoluzione della natura delle esigenze e dell’organizzazione del centro; da centro di aggregazione per anziani soli e con iniziali limitazioni dell’autonomia, a struttura di riferimento per anziani con crescenti limitazioni funzionali. Gli anni cruciali per tale evoluzione appaiono quelli a cavallo del 1990, ma anche il periodo successivo al 2000 sembra caratterizzato da una frequenza media più ridotta; essa sembra stabilizzarsi intorno ad una durata tendenzialmente inferiore all’anno, rispetto alla frequenza decisamente pluriennale degli anni precedenti. La figura 5 riassume l’evoluzione nel tempo dell’età media all’ammissione degli ospiti del centro, e quella del numero di nuove ammissioni per anno. Entrambi dimostrano una modesta evoluzione della tendenza, rispettivamente verso l’aumento e verso la riduzione, ma certamente meno decisa rispetto a quella della durata media dell’accoglienza. In genere, l’età media degli ospiti sta lentamente aumentando mentre il numero di nuove ammissioni per anno, e il conseguente turnover degli ospiti, sta lentamente riducendosi.
La popolazione attuale
La popolazione che attualmente frequenta il centro è complessivamente di 50 persone, 28 delle quali vivono sole, 3 con una operatrice domestica e 19 con altri familiari. 4 persone ricevono anche le prestazioni del servizio di assistenza domiciliare del comune di residenza, 11 quelle di operatori domiciliari appartenenti a servizi privati. 42 utenti pagano in proprio la retta del centro, mentre 8 sono sostenuti in tutto o in parte dal proprio comune. La tabella 4 descrive la distribuzione per età degli ospiti. 20 persone sono attualmente in lista di attesa.
Rispetto alle funzioni della vita quotidiana il 36.3% della popolazione attuale ha un punteggio IADL compreso fra 1 e 4 e il 15.9% mostra la perdita totale dell’autonomia quotidiana di tipo strumentale; il 27.2% ha invece un punteggio ADL uguale o inferiore a 2. Solo un quarto della popolazione attuale mostra piena autonomia nelle funzioni quotidiane di base. La proporzione di ospiti con livelli più o meno elevati di deterioramento cognitivo è significativa. Il MMSE corretto per età e scolarità ritorna un punteggio uguale o inferiore a 8 per 6 ospiti, compreso fra 8 e 24 per 22 ospiti e superiore a 24 per altri 20. 13 pazienti sono in trattamento riabilitativo individuale per problemi neurologici, ortopedici o per le conseguenze di traumatismi recenti. 11 sono gli anziani affetti da diabete mellito, 2 dei quali in trattamento insulinico, e 28 quelli in trattamento antiipertensivo continuativo.
Conclusioni
I dati riportati descrivono l’evoluzione storica di un centro diurno per anziani. Da una gestione essenzialmente orientata a offrire sostegno e compagnia a anziani soli o in situazioni di isolamento sociale, la tendenza attuale sembra quella verso la progressiva prevalenza di una popolazione più complessa e con una valenza più alternativa al ricovero in RSA o alla presa in carico da parte dei servizi domiciliari formalizzati di tipo sociale o sanitario. I due sottogruppi in parte si sovrappongono e sono entrambi ancora presenti, in funzione anche delle caratteristiche del centro, della sua storia e delle esigenze della comunità. La popolazione attuale riflette comunque quella prevista dalla DGR 22 marzo 2002 n.7/8494 che descrive le regole di autorizzazione al funzionamento e accreditamento dei CDI attivi sul territorio della Regione Lombardia, e che fa riferimento a una popolazione con compromissione dell’autosufficienza, affetta da pluripatologie cronico-degenerative oppure (od anche) sola e con un discreto livello di autonomia ma a rischio di emarginazione dalle cure. La delibera fa anche riferimento a sottogruppi di anziani inseriti in un contesto familiare o solidale, ma per i quali l’assistenza domiciliare risulta insufficiente o troppo onerosa.
Bibliografia
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Giunco F. (a cura di). Anziani e centri diurni. Una metodologia dall’esperienza. Milano, Franco Angeli, 1994.