9 Novembre 2022 | Domiciliarità

Un progetto innovativo di assistenza domiciliare: “Optimus Domi”

“Optimus Domi” rappresenta un protocollo innovativo di assistenza domiciliare. Ideato da Paola Brignoli, trae origine dall’approccio Person Centred Care (PCC) (Kitwood, 1993) e si basa sulla centralità della persona, indipendentemente dall’età o dallo stato di salute. Il fine ultimo di “Optimus Domi” è quello di elevare la qualità della vita mediante trattamenti psicosociali, non farmacologici.


“Optimus Domi” nasce nel 2002 per rispondere ai bisogni di assistenza delle persone fragili che necessitano di assistenza a domicilio e si implementa nel corso degli anni. Il modello viene immediatamente utilizzato e di conseguenza sperimentato dall’Associazione InsiemeAte Onlus. Inizialmente gli assistiti erano quaranta per arrivare ad un picco di circa trecento. Negli ultimi anni le famiglie che hanno utilizzato questo tipo di servizio sono state circa 35001. La maggior parte delle famiglie sono collocate nella provincia di Bergamo; altre assistenze sono state attivate sul territorio milanese, bresciano e fuori regione.

 

Il modello di assistenza prevede protocolli e procedure specifiche e tutto viene registrato in un gestionale creato ad hoc; il progetto assistenziale, gli interventi, i colloqui con i familiari e l’assistente, le aree formative, le valutazioni – attraverso la somministrazione di scale validate – e i risultati. Attualmente il modello di assistenza è in fase di sperimentazione con l’Associazione Innovative Elder Research e l’Università di Bergamo per la sua validazione.

 

Un modello innovativo in continua evoluzione

“Optimus Domi” è un modello sempre in movimento per rispondere in modo realistico ai bisogni degli utenti e delle famiglie, che continuamente cambiano. L’utenza muta e le esigenze delle famiglie necessitano di risposte eterogenee e di qualità per permettere alla persona anziana o semplicemente fragile, di vivere il più a lungo possibile in autonomia nella propria casa, nel proprio contesto sociale, con le proprie abitudini. Il progetto ha dunque l’obiettivo principale di garantire il diritto di “invecchiare bene” nella propria abitazione evitando l’isolamento, oltre a voler fornire un supporto ai malati con decadimento cognitivo di tipo Alzheimer attraverso un “protocollo dinamico”, con l’applicazione di Terapie Non Farmacologiche2.

 

Risulta chiaro che il percorso di assistenza necessita di periodiche revisioni al fine di affinare il trattamento e renderlo via via aderente all’evoluzione delle condizioni del malato. In tale ottica, attraverso questionari di “satisfaction” volti ai caregivers si monitora il grado di soddisfazione del servizio e si rimodulano interventi mirati in risposta al bisogno emergente. Un ulteriore aspetto innovativo è dato dal fatto che il protocollo è modulato sulla valutazione dell’aspetto cognitivo dell’assistito, sulla relazione e sull’ambiente in cui risiede. Si considera perciò il benessere psicofisico nel suo complesso3. Inoltre, affinché le Terapie Non Farmacologiche siano di reale supporto si ritiene fondamentale avere un quadro generale dell’assistito e una conoscenza della storia di vita della persona, elementi che portano a decisioni personalizzate.

 

In linea con quanto riportato sopra, l’approccio di Optimus Domi si basa su tre pilastri fondamentali:
• la relazione;
• l’ambiente;
• l’alimentazione.
L’intervento assistenziale viene progettato e sviluppato prestando attenzione all’identità, alla storia di vita, ai legami ed alle relazioni che la persona ha costruito nel proprio contesto di vita, al fine di instaurare una proficua relazione con il soggetto che necessita di assistenza.

 

Il metodo “Optimus Domi”

Il metodo “Optimus Domi” segue una procedura a step che prevede un iniziale colloquio utente-familiare. Successivamente il tutor specialista dell’invecchiamento, dopo la visita preliminare, effettua un incontro in equipe per valutare e individuare l’assistente più idoneo. Il tutor è una figura chiave nel modello di assistenza, deve avere conoscenze riguardanti l’assistenza domiciliare, le patologie cronico degenerative -in particolare sulle demenze- e possibilmente esperienza sul campo o una laurea in psicologia. La visita preliminare all’interno della casa per conoscere l’assistito e i familiari e per prendere visione dell’abitazione stessa è importantissima e la presenza del familiare referente è indispensabile. Da qualche mese questa visita viene svolta in equipe con un’infermiera che valuta il benessere sanitario e laddove necessario si interfaccia con il medico di medicina generale.

 

Questa fase prevede uno screening attraverso la somministrazione di test e scale quali MMSE (Mini-Mental State Examination)4, ADL (Activities of Daily Living)5, IADL (Instrumental Activities of Daily Living)6 che, assieme ad una check list, concorrono ad elaborare una scala di valutazione globale della persona. Sulla base della valutazione e dei bisogni che emergono, viene poi in equipe elaborato il P.A.I. (Piano Assistenziale Individualizzato) che viene condiviso con la famiglia del paziente (si veda Figura 1).

 

Figura 1 – Prima fase del metodo “Optimus Domi”

 

La seconda fase si articola nel coinvolgimento di un assistente familiare, che viene formato, indirizzato e supportato dal tutor affinché il processo assistenziale sia svolto in modo corretto e rispetti le linee guida, attuando il protocollo assistenziale individualizzato. La formazione dell’assistente viene fatta in sede dal tutor sulla specifica realtà dove andrà a svolgere l’assistenza e, successivamente, sulla base delle esigenze della persona, viene affiancato sul campo. Inoltre, vengono predisposte, da parte del tutor, formazioni più specifiche inerenti particolari patologie o bisogni speciali, laddove vengano riscontrati (si veda Figura 2).

 

Figura 2 – Seconda fase del metodo “Optimus Domi”

 

La terza fase coinvolge il tutor attraverso visite al domicilio, fasi cicliche di osservazione, valutazione e monitoraggio del servizio assistenziale e un parallelo aggiornamento costante del P.A.I. Il tutor, attraverso l’osservazione effettuata al domicilio ed il colloquio con la persona, con l’assistente ed il familiare, monitora il percorso assistenziale prevedendo interventi formativi/supportivi rivolti ai diversi attori coinvolti. Il modello “Optimus Domi” prevede altresì interventi legati al contesto familiare. Il tutor propone incontri di sostegno, confronto e formazione con i familiari, indirizza la famiglia ad effettuare valutazioni più approfondite (qualora ne ravvisi la necessità), valuta e condivide con la stessa la possibilità di coinvolgere l’assistito in progetti innovativi atti a stimolare e mantenere autonomie e competenze e quindi una miglior qualità di vita all’interno della propria casa, possibilmente lungo tutto il percorso (si veda Figura 3).

 

Figura 3 – Terza fase del metodo “Optimus Domi”

 

Attualmente a domicilio viene inserita la terapia della bambola per contrastare disturbi del comportamento e per stimolare l’utente in caso di apatia o depressione. L’efficacia della terapia della bambola è ormai provata ed è applicabile anche in un contesto domestico. Ancora, presso la sede possono essere attivate sedute di stimolazione cognitiva con uno psicologo e sedute multisensoriali. Infine, per il prossimo futuro si prevede la formazione, nei casi di decadimento cognitivo, ai familiari, attraverso il Virtual Dementia Tour a domicilio.

 

La necessità di un accreditamento regionale

Ad oggi, l’Associazione InsiemeAte Onlus che applica questo modello, non è ancora riuscita ad accreditarlo in Regione Lombardia, step necessario per ottenere voucher come sostegno economico per le famiglie. A tal fine è stato fatto un incontro in Regione Lombardia con l’assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari Opportunità e si attendono sviluppi sulle posizioni della regione sull’assistenza socioassistenziale domiciliare.

 

Le famiglie esprimono il bisogno di avere all’interno della propria casa un team multidisciplinare non solo in grado di assolvere ai bisogni di base dell’assistenza, ma anche capace di prevenire o segnalare precocemente bisogni sanitari, i quali se individuati in tempo possono ridurre le spese di un’assistenza sanitaria più complessa. La costante della filosofia Optimus Domi è ritenere la casa il luogo più adatto per vivere la vecchiaia (salvo in caso di malattie gravi che necessitano di assistenza medica continua). Rimanere nel proprio contesto sociale, nella propria abitazione, nella propria rete di relazioni sociali, è fondamentale, sebbene le famiglie siano sempre più in difficoltà.

 

Va evidenziato che l’Associazione InsiemeAte Onlus per accompagnare i familiari ad una maggiore comprensione della malattia – soprattutto malattia di Alzheimer- è diventata partner di Wind Dreams, per diffondere il Virtual Dementia Tour, frutto di ricerche ventennali da parte di P. K. Beville (2002), fondatrice di Second Wind Dreams®7. Il VDT® è un percorso esperienziale individuale che viene condotto da personale certificato attraverso l’uso di specifici ausili, che permette alla persona di vivere con maggiore consapevolezza le difficoltà e le limitazioni del malato di Alzheiemer o demenza.8. Questo percorso viene proposto ai familiari che si trovano a dover affrontare la malattia di Alzheimer al fine di aiutarli a comprendere la malattia, favorendo un nuovo modo di comunicare con il proprio caro, capace di portarli ad una maggiore serenità e a riconoscere il valore della persona oltre la malattia.

 

I cambiamenti del modello familiare e le nuove esigenze

Negli ultimi vent’anni il modello familiare mediterraneo ha subito dei mutamenti significativi. Si è assistito via via ad un allontanamento dal modello male breadwinner a favore di un’inclusione attiva della figura femminile nel contesto familiare. Questo cambiamento ha portato ad una diminuzione del tempo familiare da dedicare alla cura dei soggetti più deboli. Pertanto, è fondamentale dare un sostegno concreto alle realtà familiari mediante un servizio di assistenza capace di garantire una qualità operativa in ottica collaborativa con i familiari stessi. In tale modo è altresì possibile rallentare l’ingresso degli utenti nel sistema sanitario con conseguente diminuzione della spesa collettiva.

 

Il modello “Optimus Domi” è capace di interfacciarsi con gli attori pubblici o accreditati per i servizi sanitari attraverso un gestionale in grado di tenere tracciato ogni intervento effettuato, ogni valutazione, ogni P.A.I.. Dunque, potrebbe rappresentare una risorsa importante, uno snodo di segnalazione alla rete sociosanitaria e sanitaria per una presa in carico puntuale e proficua. I protocolli prevedono che gli assistenti familiari e i tutor – laddove necessario – collaborino con gli operatori dell’ADI, con i medici di base e segnalino ai tutor i cambiamenti sentinella che potrebbero determinare la necessità di attivare servizi specialistici domiciliari.

 

Si assiste ogni giorno a dimissioni “protette” di anziani che prima dei ricoveri erano autonomi e vivevano da soli e che al loro rientro a domicilio hanno bisogno di aiuto in tutte le attività della vita quotidiana. Parallelamente, grazie al modello Optimus Domi, vengono accolte molte famiglie logore da un’assistenza pesantissima a genitori o coniugi affetti da demenza, il cui equilibrio familiare è stato messo sotto assedio e talvolta distrutto. Per contribuire ad alleviare tali difficoltà è infatti fondamentale organizzare servizi socioassistenziali eccellenti per la qualità di vita degli assistiti e delle famiglie. Il fatto di affidarsi ad una realtà con un’esperienza pluriventennale che offre un servizio completo a domicilio con figure multidisciplinari in grado di rispondere velocemente all’insorgere di imprevisti fa sentire le famiglie sollevate e rassicurate e non soli nel gestire il proprio caro. Tuttavia, l’Associazione InsiemeAte Onlus non riesce a garantire il sostegno economico che l’RSA assicura. È profondamente ingiusto mettere le famiglie davanti alla scelta di assistere il proprio caro a casa o di portarlo in una struttura! La propria casa è il luogo di cura migliore per ogni persona, il luogo in cui la relazione d’affetto è conservata nella libera intimità, il luogo in cui la persona mantiene il legame con i propri spazi, le proprie cose, i propri ritmi di vita.

Note

  1. Si consideri che in media la realtà va incontro a 90 decessi annuali e a qualche interruzione del servizio per scelte famigliari, pochissime per malcontento.
  2. Si tratta di tecniche utili a rallentare il declino cognitivo e funzionale, controllare i disturbi del comportamento e compensare le disabilità causate dalla malattia, utilizzate a supporto dei farmaci.
  3. L’attenzione al benessere psicofisico nel suo complesso comporta anche una corretta alimentazione e igiene della persona, elementi fondamentali per una buona qualità di vita.
  4. Il “Mini Mental Status” o “Test” è un breve esame per valutare lo stato neuro-cognitivo e funzionale di un paziente. Permette attraverso poche e semplici domande mirate come pure piccoli compiti grafici di sondare diversi domini della funzione cerebrale.
  5. Le attività della vita quotidiana (Activities of Daily Living) sono le attività che un individuo adulto compie in autonomia e senza il bisogno di assistenza per sopravvivere e prendersi cura di sé.
  6. Le Instrumental ADL (IADL) sono attività che non sono indispensabili per la sopravvivenza, ma permettono alle persone di vivere in modo indipendente all’interno di una comunità.
  7. Second Wind Dreams® (SWD®) è un’organizzazione internazionale no profit, con sede a Roswell (Georgia), fondata dalla specialista in geriatria P.K. Beville nel 2007 ed è riconosciuta come la numero uno nella nazione nell’impegno per trasformare la percezione dell’invecchiamento attraverso la realizzazione dei sogni degli anziani. La stessa P.K. Beville ha ideato il percorso esperienziale del Virtual Dementia Tour® (VDT®), un metodo brevettato originale, innovativo e scientificamente provato per costruire una maggiore comprensione del tema della demenza.
  8. Concretamente vengono poste domande prima e dopo l’esperienza attraverso la somministrazione di questionari e un certificatore valuta il percorso e le risposte dando alla fine una serie di feedback sul cambiamento di percezione della malattia e del malato oltre ad una serie di corrette modalità di relazione col malato.

Bibliografia

Beville P. K. (2002), The Virtual Dementia Tour: A call to action for sensitivity training, in American journal of Alzheimer’s disease and other dementias, 17(9):261-2.

Kitwood T. (1993), Towards a theory of dementia care: The interpersonal process, in Ageing and Society, 13(1):51–67.

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