25 Gennaio 2023 | Residenzialità

Che cosa intendiamo quando parliamo di maltrattamento degli anziani nelle strutture residenziali?

In Italia il maltrattamento degli anziani è un argomento poco trattato, a differenza della maggior parte degli altri paesi sviluppati nei quali, da anni, si susseguono studi e ricerche con elaborazione di Linee Guida volte alla prevenzione del fenomeno. Nel contributo Luca Fazzi definisce il maltrattamento secondo quanto stabilito dalla letteratura internazionale e identifica i principali fattori di rischio, mettendo in evidenza quanto il rischio di maltrattamento sia fortemente radicato nelle relazioni di cura e quanto siano urgenti riflessioni serie sul tema per attuare strategie di prevenzione efficaci.

Che cosa intendiamo quando parliamo di maltrattamento degli anziani nelle strutture residenziali?

Il maltrattamento è un tema complesso e articolato e le sue manifestazioni assumono forme variegate, non necessariamente imputabili alla volontà di fare del male. Per esempio, il comportamento da parte di un operatore che durante l’igiene mattutina viene colpito da un gesto scomposto di un anziano demente che non lo ha riconosciuto e per reazione lo spinge con forza sul letto come può essere catalogato? Un comportamento non intenzionale messo in atto senza intenzione di fare male? Oppure un gesto che, causando la caduta dell’anziano, rientra comunque nel maltrattamento fisico, anche senza assumere una dimensione di intenzionalità esplicita a nuocere alla persona coinvolta nell’interazione?

 

Il maltrattamento come fenomeno complesso

Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per maltrattamento rivolto a persone anziane si deve intendere “ogni azione, singola o ripetuta, oppure l’assenza di un’azione adeguata, che causa sofferenza o danni, nell’ambito di una relazione connotata da un’aspettativa di fiducia nei confronti del caregiver” (OMS, 2022). Non è dunque l’intenzionalità a contraddistinguere il maltrattamento, ma il danno. Utilizzare questa definizione più ampia per parlare di maltrattamento è essenziale perché spesso dirigenti e operatori intendono con questo termine forme di comportamento intenzionalmente arbitrarie e caratterizzate da violenza manifesta e, la reazione quasi inevitabile, è di respingere l’avvio di qualsiasi discussione sull’argomento.

 

Le forme del maltrattamento riconosciute in letteratura sono plurali (Fazzi, 2021). Il maltrattamento fisico si riferisce a violenza fisica come strattonamenti, spinte e contenimenti non giustificati, causate dal comportamento dei caregivers nei confronti degli anziani. Il maltrattamento sessuale consiste in tutti quei comportamenti che implicano un abuso, sia fisico che verbale, inerente la sessualità dell’anziano: quindi violenze esplicite, ma anche irrisioni o ammiccamenti a sfondo sessuale. Il maltrattamento economico è relativo ai furti o alle sottrazioni di oggetti e beni. Questo può riguardare un portafoglio, vestiti, prodotti di igiene personali, sottratti e sostituiti con beni di minore valore per non “dare nell’occhio”. Il maltrattamento psicologico e emotivo è la forma di abuso meno visibile e si compone di atteggiamenti svalutanti, mancato rispetto delle persone, infantilizzazione e ogni altra forma di comportamento che causa, nelle persone che lo subiscono, disistima, frustrazione e umiliazione. Infine è catalogabile come maltrattamento anche l’incuria. L’incuria si riferisce a comportamenti di mancata stimolazione fisica e sociale degli anziani, a mancanza o carenza di nutrizione, pulizia e cure, all’assenza di precauzioni per la sicurezza e a un trattamento medico e sanitario inappropriato.

 

A livello internazionale, le stime relative alla diffusione del maltrattamento sono variegate e risentono di molteplici fattori di tipo statistico, sociale e culturale. Yon e colleghi (2019) in una delle più complete rassegne di letteratura attualmente disponibili indicano che la forma di maltrattamento più diffusa nelle strutture residenziali per anziani è l’abuso psicologico e emotivo che riguarda circa un anziano istituzionalizzato su tre. Più basse sono le stime relative alle altre forme di maltrattamento, anche se trattandosi di comportamenti che hanno luogo in strutture deputate alla cura degli anziani, riportano dati che dovrebbero fare riflettere. Il maltrattamento fisico interesserebbe il 14,1% degli anziani istituzionalizzati, il maltrattamento economico il 13,8%, l’incuria l’11,6% mentre il maltrattamento sessuale il 1,9%. L’elemento che induce a prendere seriamente in considerazione la drammaticità del fenomeno è che i dati rilevati nelle strutture, se comparati con le stime del maltrattamento in setting domiciliari e comunitari ovvero fuori dalle strutture, sono nettamente più elevati.

 

Cosa sappiamo delle cause del maltrattamento in struttura?

Anche se in Italia il tema è ancora scarsamente indagato, il maltrattamento in struttura a livello internazionale (Storey, 2020) è un fenomeno studiato da anni. Dal dibattito si possono trarre indicazioni che permettono di individuare i cosiddetti fattori di rischio, ovvero condizioni esperienze, aspetti degli stili di vita e dell’ambiente, nonchè caratteristiche individuali di chi riceve e chi offre le cure che aumentano la probabilità che si verifichi una qualche forma di abuso (Alraddadi, 2022).

 

I livelli su cui si posizionano i fattori di rischio sono tre: i) le relazioni tra operatori e utenti, ii) l’organizzazione del lavoro e iii) le politiche di sistema.

 

Le relazioni tra operatori e anziani

I fattori di rischio di maltrattamento più indagati sono collegati alle relazioni tra operatori e anziani, relazioni all’interno delle quali giocano un ruolo determinante le caratteristiche personali dei soggetti coinvolti e la struttura del rapporto tra le parti. La cura di molti anziani risulta particolarmente complessa per i caregivers a causa della natura delle patologie da cui sono affetti. L’anziano con malattie come l’Alzheimer può mettere in atto comportamenti aggressivi, essere particolarmente difficile da assistere creando un forte stress per caregiver e operatori. Le medesime difficoltà nell’assistenza possono riguardare anche anziani con problemi caratteriali o disturbi di personalità oppure ospiti particolarmente fragili che richiedono un elevato e costante livello di assistenza e che risultano impossibilitati a difendersi da potenziali agiti maltrattanti. Anche la condizione di isolamento dalle reti famigliari e informali dell’anziano, quando ricoverato in struttura, è considerata una caratteristica che aumenta il rischio di maltrattamento perchè le visite dei parenti rafforzano il controllo sociale e il monitoraggio della condizione degli assistiti.

 

Gli studi sugli “aggressori” imputano le cause del maltrattamento a caratteristiche individuali degli operatori. La preparazione e l’esperienza degli operatori sono i principali requisiti per relazionarsi, in modo professionale e adeguato, con persone “difficili”. È più facile che personale con bassa formazione, alle prime armi e con scarsa preparazione tecnica incorra in errori e metta in atto comportamenti non appropriati. Altre caratteristiche degli operatori associate a un maggiore rischio di abusi sono i problemi psichiatrici, l’uso di droghe e alcool così come i tratti di personalità disturbati e le esperienze di trattamento o ospedalizzazione psichiatrica. Si aggiungono inoltre stati di frustrazione, rabbia e disagio sociale e componenti culturali e linguistiche che incidono negativamente sulla capacità di affrontare in modo adeguato i problemi di assistenza e sul rischio di incomprensioni e conflitti.

 

In linea generale, più una relazione è asimmetrica in termini di potere, maggiore è il rischio che la parte più forte si approfitti di quella più debole in modo sia intenzionale che non intenzionale. La dipendenza, sia degli anziani nei confronti dei caregiver che viceversa, dei caregiver nei confronti degli anziani, costituisce inoltre un altro elemento che può scatenare stress e aggressività.

 

Tabella 1 – I fattori personali e interpersonali che aumentano il rischio di maltrattamento nelle strutture

 

I fattori organizzativi

Le relazioni tra operatori e anziani in una struttura residenziale non si collocano in un vacuum. L’organizzazione del lavoro in una struttura di cura costituisce il tessuto all’interno del quale avvengono i rapporti tra le persone: dal modo in cui il lavoro è organizzato dipendono importanti dinamiche e fattori direttamente associabili a un maggiore o minore rischio di maltrattamento. I principali fattori organizzativi analizzati dalla letteratura che incidono direttamente sul rischio del maltrattamento sono: i) la selezione, formazione e supervisione del personale; ii) gli organici e i carichi di lavoro iii) le politiche salariali; iii) i modelli di organizzazione del lavoro; iv) il clima organizzativo, vi) le regole per favorire la comunicazione a tutela degli anziani e vii) le interazioni con i famigliari e la comunità.

 

La prima potenziale causa organizzativa del maltrattamento è legata alle procedure di selezione, formazione e supervisione del personale. Meno cura è posta nella selezione, più si ricorre al reclutamento di operatori senza o con scarsa formazione; minori sono i programmi di formazione continua del personale e di supervisione, più alto è il rischio di maltrattamento. Gli organici e i carichi di lavoro devono essere adeguati all’impegno richiesto nell’organizzazione delle cure: più si registrano sovraccarichi di lavoro dovuti ad organici ridotti, maggiore è il rischio di abusi. Le politiche salariali costituiscono un altro fattore problematico perché più il personale è frustrato maggiormente incorre nel rischio di esprimere la propria aggressività verso i soggetti più deboli. Inoltre, le stesse possibilità di reclutare personale preparato e professionale con bassi salari decrescono.

 

Anche i modelli di organizzazione del lavoro sono connessi con il rischio di abusi. Dove prevale la standardizzazione delle procedure, l’attenzione sui bisogni delle persone si riduce e possono facilmente aumentare il maltrattamento psicologico ed emotivo e l’incuria. Anche il lavoro per compiti e non per progetti concorre a creare condizioni di rischio di abuso. Il clima organizzativo influisce sulle motivazioni, sul burn-out e sulla percezione di equità del personale. Climi organizzativi deteriorati in cui prevale la sfiducia tra colleghi e nei confronti dei superiori sono ambienti in cui il maltrattamento è maggiormente diffuso e presente1. In presenza di regole esplicite che promuovono la comunicazione aperta tra anziani, famigliari e struttura, molti problemi per esempio nella difficoltà di relazione tra singoli operatori e anziani possono essere segnalati e risolti preventivamente. In questi casi colleghi, famigliari e gli stessi anziani sono più incentivati a segnalare o denunciare eventuali violazioni.

 

Infine, un fattore organizzativo che influenza il rischio di maltrattamento riguarda il rapporto che le strutture intrattengono con il territorio, le limitazioni all’accesso dei famigliari e la chiusura nei confronti della comunità2. Più i rapporti con la comunità sono promossi e più elevato è il controllo sociale informale. Le relazioni con i famigliari sono invece considerate importanti perché un clima di collaborazione con le strutture agevola le comunicazioni.

Tabella 2 – I fattori organizzativi che aumentano il rischio di maltrattamento nelle strutture

 

Le politiche di sistema

Il maltrattamento trova le sue origini anche nelle politiche di sistema ovvero nelle decisioni delle autorità regionali e nazionali relative alla regolazione del funzionamento delle strutture. I principali aspetti sono: i) l’entità dei finanziamenti, ii) gli standard di personale, iii) gli standard di qualità. Il finanziamento incide sulla qualità delle cure perché, per garantire servizi adeguati, in assenza di adeguate risorse le strutture devono aumentare le rette di ricovero, con effetti negativi per le famiglie, oppure sono costrette ad intervenire sul personale, che rappresenta in genere la principale fonte di costo delle strutture, riducendo i livelli assistenziali e/o le condizioni contrattuali.

 

Il rischio di maltrattamento dipende quindi anche dagli standard di personale stabiliti dalle autorità pubbliche per accreditare o autorizzare i servizi. Per esempio, autorizzare una riduzione del numero degli infermieri da 1 ogni 10 anziani a 1 ogni 15 come recentemente accaduto in alcune regioni per fare fronte al problema del reclutamento del personale , implica un forte incremento di stress lavorativo e un aumento esplicito del rischio di incuria. I computi del minutaggio appropriato per garantire le cure costituiscono un altro classico fattore connesso agli standard di personale, che contribuisce a diminuire o aumentare i rischi di maltrattamento. Un numero esiguo di minuti per l’igiene della persona, per esempio, impatta negativamente sul lavoro di cura degli anziani, in particolare quelli affetti da demenza che sono più refrattari a farsi assistere e possono incorrere facilmente in reazioni aggressive di fronte a operatori che non riconoscono. Il tempo a disposizione per la cura è quindi collegato al rischio di incuria. Gli standard di qualità possono riguardare infine i requisiti di struttura, il mix di profili richiesti per erogare le cure, l’impiego di procedure e protocolli, ecc. Maggiore è la rigidità dei requisiti e dei protocolli più difficile risulta per esempio personalizzare le cure.

Tabella 3 – I fattori relativi alle politiche di sistema che aumentano il rischio di maltrattamento nelle strutture

 

La complessità e l’intersezione dei fattori che concorrono ad aumentare il rischio di maltrattamento dimostra chiaramente come non sia possibile imputare tale fenomeno solo a problemi di interazione tra operatori e anziani. Il livello della relazione interpersonale è quello in cui esplodono con più frequenza le tensioni, ma è anche lo spazio in cui si accumulano contraddizioni e decisioni organizzative e di policy in cui i singoli operatori rischiano di essere più vittime che carnefici.  Scelte di riduzione degli standard di personale o di esternalizzazione di servizi a basso costo, per esempio, possono creare le condizioni ideali per l’esplodere di fenomeni di abuso. Allo stesso modo, decisioni relative agli standard di qualità assunte a livello di autorità regionali o nazionali possono imporre alle singole organizzazioni condizioni e scelte che favoriscono l’evolvere di condizioni favorevoli agli abusi anziché porre le premesse per prevenirle ed evitarle. Importante è riconoscere che i tre livelli micro meso e marco sono dunque strettamente intrecciati e che gli episodi di maltrattamento hanno quasi sempre responsabilità diffuse su tutti i piani e sui ruoli di responsabilità.

 

Conclusioni

Uno dei tabù nel dibattito sulle cure agli anziani in struttura è il maltrattamento. L’Italia è uno dei pochi paesi occidentali in cui l’argomento solleva così tante remore nell’essere toccato. Non è chiaro quali siano i motivi di questa rimozione. Una ragione per cui si parla poco di maltrattamento è da imputarsi al fatto che esso è un fenomeno difficile da diagnosticare, perchè molti dei sintomi di abuso rientrano nel più ampio concetto di ‘sindrome geriatrica’ ovvero sono assimilabili ad effetti di patologie tipiche dell’età avanzata. In Italia, paese dalle tradizioni cattoliche, è anche ipotizzabile che il senso di colpa ancora culturalmente diffuso nell’istituzionalizzazione degli anziani svolga un ruolo importante nell’occultare il fenomeno.

 

Il maltrattamento però, ancora più spesso, rischia di essere oggetto di un processo di ‘trivializzazione’ che induce a semplificarne le manifestazioni. Nell’opinione comune i comportamenti maltrattanti sono associati alle immagini drammatiche riportate dai media su abusi intenzionali, registrati dalle telecamere delle forze dell’ordine, in cui operatori picchiano e abusano fisicamente di anziani indifesi. Se il maltrattamento fosse rappresentato solo da questo tipo di violenza, effettivamente la grandissima parte delle strutture non risulterebbe interessata dal fenomeno e questo spiegherebbe anche una certa avversione da parte di dirigenti e amministratori nel confrontarsi su questi temi intesi come problema diffuso e radicato.

 

In realtà, il maltrattamento è un fenomeno strisciante che si inculca all’interno delle strutture attraverso processi organizzativi, sociali e culturali di cui non sempre vi è piena consapevolezza. Acquisire maggior consapevolezza di questo fenomeno, riconoscendo che esso esiste ed è presente nelle strutture per anziani in forme plurali e silenziose, è un passo importante che riguarda più ambiti e livelli di responsabilità e rappresenta la premessa ineludibile per iniziare a pensare a serie strategie di prevenzione.

Note

  1. In queste situazioni l’anziano può diventare il capro espiatorio di rabbia e insoddisfazione del personale
  2. La possibilità di accesso dei famigliari in struttura aumenta a sua volta il controllo e il monitoraggio della condizione degli anziani. Le restrizioni introdotte per fronteggiare la pandemia nelle strutture hanno comportato per un lungo periodo il divieto delle visite dei famigliari e ciò ha aumentato l’isolamento degli anziani e ridotto il controllo sociale informale rispetto alle loro condizioni.

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