L’emergenza Covid ha impattato in modo drammatico sulle strutture residenziali per anziani, sia a livello internazionale che in Italia (Pesaresi, 2020). La mortalità, specie nella prima fase di emergenza, è stata molto elevata e, per due anni, la gestione è risultata estremamente faticosa.
Durante l’emergenza le condizioni di lavoro interne alle strutture sono diventate particolarmente difficili e questo ha esacerbato i fattori che aumentano il rischio di maltrattamento come lo stress del personale e degli stessi anziani, i sovraccarichi di lavoro e l’interruzione dei controlli informali rappresentati dalle visite dei famigliari (Weissberger e colleghi, 2022). Il fenomeno del maltrattamento era in crescita già prima della pandemia.
Le linee guida UPIPA
Il maltrattamento dell’anziano in struttura è un fenomeno composito che può assumere connotazioni più esplicite come la violenza fisica e sessuale oppure più difficili da osservare e sottili come l’abuso economico e, soprattutto, quello emotivo, psicologico e l’incuria. Le linee guida più aggiornate per la prevenzione del rischio di maltrattamento nelle strutture residenziali attualmente disponibili in Italia sono state redatte attraverso un progetto di costruzione partecipata denominato MaltrattamentoZero, durato più di un anno e realizzato da UPIPA – Unione provinciale Istituzioni per l’assistenza del Trentino nel 2019 (UPIPA, 2019).
Il tema del maltrattamento degli anziani solleva reazioni di forte disagio tra direttori e operatori per molti motivi: l’impatto emotivo degli abusi, la difficoltà a tematizzare un fenomeno che manifesta sintomi spesso simili a quelli delle patologie invalidanti tipiche dell’età anziana, il rischio di creare tensioni interne all’organizzazione del lavoro difficili da governare e, più in generale, una certa avversione ad affrontare un fenomeno che si manifesta a livello mediatico in comportamenti di abuso fisico che, nella gran parte delle strutture, non risulta essere effettivamente presente. Per ragionare di maltrattamento e di strategie di prevenzione e gestione del fenomeno con il personale delle strutture superando legittimi timori e reticenze, è stato promosso un processo di coinvolgimento aperto a tutte le oltre quaranta strutture aderenti alla rete Upipa. Hanno aderito all’iniziativa promossa dalla rete dodici strutture per un totale di circa ottanta partecipanti tra dirigenti, coordinatori e operatori.
Durante la prima fase del processo sono stati organizzati dei brevi momenti di formazione con lo scopo di illustrare, attraverso esempi concreti, le diverse possibili tipologie di maltrattamento. Diversi sono stati i partecipanti inizialmente scettici nel riconoscere il maltrattamento come un fenomeno che si incunea con estrema facilità nelle pratiche quotidiane della cura, più propensi invece ad equipararlo alla sola violenza fisica intenzionale. È stato quindi condotto un lavoro preliminare atto ad evidenziare quanto il maltrattamento si verifichi in pratiche diffuse della cura come l’infantilizzazione, la violazione della privacy, il disconoscimento degli interessi personali degli anziani, il tutto a favore dell’organizzazione metodica e standardizzata delle attività. Proseguendo nel percorso formativo ci si è soffermati su altri possibili comportamenti maltrattanti (tra cui le dimenticanze nel somministrare medicinali, la scarsa cura nella somministrazione di cibo, la resistenza a somministrare liquidi) al fine di evitare la disattenzione o l’eccessiva standardizzazione routinaria nel supportare l’idratazione e somministrare liquidi. Lo scopo è stato di mostrare come siano spesso le pratiche del lavoro quotidiano, rese procedurali dall’organizzazione del lavoro, a incorporare i maggiori rischi di abuso.
“Normalizzando” il fenomeno del maltrattamento e rimuovendolo dalla sola associazione a violenze esplicite ripetute nel tempo, come spesso rappresentato dai mass media, è stato possibile avviare un lavoro sulla consapevolezza da parte degli operatori coinvolti nel progetto. Alcuni operatori hanno cominciato a dire: “ma allora se è di questo che parliamo, questo lo vediamo spesso1”.
A questo punto del processo sono stati costituiti tre tavoli di lavoro composti ciascuno da circa venticinque persone che, condotti da un esperto, hanno lavorato su tre temi:
- gli strumenti e le pratiche di osservazione e monitoraggio del maltrattamento
- le strategie di prevenzione del maltrattamento
- la gestione del fenomeno una volta che esso si è manifestato.
Il focus della discussione si è strutturato sull’individuazione di processi e strumenti di osservazione delle diverse forme di maltrattamento in una prospettiva di apprendimento, professionale e organizzativo. I tavoli di lavoro si sono incontrati per alcuni mesi e hanno prodotto dei semilavorati con proposte progettuali specifiche, elaborando il materiale di base da cui sono state poi messe a punto, da un gruppo di esperti ristretto, le bozze di linee guida. Successivamente il documento è stato ripresentato ai partecipanti e distribuito ai direttori delle strutture della rete per avere dei feedback e completare il lavoro.
Il monitoraggio del rischio di maltrattamento
Una sezione particolarmente importante delle linee guida riguarda il monitoraggio del rischio di maltrattamento. Ragionare di come il rischio di maltrattamento muta e a quali fattori tale cambiamento è associato permette di disporre di uno strumento estremamente utile per avere un’idea di come, sia particolari modelli di gestione che due anni e mezzo di gestione emergenziale possono avere inciso sulla situazione attuale delle strutture residenziali (Fazzi, 2021). Nelle tabelle riportate di seguito sono individuate alcune “variazioni critiche”. Le variazioni critiche sono eventi particolarmente rilevanti e facilmente osservabili che rivelano una modificazione dei fattori associati al rischio di abuso.
Nella tabella 1 sono riportati alcuni degli eventi che rilevano un cambiamento delle caratteristiche degli anziani tra cui variazioni importanti del livello medio di dipendenza dei residenti, delle condizioni cognitive e neurodegenerative degli stessi e degli episodi di disturbi comportamentali. Se questi eventi sono significativi, c’è da chiedersi se e come durante e dopo la pandemia si sono modificate le caratteristiche degli anziani. La risposta è ovviamente variegata ma sicuramente, dopo una fase di blocco agli ingressi in struttura causata dalle norme anti Covid, negli ultimi mesi si sta assistendo a un forte aumento di pressione per nuove istituzionalizzazioni.
Il tappo di bottiglia creatosi tra il 2020 e la fine del 2021 ha favorito una sorta di selezione naturale degli anziani da inserire in struttura, che presentano il più delle volte caratteristiche di gravità tali da non potere più essere gestite in alcun modo a domicilio. Può essere accaduto quindi che, nell’arco di poche settimane, siano entrate in struttura più persone che hanno richiesto un forte carico di lavoro, particolarmente difficili da gestire e che hanno aumentato improvvisamente le condizioni di stress dei lavoratori, aumentando il rischio di comportamenti aggressivi, scarsa attenzione ai bisogni personali e incuria.
La tabella 2 descrive alcuni eventi critici connessi alle caratteristiche del personale, che possono facilitare il verificarsi di comportamenti maltrattanti. L’aumento del rischio di maltrattamento si rileva monitorando le condizioni di bassa formazione, stress e rischio di burnout del personale. Più tali variazioni sono manifeste e rapide, maggiore è il pericolo di abusi. Anche in questo caso la valutazione deve essere svolta tenendo conto del periodo pandemico e delle relative vicissitudini e fatiche. Il turnover degli operatori è stato negli ultimi due anni altissimo in molte strutture, soprattutto tra le figure più specializzate come gli infermieri.
Inoltre, le condizioni di stress lavorativo hanno raggiunto livelli particolarmente elevati che vanno oltre quelli già impliciti alla normale gestione di relazioni con soggetti molto esigenti sotto il profilo delle cure. Il personale di moltissime strutture esce da una stagione di grave sofferenza e le condizioni di rischio di maltrattamento sono di conseguenza estese e capillari. La perdita di personale ha anche imposto di cercare nel breve periodo sostituzioni difficili da trovare sul mercato e questo ha comportato spesso il classico effetto di “raschiamento del fondo del barile”. Una parte del nuovo personale è quindi meno qualificato, meno motivato e meno capace di gestire carichi di cura impegnativi e stressanti. Cambiamenti nel livello medio di soddisfazione lavorativa implicano anche un aumento del rischio di abusi e, essendo la soddisfazione collegata alle condizioni di lavoro e alle politiche salariali, un quadro generale positivo è difficile da registrare dopo lo “sfinimento” del periodo emergenziale.
La tabella 3 riguarda infine il rapporto tra fattori organizzativi e rischio di maltrattamento. Gli eventi sentinella sono relativi all’aumento dei carichi di lavoro, alle politiche salariali, ai modelli di organizzazione del lavoro, con maggiore o minore orientamento alla proceduralizzazione invece che alla personalizzazione e al clima organizzativo. Più i carichi aumentano, più si fatica a compensare il maggiore impegno con politiche salariali coerenti; più il lavoro è standardizzato, non monitorato e non personalizzato e più si indebolisce la percezione da parte del personale della qualità del clima lavorativo e organizzativo e maggiore è il rischio di maltrattamento.
Il periodo pandemico e post pandemico ancora una volta fornisce indicazioni che dovrebbero permettere di ragionare con un certo distacco sulla diffusione del rischio di maltrattamento nelle strutture. I processi di cura possono svolgersi in modo funzionale solo se gli operatori sono messi in condizione di svolgere i propri compiti in modo non stressante e in condizioni di continuo sovraccarico. Già prima della pandemia il reclutamento di personale preparato e motivato era reso difficile da salari non competitivi rispetto al settore della sanità pubblica, penalizzando il settore assistenziale dall’assenza di personale specializzato.
L’aumento della complessità nell’erogazione delle cure in contesti già caratterizzati da turnover del personale, alti carichi di lavoro e necessità di riorganizzazione, in periodo pandemico e post-pandemico hanno portato in molte strutture a un fortissimo incremento dei carichi di lavoro e a una riduzione degli organici al di sotto degli standard ottimali previsti dai sistemi di accreditamento regionali, che sono stati spesso derogati o sospesi durante la pandemia. La pandemia ha avuto effetti gravi anche sulla situazione economica e, di conseguenza, sulle politiche salariali. La liquidità è molto calata e ciò ha reso praticamente impossibile remunerare il maggiore impegno del personale con incentivi salariali coerenti. Uno stato di emergenza prolungato infatti impatta inevitabilmente anche sull’organizzazione del lavoro con il rischio di ridurre le pratiche di personalizzazione che, pur rientrando nelle responsabilità e nelle scelte strategiche dei dirigenti, risentono della pressione lavorativa interna2.
Il clima organizzativo è un’altra variabile da tenere in considerazione non solo per la pressione drammatica vissuta dal personale durante le emergenze, ma anche a causa di effetti collaterali imprevisti. Le decisioni di non seguire le prescrizioni vaccinali, abbastanza elevate tra il personale assistenziale, e il successivo reintegro al lavoro sono stati importanti elementi di deterioramento del clima e delle relazioni lavorative. Inoltre la percezione di iniquità del trattamento salariale e organizzativo a fronte del maggiore impegno è un altro fattore di potenziale grande frustrazione che può generare demotivazione e disinvestimento nelle patiche lavorative tali da portare anche a manifestazioni di aggressività nei confronti degli anziani fragili residenti nelle strutture. Azioni per migliorare il clima sono essenziali in questo momento ma non tutte le strutture hanno tempo e risorse per avviarle.
Conclusioni
La cosiddetta “emergenza Covid” ha messo sotto pressione in modo drammatico le strutture residenziali, il personale, gli anziani residenti e i loro famigliari. Ripartire dopo questo periodo rappresenta una sfida e, allo stesso tempo, anche un’opportunità per riflettere sullo stato delle strutture, sulla qualità delle cure e sui vecchi e nuovi problemi emersi dalla gestione dell’emergenza. Aumentare la consapevolezza negli operatori delle strutture residenziali per anziani del fenomeno del maltrattamento deve diventare una priorità: come già evidenziato esso infatti si può insinuare, in modo spesso invisibile, nella gestione quotidiana delle cure, celato da eventi urgenti o routine che possono portare a sottovalutarne la presenza.
Attuare scelte decise e serie, non di negazione bensì di gestione consapevole di agiti maltrattanti può contribuire a riqualificare la qualità delle cure e salvaguardare la tutela degli anziani, una sfida che ad oggi risulta essere ancora in larga parte da affrontare.
Note
- Questo è esattamente il processo di assunzione di consapevolezza che porta un intervistato che non ha chiaro cosa sia il maltrattamento prima a negare la sua esistenza e, appreso invece come esso si manifesta anche nella quotidianità delle azioni non intenzionali ,a volere cercare dopo strumenti e individuare azioni per prevenirlo.
- Anche i monitoraggi e gli adeguamenti dei piani di assistenza individualizzati hanno risentito dell’aumento dei carichi emergenziali e, se già spesso si trattava di attività svolte in modo routinario, nella fase attuale in molte strutture sono procedure da riattivare quasi per intero.
Bibliografia
Fazzi L. (2021), Il maltrattamento nell’anziano in RSA, Maggioli.
Pesaresi F. (2020), Covid-19. La mortalità nelle strutture residenziali per anziani, in Welforum, 7 luglio.
UPIPA, (2019), Linee guida per la prevenzione e gestione del maltrattamento dell’invecchiamento, Unione provinciale istituzioni per l’assistenza.
Weissberger G. H., Lim A.C., Mosqueda L., Schoen J., Axelrod J., Nguyen A., L. Wilber K., Esquivel R. S., Han S. D. (2022), Elder abuse in the COVID-19 era based on calls to the National Center on Elder Abuse resource line, in BMC Geriatrics, vol. 22, 689.