19 Gennaio 2023 | Reti informali

Un laboratorio per l’invecchiamento attivo: “Il cervello felice”

Sarah Noemi Bonomi e Sara Benelli presentano “Il cervello felice”, un intervento psico-sociale di promozione e prevenzione del benessere nella terza età che vuole costituire un’opportunità di trasformazione positiva e di valorizzazione di uno stile di vita attivo.

Un laboratorio per l’invecchiamento attivo: “Il cervello felice”

Oggi la ricerca sull’affettività e le competenze emotive degli anziani è sostenuta dalla prospettiva scientifica del benessere nella terza età, che si propone di valorizzare l’emotività positiva e promuovere uno stile di vita attivo (active ageing1).

 

L’importanza degli interventi psicosociali

Diversi fattori correlati al funzionamento sociale possono influenzare il rischio e il decorso delle demenze. Per esempio, l’isolamento sociale espone a una maggiore produzione di cortisolo, principale ormone del sistema dello stress (Boss et al., 2015), implicato in una serie di processi fisiologici che espongono a un maggior rischio di demenza. Allo stesso tempo, l’impoverimento della rete sociale influenza la riserva cognitiva che a sua volta ha effetti sulla beta amiloide, principale sostanza coinvolta nella malattia di Alzheimer (Yaffe et al., 2011).

 

La stimolazione cognitiva, il mantenimento delle autonomie e di una routine quotidiana soddisfacente, sono fondamentali per ridurre il rischio di sintomi comportamentali – come apatia o agitazione – altamente invalidanti per i pazienti e per chi se ne prende cura (Hackett et al., 2019). I pazienti con demenza frequentemente sperimentano sentimenti di impotenza e frustrazione, che aggravano la sfiducia e la dipendenza nei confronti dei familiari. Al contrario, l’interazione, la condivisione di interessi e il coinvolgimento attivo da parte della rete sociale, favorisce la sicurezza e l’indipendenza.

 

Un recente studio che ha coinvolto circa 220 pazienti affetti da demenza ha dimostrato come migliorare la comunicazione e l’interazione sociale con i pazienti aumenti significativamente la loro qualità della vita (Arai et al., 2021). Lo sviluppo di unità assistenziali per i pazienti ha in parte facilitato l’interazione sociale tra i residenti, ma un compito fondamentale è svolto dai caregiver e dalla comunità (Abbott et al., 2017).

 

Nell’ambito degli studi di psicologia cognitiva, è stato evidenziato come nell’invecchiamento alcune competenze vengano mantenute e possano anzi rivelarsi un punto di forza su cui l’anziano può far affidamento per affrontare le richieste della vita quotidiana. L’invecchiamento in quest’ottica non viene compromesso dalla perdita di abilità, quanto dalla mancanza di flessibilità nel reagirvi; secondo questa prospettiva, la terza età può costituire un’opportunità di trasformazione positiva, di rinnovamento creativo delle proprie abitudini e abilità e di ridefinizione del sé.

 

La sfera emozionale nell’invecchiamento viene presa raramente in considerazione, sebbene questa – così come tutte le altre fasi dello sviluppo – sia accompagnata da cambiamenti nelle relazioni sociali e nelle emozioni associate. È lapalissiano, dunque, che per promuovere il benessere dell’anziano non sono sufficienti interventi riabilitativi e di potenziamento delle abilità, ma è fondamentale realizzare progetti complessi capaci di intervenire concretamente sui fattori psicosociali, facilitando l’affettività e le relazioni sociali. Queste ultime, insieme ad un lavoro sul sé autobiografico, sono importanti fattori di prevenzione della demenza senile e della depressione poiché rappresentano una risorsa compensativa rispetto alle perdite cognitive. Infatti, come dimostrato da diverse ricerche, la  relazione tra esordio di demenza e isolamento sociale dipende da una predisposizione legata ad un maggior rischio per la salute fisica e psicologica dell’individuo, poiché le persone che vivono in solitudine, hanno più probabilità di adottare comportamenti non salutari associati a un maggior rischio di demenza (Dyal et al., 2015). Ancora, alcuni studi indicano come la presenza di un supporto o una rete sociale è negativamente associata al rischio di sviluppare disturbi neuro-cognitivi (Cacioppo et al., 2014; Holwerda et al., 2014). Infatti, le attività sociali influiscono sulla neuroplasticità dei circuiti neurali coinvolti nelle demenze, aumentano l’attività cerebrale e l’integrità delle strutture  migliorando così il decorso del declino cognitivo (Felix et al., 2021).

 

Partendo da suddette considerazioni è stato ideato il laboratorio per l’invecchiamento attivo “Il cervello felice”, il quale pone il focus sullo sviluppo delle competenze emotive positive dell’anziano. L’intervento vuole prevenire e combattere la solitudine e favorire la pro-socialità, creando un luogo capace di costruire dei legami a partire dalla conoscenza di sé e degli altri, rendendo i soggetti protagonisti attivi nella società. Si tratta di un progetto pratico ed esperienziale capace di favorire sia la promozione del benessere, potenziando le risorse cognitivo-affettive, sia il benessere psicofisico di una persona esclusa dal mondo del lavoro e quindi in cerca di nuove identità.

 

Il pensionamento, come tutti i cambiamenti significativi, sebbene possa essere percepito soggettivamente in modo diverso, necessita della costruzione di nuovi equilibri. Vi sono infatti persone che vivono tale momento con emozioni positive per il tempo ritrovato e la possibilità di coltivare interessi e passioni, ed altre che percepiscono un senso di vuoto relativo alla fine di una fase professionale importante della propria vita, nella quale sono stati assunti ruoli e posizioni gratificanti,  sfumate con la propria identità personale.

 

Il progetto

“Il cervello felice” è un intervento psico-sociale di promozione e prevenzione del benessere nella terza età avviato nel 2018 in collaborazione con Auser Turbigo, destinato alla popolazione del Comune di Turbigo e comuni limitrofi, che desidera occuparsi dell’invecchiamento – senza particolari distinzioni di età –  ma con buone capacità cognitive non compromesse da deficit. I destinatari diretti2 dell’intervento sono: donne e uomini tra i 55 e i 75 anni presenti nel territorio di Turbigo e comuni limitrofi, gli iscritti all’Auser di Turbigo e i volontari che presentano un’adesione spontanea. Parallelamente, i destinatari indiretti del progetto sono individuabili nelle famiglie e nella comunità nel suo complesso.

 

Le persone che desiderano partecipare al corso presentano la propria candidatura contattando i referenti Auser via e-mail o telefonicamente, dopo aver ricevuto informazioni via mail, avvisi in biblioteca o nei luoghi comunali e in certi casi via social media. Il corso accoglie massino 25 partecipanti i quali vengono selezionati in base all’ordine di iscrizione per garantire a tutti la stessa possibilità di parteciparvi.

 

Il progetto è strutturato in corsi annuali, ognuno dei quali è suddiviso in circa dieci incontri a cadenza mensile di due ore, condotti da due psicologhe con il ruolo di conduttrici e facilitatrici del gruppo. Intenzionalmente le due psicologhe hanno formazioni similari e differenti rispetto alla materia psicologica: Sarah Noemi Bonomi, psicologa del benessere e dell’empowerment con strumenti di promozione e potenziamento, Sara Benelli, psicologa e psicoterapeuta, con strumenti per la rielaborazione, dialogo e ascolto attivo.

 

L’intervento, inserito all’interno dell’Università della Terza e Libera Età (Auser), è un laboratorio teorico ed esperienziale volto all’empowerment del benessere e al miglioramento della qualità della vita del soggetto anziano secondo i modello di salute bio-psico-sociale. In particolare, mira allo sviluppo e al potenziamento di capacità e risorse emotivo-relazionali, cognitive e la creazione di un luogo simbolico, ossia luogo privilegiato di riflessione e conoscenza di sé, che consente di dare un senso agli insegnamenti e di suscitare emozioni importanti e riflessioni sul vissuto dei partecipanti. Il laboratorio diventa così uno spazio, un luogo simbolico,  per la condivisione e lo scambio di gruppo, stimolando la socializzazione tra le persone ed una lettura positiva della propria biografia e delle proprie caratteristiche individuali3. La struttura del setting è importante a favorire la costruzione del luogo simbolico: le sedie posizionate a cerchio, l’apertura e il compito legato alla gratitudine, il momento di lezione pratica e la riflessione di gruppo finale. Tutti questi elementi favoriscono una funzione di riconoscimento; la persona può, infatti, percepire delle strutture che forniscono sicurezza, comfort, influenzando emozioni e pensieri che in quel contesto possono essere veicolati maggiormente rispetto a contesti non protetti.

 

La metodologia e i contenuti

La metodologia utilizzata integra strumenti di educazione socioaffettiva mediante la creazione di un setting facilitante, di fiducia e relazioni aperte, comunicazione fluida con focus sull’affettività e consapevolezza emotiva ed elementi di psico-educazione attraverso attività di informazione e formazione, lo sviluppo competenze interpersonali, cognitive e sociali ed un lavoro sugli schemi disfunzionali e inefficaci.  Rilevante è il ruolo del gruppo come strumento psicologico, valorizzato attraverso il circle time4e l’ascolto attivo5. Viene somministrato il questionari pre/post-intervento Questionario sul Benessere nell’anziano (BEN-SSC)6(De Beni R. et al., 2008), mentre viene eseguire un’autovalutazione del modello P.E.R.M.A.7(Seligman, 1999) o la scala di valutazione dell’autostima (Rosemberg,1985) supportati da colloqui individuali e monitoraggio mediante commenti formali/informali dei partecipanti.

 

I contenuti del corso vengono sviluppati anno dopo anno partendo dai risultati dei focus group e dai brainstorming relativi alle aspettative e ai bisogni dei partecipanti, congiuntamente alle esigenze contestuali (ad esempio, i bisogni sociali legati alla pandemia e al lockdown). Pertanto, le tematiche variano periodicamente e prevedono il potenziamento di alcune lifeskills (tabella 1).

Tabella 1: Tematiche del corso, anni vari
Tabella 1: Tematiche del corso, anni vari

 

La volontà di raggiungere i più fragili

Nel corso dello svolgimento del progetto sono stati riscontrati alcuni limiti. Da un lato, la bassa iscrizione di utenti di genere maschile, poco predisposti alla partecipazione al corso probabilmente a causa di una stereotipizzazione del ruolo dello psicologo e della possibilità di occuparsi del proprio benessere mentale8. Dall’altro lato, le persone che maggiormente necessitano di questo servizio si pensi a soggetti fragili, anziani, che vivono in solitudine, sono le meno propense a concedersi esperienze diverse con persone nuove, forse per timore di esporre sé e le proprie fragilità. Infatti, si è notato che inizialmente gli iscritti al corso (25 partecipanti) erano in prevalenza donne che avevano buone relazioni sociali, ben inserite nel contesto cittadino e in associazioni territoriali.

 

Nel corso degli anni, tuttavia, il passaparola e la divulgazione dei benefici e della positività del progetto da parte dei partecipanti, ha incrementato il numero degli iscritti, anche tra i soggetti più bisognosi. Da una prospettiva più pratica, il proseguire il corso durante la pandemia COVID-19 non è stato semplice, sia per la remotizzazione che per l’identificazione di luoghi predisposti con condizioni igienico sanitarie adeguate. Nonostante ciò, diverse persone si sono attivate per imparare ad usare gli strumenti tecnologici e partecipare al corso.

 

Risultati e prospettive future

“Anche ora fatico a togliermi la corazza, anche in tarda età purtroppo non ho finito coi problemi, diciamo che voi mi state spronando a ricordare un poco della me stessa che ero un tempo e a cercare di migliorare per vivere serenamente gli anni che avanzano”  (Partecipante al corso “Il cervello felice”)

 

Come esposto nel corso del presente articolo, “Il cervello felice” ha l’obiettivo generale di migliorare la qualità della vita del soggetto nella terza età, promuovendo il benessere globale in un modello di salute bio-psico-sociale, attraverso lo sviluppo e il potenziamento di capacità e risorse emotivo-relazionali e cognitive nonchè la creazione di luoghi simbolici per la condivisione e lo scambio di gruppo. L’obiettivo preposto del benessere bio-psico-sociale è stato raggiunto dal presente intervento, come si evince dai dati quantitativi  ricavati dall’analisi del questionario sul Benessere nell’anziano (BEN-SSC) (De Beni R. et al., 2008) mediante un confronto da parte delle autrici dei punteggi del questionario somministrato in due momenti distinti del corso (T1 all’inizio e T2 alla fine del laboratorio al termine del primo e del secondo anno) per analizzare se ci fosse un cambiamento nella percezione del benessere dei partecipanti, misurando diverse variabili: soddisfazione personale, coping, affetti e relazioni (Grafico 1)9.

Affetti e relazioni intesi come soddisfazione riferita alle relazioni sociali
Grafico 1: Affetti e relazioni intesi come soddisfazione riferita alle relazioni sociali
Grafico 2: Dal grafico si evince un aumento del livello di benessere totale (Media T1: 83,8 – Media T2: 87,3) della media generale dei partecipanti al corso

Il progetto, nato dalla volontà di due psicologhe motivate a realizzare qualcosa per il proprio territorio e supportato da Auser Turbigo, ha dimostrato notevoli e potenziali impatti sugli anziani a livello personale e sociale e sulla comunità nel suo complesso. Sicuramente l’intervento, affinché possa continuare ad espandersi nel territorio lombardo, necessita di un incremento di risorse e fondi.

 

Vi è la forte volontà di proseguire nella realizzazione del laboratorio con risorse economiche e logistiche più funzionali all’entità e all’impegno sociale che questo progetto porta con sé, per lanciare a sempre più persone e in diverse fasce d’età il messaggio del progetto: cervelli attivi e felici fanno persone più sane e curiose nei confronti della vita, con un beneficio verso tutta la comunità nella quale esse sono inserite. La possibilità di diffondere nei territori e nelle strutture pubbliche e private dei progetti psico-sociali affini è preziosa al fine di promuovere una prospettiva che consideri il trascorrere del tempo, l’invecchiare, non solo come limite e decadimento, ma anche come possibilità continua di miglioramento continuo e potenziamento delle proprie risorse.

Note

  1. Si tratta di una prospettiva che associa il benessere fisico, sociale e mentale alla partecipazione in una società capace di fornire adeguata protezione e cura. La parola “attivo” non si riferisce solo all’essere fisicamente efficienti ma anche al continuare a partecipare alla vita economica, culturale e civica della comunità.
  2. Al massimo 18 partecipanti per ogni gruppo.
  3. Ciò avviene facilitando il riconoscimento, la discriminazione e la comunicazione delle emozioni al fine di usare tali conoscenze per veicolare le informazioni sui vissuti.
  4. È una metodologia di gestione del gruppo che fornisce un momento per ascoltare, sviluppare l’attenzione, promuovere la comunicazione orale e apprendere nuovi concetti e abilità.
  5. L’ascolto attivo si basa sull’empatia e sull’accettazione. Esso si fonda sulla creazione di un rapporto positivo, caratterizzato da un clima in cui una persona possa sentirsi empaticamente compresa e non giudicata.
  6. Il Questionario sul Benessere nell’anziano è uno strumento per valutare il benessere negli anziani che comprende lo stato fisico, la dimensione cognitiva, la soddisfazione personale, il senso di autonomia e autoefficacia, la dimensione degli affetti e delle relazioni.
  7. Il modello PERMA o Teoria del benessere è, essenzialmente, una teoria di scelta non forzata. I 5 fattori principali su cui si basa questa teoria sono: Positive emotions, Engagement, Relationship, Meaning and purpose, Accomplishment.
  8. Forse più relegato al genere femminile, in particolare in queste fasce di età.
  9. Per soddisfazione personale (Bensp) si intende una soddisfazione relativa a: la propria vita passata (riferita a tutto ciò che si è realizzato nonostante le possibili difficoltà incontrate); la vita presente (relativa al “piacersi” ora e all’essere soddisfatti della propria vita attuale); la propria vita futura. Le strategie di coping (Bensc) sono intese come: la capacità di affrontare piccoli e grandi problemi quotidiani; la percezione del “saper di saper fare”; il senso dell’autonomia e indipendenza; la capacità di riconoscere e comprendere le emozioni proprie e altrui.

Bibliografia

Abbott, K. M., Sefcik, J. S., Van Haitsma, K. (2017). Measuring social integration among residents in a dementia special care unit versus traditional nursing home: A pilot study, in Dementia, 16(3): 388-403.

Arai, A., Khaltar, A., Ozaki, T., & Katsumata, Y. (2021), Influence of social interaction on behavioral and psychological symptoms of dementia over 1 year among long-term care facility residents, in Geriatric Nursing, 42(2): 509-516.

Boss, L., Kang, D. H., Branson, S. (2015), Loneliness and cognitive function in the older adult: a systematic review, in International Psychogeriatrics, 27(4): 541-553.

Cacioppo, S., Capitanio, J. P., Cacioppo, J. T. (2014), Toward a neurology of loneliness, in Psychological bulletin, 140(6):1464.

De Beni, R., Borella, E., Marigo, C., Rubini, E. (2008), Lab.I – Empowerment Cognitivo ed Emotivo-motivazionale, Giunti Psychometrics.

Dyal, S. R., Valente, T. W. (2015), A systematic review of loneliness and smoking: small effects, big implications, in Substance use & misuse, 50(13):1697-1716.

Felix, C., Rosano, C., Zhu, X., Flatt, J. D., & Rosso, A. L. (2021), Greater social engagement and greater gray matter microstructural integrity in brain regions relevant to dementia, in The Journals of Gerontology: Series B, 76(6): 1027-1035.

Holwerda, T. J., Deeg, D. J., Beekman, A. T., Van Tilburg, T. G., Stek, M. L., Jonker, C.,  Schoevers, R. A. (2014), Feelings of loneliness, but not social isolation, predict dementia onset: results from the Amsterdam Study of the Elderly (AMSTEL).

Seligman, M. (2002), Authentic happiness, Free Press.

Seligman, M. (2018), PERMA and the building blocks of well-being, in The journal of positive psychology, 13(4): 333-335.

Yaffe, K, Laffan A.M., Harrison, S.L., Redline, S., Spira, A.P., Ensrud, K.E., Ancoli-Israel, S., Stone, K.L. (2011), Sleep-disordered breathing, hypoxia, and risk of mild cognitive impairment and dementia in older women, in JAMA, 306(6):613-9.

 

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