Entro il 2060 si prevede che il numero di cittadini europei con età superiore a 65 anni aumenti da 88 a 152 milioni, con una popolazione anziana doppia di quella dei minori entro i 15 anni. Le malattie croniche (come lo scompenso cardiaco, l’insufficienza respiratoria, i disturbi del sonno, il diabete, l’obesità, la depressione, la demenza, l’ipertensione), colpiscono l’80% delle persone oltre i 65 anni e spesso si verificano contemporaneamente.
La co-morbosità è associata anche ad un declino di molti aspetti della salute, come la qualità della vita, la mobilità, la capacità funzionale, con un conseguente aumento di stress psicologico, ospedalizzazioni, uso delle risorse sanitarie e mortalità. Gran parte dei problemi causati dalle malattie croniche sono prevenibili agendo su fattori di rischio comuni, come tabacco, alcol, alimentazione e attività fisica, insieme con la promozione della salute e con l’empowerment.
Questo è ciò che è emerso nel 2017 a Vilnius (Lituania), dove si è svolto il kick off meeting di Chrodis Plus, la Joint Action europea (2017-2020), che mira a sostenere i Paesi europei nell’implementazione di buone pratiche e attività basate su prove d’efficacia per migliorare la qualità della prevenzione e cura delle malattie croniche, sulla base delle esperienze fatte nell’ambito della JA-CHRODIS. JA-CHRODIS European Joint Action on Chronic Diseases and Promoting Healthy Ageing across the Life Cycle, è un’azione europea congiunta dedicata alle malattie croniche e alla promozione dell’invecchiamento “in salute” nel corso della vita, che si è svolta tra il 2014 e il 2017.
JA-CHRODIS è stata la prima Joint Action europea dedicata alla prevenzione e cura delle malattie croniche. Il progetto ha aperto la possibilità per Regioni e Paesi europei di trarre beneficio dalle esperienze di altri Paesi, assumendo una notevole rilevanza strategica in quanto è stata una risposta diretta al processo di riflessione sulle malattie croniche lanciato dalla Comunità europea e dagli Stati membri dell’Ue. Inoltre, il coinvolgimento di gran parte dei Paesi europei e di molte organizzazioni europee impegnate in questo settore ha rappresentato anche una solida base per future collaborazioni.
L’obiettivo dell’azione JA-CHRODIS è stato quello di promuovere e facilitare un processo di scambio e trasferimento di buone pratiche tra i Paesi per un’azione efficace contro le malattie croniche, con un focus specifico sulla promozione della salute e la prevenzione delle malattie croniche, sulla co-morbosità e il diabete.
Il Piano Nazionale per la Cronicità
Tutte queste sollecitazioni europee e internazionali hanno portato anche l’Italia ad approvare nel 2016 il Piano sulla Cronicità (PNC), proprio tenendo conto della elevata percentuale di invecchiamento di molte regioni italiane. Con l’accordo in Conferenza Stato/Regioni e Province Autonome del 15 settembre 2016 il Piano sulla Cronicità diventa un impegno per lo Stato e le Regioni ad indirizzare importanti azioni per contrastare le cause negative della cronicità.
Il PNC intende armonizzare a livello nazionale le attività per la prevenzione e l’assistenza alla cronicità e compatibilmente con le risorse economiche, umane e strutturali, individua un disegno strategico comune inteso a promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza. Le sue finalità sono quelle di contribuire al miglioramento della tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone il peso sull’individuo, sulla famiglia e sul contesto sociale, migliorando per quanto possibile la qualità di vita e rendendo più uniformi ed efficienti i servizi sanitari per costituire, un’equità di accesso ai cittadini.
Gli obiettivi che il PNC intende raggiungere sono i seguenti:
- Buon funzionamento delle reti assistenziali, con una forte integrazione tra l’assistenza primaria, centrata sul medico di medicina generale, e le cure specialistiche
- Continuità assistenziale, modulata sulla base dello stadio evolutivo e sul grado di complessità della patologia
- Ingresso precoce della persona con malattia cronica nel percorso diagnostico-terapeutico multidisciplinare
- Potenziamento delle cure domiciliari e la riduzione dei ricoveri ospedalieri, anche attraverso l’uso di tecnologie innovative di “tecno-assistenza”
- Modelli assistenziali centrati sui bisogni “globali” del paziente, non solo clinici.
Il Piano è composto da due parti: la prima contiene gli indirizzi generali per la cronicità. In questa parte si indicano le strategie e gli obiettivi del PNC, si propongono alcune linee di intervento evidenziando anche i risultati attesi, migliorando la gestione della cronicità nel rispetto delle evidenze scientifiche, dell’appropriatezza delle prestazioni e della condivisione dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA). Il PNC approfondisce anche le conoscenze sulla cronicità in età evolutiva.
Nella seconda parte il Piano individua un elenco di patologie croniche, attraverso determinati criteri quali la rilevanza epidemiologica, la gravità, l’invalidità, il peso assistenziale ed economico, la difficoltà di diagnosi e di accesso alle cure, per le quali ad oggi non esistono specifici atti programmatori a livello nazionale.
Dopo la valutazione epidemiologica il PNC mette in rilievo la continua crescita dell’area delle cronicità ed il notevole impegno di risorse finanziarie e umane, con una continuità di assistenza che richiede una forte integrazione tra i diversi sistemi: dalla salute ai servizi sociali, alle politiche abitative, ai trasporti e complessivamente alla rimozione di tutte le barriere che impediscono alle persone con patologie croniche di vivere pienamente la vita quotidiana.
Il Piano punta fortemente sulla necessità di armonizzare i diversi interventi attraverso la condivisione con le Regioni, di un disegno strategico che individui:
- Unitarietà degli approcci in termini di prevenzione, di assistenza e cure
- Centralità della persona
- Miglioramento organizzativo dei servizi, secondo uniformità ed equità di accesso
- Responsabilizzazione di tutti gli attori, a partire dal paziente.
Sotto il profilo clinico, il Piano promuove un’evoluzione verso la “Value Based Medicine”, ovvero una medicina efficace, ma sostenibile, in grado di conciliare le linee guida EBM con i bisogni e valori del paziente e della comunità in cui lo stesso vive. Dovranno essere attivati “percorsi personalizzati/standardizzati” in termini di costi e differenziati in rapporto al grado di complessità del paziente e dei bisogni di assistenza, indirizzando i casi di più elevata gravità verso programmi che contemplino follow-up più intensivi. Per i casi meno complessi la gestione sarà lasciata alle cure primarie.
Un altro caposaldo ripreso dalle esperienze internazionali è quello della demedicalizzazione e, per raggiungere questo obiettivo, è necessario promuovere a favore della popolazione:
- Corretti stili di vita
- Il monitoraggio delle condizioni di rischio e l’adozione di interventi per la diagnosi precoce delle patologie croniche, educando il paziente ad una autogestione consapevole della malattia
- Un’adeguata assistenza sanitaria e sociosanitaria che tenga conto delle condizioni di fragilità, disagio ed esclusione sociale, cui sono sottoposti i pazienti e le loro famiglie
- La continuità assistenziale e la semplificazione delle procedure, con efficace comunicazione tra i livelli di assistenza (ospedale, medicina di base e specialistica, assistenza domiciliare, centri diurni e strutture residenziali etc.)
- La definizione di ruoli, competenze e risultati attesi per i diversi livelli assistenziali
- Il monitoraggio dei processi di cura attraverso adeguati sistemi informativi
- La disponibilità di risorse economiche e umane per i processi assistenziali.
In sintesi, il Piano si prefigge di delineare un sistema mirato a prevenire e gestire la cronicità, che, nonostante la presenza di contesti differenziati tra le diverse Regioni, possa portare ad una elevata omogeneità di risultati. Si può facilmente affermare che l’eterogeneità delle patologie croniche e la loro evoluzione clinica, esprimono differenti esigenze, ma il core dei problemi è quello della continuità assistenziale e della integrazione tra tutte le attività a favore della persona con patologia cronica e della sua famiglia. La gestione integrata è lo strumento fondamentale per raggiungere risultati soddisfacenti sotto il profilo dell’efficacia degli interventi e dell’efficienza delle cure, con un sistema di raccolta dei dati clinici, che può generare indicatori di processo e di esito per le fasi intermedie e finali.
Il PNC intende indirizzare verso un modello di rete, centrato sui bisogni della persona, in grado di applicare le conoscenze della Evidence Based Medicine (EBM) con forme di assistenza continuativa, multilivello, che realizzino progetti di cura a lungo termine, prevenendo le disabilità e la non autosufficienza. A tutto ciò si aggiungono le potenzialità offerte dall’Information and Communications Technology (ICT) e dalla Telemedicina, per assicurare, una maggiore collaborazione tra professionisti e cittadini e promuovere processi di empowerment tra i pazienti ed i professionisti.
Dagli obiettivi indicati possiamo leggere un forte collegamento con un obiettivo finale che è il miglioramento e l’ottimizzazione del sistema delle Cure Primarie. Per questo viene suggerito alle regioni di condurre la ricognizione delle attività svolte per la gestione del paziente cronico nell’ambito delle Cure Primarie/Distrettuali. In termini generali, il recepimento del PNC da parte delle Regioni e delle Province autonome è stato quasi totale: 15 regioni e le province autonome lo hanno recepito con formale provvedimento deliberativo o atti di indirizzo, in molte situazioni si è provveduto anche alla redazione di un Piano regionale, altre realtà si sono invece impegnate nella realizzazione di interventi e progetti tra cui quelli richiesti da AGENAS.
Il ruolo dell’Agenzia Nazionale per i Servizi sanitari Regionali (AGENAS) e gli apporti delle Regioni
Per coadiuvare il ruolo del Ministero della Salute nel recepimento e nell’attuazione pratica del PNC, è stato individuato un ruolo specifico di AGENAS con lo scopo di promuovere l’emersione, la raccolta, la conoscenza di buone pratiche, dando vita ad un lavoro congiunto tra la stessa AGENAS, le Regioni e le PP.AA.
L’obiettivo del Ministero affidato ad AGENAS è stato quello di rilevare best practice, con il significato di individuare esperienze, azioni o procedure più significative di altre, che hanno permesso di ottenere i migliori risultati, pur se in contesti differenti e con obiettivi prefissati.
AGENAS ha somministrato alle Regioni nel periodo agosto-settembre 2019 un Questionario in cui ha chiesto di evidenziare la loro progettualità in ordine al Piano della Cronicità. Regioni e Province autonome hanno aderito con pienezza a questa iniziativa che doveva evidenziare le “buone pratiche” esistenti in Italia con elevato livello di trasferibilità ad altri territori, in modo da costruire anche una sorta di “cassetta degli attrezzi” per progettare azioni positive a favore della cronicità.
Nell’analisi condotta all’interno degli interventi per la cronicità si è inteso rilevare aspetti sanitari e sociosanitari, messi in atto da organizzazioni sanitarie, che dimostrassero un concreto miglioramento dell’assistenza ai pazienti rispondendo ai seguenti criteri:
- Attuazione dell’attività a livello regionale, aziendale o di unità operativa
- Background scientifico
- Aderenza ai principi del miglioramento continuo della qualità anche in accordo con linee-guida internazionali (SQUIRE 2.0)
- Sostenibilità nel tempo
- Elevato potenziale di riproducibilità/trasferibilità ad altri contesti.
I progetti regionali hanno preso in considerazione aspetti differenti quali:
- Studi preliminari sulla cronicità e sperimentazioni
- Programmi operativi sull’intera area della cronicità, secondo il modello proposto dal PNC
- Singoli aspetti del percorso assistenziale (es: stratificazione della popolazione, presa in carico, sistemi informativi, etc.)
- Progetti che riguardano singole patologie elaborando i PDTA (percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali).
Al termine del 2019 e nei primi mesi dell’anno in corso AGENAS e le Regioni hanno lavorato per evidenziare gli elementi indispensabili per una corretta progettazione del PNC individuando come particolarmente utili:
- Strategie di intervento
- Procedure operative
- Metodi e strumenti di lavoro nelle diverse fasi di assistenza ai pazienti cronici
- Ruolo degli attori coinvolti
- Azioni propedeutiche (empowerment, formazione etc.)
- Tecnologie per la gestione dei flussi informativi.
Pur nella differenziazione delle progettazioni, un filo conduttore ha collegato le Regioni: la volontà di assumere iniziative per offrire una miglior assistenza alle persone con patologie croniche.
Considerazioni finali e conclusioni
Il PNC ha offerto spunti molto utili all’acquisizione di un linguaggio scientifico appropriato, declinando ad esempio le indicazioni che possono aiutare il programmatore a definire meglio le caratteristiche del fenomeno da studiare, per comprendere e mettere in atto mezzi e gli strumenti per controllarlo, gestirlo e nella migliore delle ipotesi rimuoverlo.
Il PNC, allo scopo, indica come procedere ad una migliore conoscenza del fenomeno cronicità, attraverso concetti (riportati in estrema sintesi dalla scrivente), quali:
- Conoscenza di nozioni e teorie scientifiche che definiscono la patologia/e in termini di alterazioni dello stato fisiologico e psicologico dell’organismo, capaci di ridurre e/o modificare negativamente le normali funzionalità
- Stratificazione e targeting della popolazione, come strumento fondamentale per conoscere e definire il fabbisogno assistenziale, se possediamo le informazioni nosologiche delle persone che possono essere considerate a rischio
- Promozione della salute, prevenzione e diagnosi precoce, perché un’elevata percentuale di malattie croniche non trasmissibili, può essere prevenuta agendo su fattori di rischio
- Presa in carico e gestione del paziente, in modo che ciascun paziente riceva il miglior trattamento disponibile per controllare la malattia e mitigare la sintomatologia, migliorando in tal senso anche gli outcome
- Erogazione di interventi personalizzati per la gestione del paziente, sottolineando che la gestione completa di un paziente con malattia cronica si fonda su un approccio multidisciplinare, che porti all’elaborazione di un Piano personalizzato e alla costruzione di percorsi educativi e di empowerment.
- Valutazione della qualità delle cure erogate, attivando i processi di analisi e miglioramento continuo tramite monitoraggio e valutazione dei processi assistenziali, sorvegliando e facilitando i passaggi di setting. E’ in questo processo che possiamo collocare le “buone pratiche”.
Tra le considerazioni finali pare indispensabile citare anche “alcune ombre”. La prima, non solo per il PNC, ma per tutti i programmi settoriali promossi dal Ministero della Salute o derivanti da leggi, è legata alla caratteristica di proporre, nella maggioranza dei casi, nuovi assetti organizzativi che sembrano superare ciò che è in atto o si è costruito in precedenza. Sarebbe utile, in questo senso utilizzare l’immagine che propone un grande architetto ligure, tra i più grandi del mondo, Renzo Piano, che spesso cita come azioni di rinnovamento delle periferie, lavori di rammendo1 delle stesse, riferendosi alle attività di profonda e seria manutenzione che dovrebbero essere effettuate per migliorare le condizioni delle nostre grandi città.
Nello stesso modo, ritenendo il Servizio sanitario ed i Livelli di assistenza una grande organizzazione consolidata, con margini che possono essere usurati o obsoleti nei confronti di nuovi obiettivi, quando si vuol fare focus su problemi o patologie emergenti, si potrebbe procedere ad un rammendo degli aspetti logori o mal affrontati dal sistema, che significa non negare ciò che esiste, ma attualizzarlo.
La seconda ombra è la disattenzione da parte del PNC nei confronti del sistema sociale e dei Comuni, che, al di là di una citazione nelle premesse sulla necessità di interventi sociali, in sede di Conferenza Stato/Regioni l’approvazione è stata condivisa solo con il settore sanitario delle Regioni, mentre l’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) non è stata invitata a condividere il programma. Tutto questo ha portato ad una distanza dei servizi sociali comunali, che, fatte salve alcune positive esperienze, non sono stati nemmeno coinvolti dalle regioni nei progetti presentati ad AGENAS.
Un’ultima osservazione dettata dal momento delicato e drammatico che stiamo vivendo per la pandemia di Covid 19, è sulle prospettive delle progettazioni settoriali; il Piano sulla cronicità e altri precedenti sulle fragilità, non hanno mai affrontato eventuali problemi legati all’insorgenza di una patologia inabituale, ma particolarmente drammatiche per le persone in condizioni di salute critiche. I progetti pensano solo a proporre nuovi paradigmi di cure per gli aspetti generali di presa in carico, piuttosto che ad eventi infausti, che attaccando queste persone rivoluzionano completamente le loro precarie condizioni di salute (lo abbiamo visto tristemente nelle strutture per anziani).
Ciò che si intende sottolineare, è che sarebbe più utile, piuttosto che emanare nuovi Piani o Indirizzi per modificare i processi di valutazione e presa in carico, pensare periodicamente a quell’opera di rammendo del sistema sanitario, affinché possa sempre rispondere a nuovi obiettivi disponendo di una “cassetta degli attrezzi” che possa ripristinare il sistema, migliorandolo secondo più nuove ed efficaci acquisizioni scientifiche.
Secondo quanto osservato si ritiene necessaria una ri-puntualizzazione di ciò che rappresentano nel concreto alcuni importanti concetti:
- I Livelli di assistenza: sono un insieme di risposte non cristallizzate che possono essere aggiornate, arricchite o totalmente modificate, di fronte a nuove e gravi esigenze che influiscono sulla salute
- La figura dell’infermiere di comunità è oggi più che mai indispensabile come attento osservatore di tutti i problemi legati alle fragilità e cronicità e quindi, deve essere individuato come un requisito delle Cure primarie, dei servizi Distrettuali e di Sanità pubblica
- Gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici dei servizi Distrettuali sono più che necessari per tutte le aree del Paese (dalle grandi città, ai piccoli centri, alle aree montane più disagiate)
- Fissare il giusto finanziamento al sistema sanitario, significa essere in grado di rispondere a nuove evidenze critiche, evitando che lo stesso sia una fonte utilizzata per far fronte alle esigenze di risparmio del nostro Paese
- I Patti per la Salute devono essere accordi vincolanti per i contraenti, non solo un modo per riportare la salute all’attenzione della politica da parte del Governo e delle Regioni
- L’integrazione tra Sanità e Sociale non può rappresentare una chimera da inseguire, ma un obbligo dei diversi soggetti: dalle Aziende Sanitarie (e Ospedaliere) ai Comuni, per assicurare interventi dignitosi a chi ha bisogno di cure e di un supporti per le sue fragilità.
Se opereremo in questo modo, il Servizio Sanitario sarà un sistema stabilizzato e solido, ma dinamico, che si arricchisce e cresce per rispondere pienamente all’articolo 32 della Costituzione, tutelando la salute dei cittadini come diritto fondamentale, senza bisogno di inventare piani e programmi per gli aspetti più critici, che, passate le prime fasi, vengono abbandonati per rincorrere altre emergenze.
Foto di Lukas Moos da Pixabay
Note
- “Sono le periferie la città del futuro, quelle dove si concentra l’energia umana e quelle che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee…” (Renzo Piano)
Bibliografia
Banchero A., (2017), L’Ordinamento delle Politiche Sociali e Sociosanitarie. Contributi e riflessioni a supporto della programmazione, Padova, Libreria Universitaria Edizioni.
Piano R., (2014), Il rammendo delle periferie, in Il Sole 24 Ore, il Domenicale, 26 gennaio.