Nel disegno di Legge di Bilancio per il 2026 si parla di Leps. Il nostro Paese, come previsto dagli impegni del Recovery Plan, dovrà completare entro il 2027 il processo di federalismo fiscale definendo le responsabilità dei vari livelli di governo nell’erogazione dei servizi essenziali, il relativo sistema di finanziamento e un sistema di monitoraggio (comprese le azioni da adottare in caso di mancato rispetto delle garanzie).
Nel settore dell’assistenza (i servizi sociali) questo processo è risultato particolarmente complesso a causa della storica mancata definizione dei Leps e della molteplicità di soggetti coinvolti nel finanziamento dei servizi sociali (UE, Stato, Regioni, Province, Comuni, ecc). Il DDL Bilancio 2026 definisce l’istituzione di un sistema di garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni di assistenza nel settore sociale (LEPS) che andrà a regime dal 2027 in ciascun ambito territoriale sociale (ATS).
Abbiamo effettuato una prima analisi del dettato normativo del Disegno di Legge e della Relazione Tecnica (secondo le versioni al momento disponibili), considerando anche quanto sottolineato al riguardo dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio1si sottolineano i principali impatti in tema di anziani non autosufficienti rispetto alla situazione normativa preesistente.
Lo stato dell’arte dei Leps per gli anziani non autosufficienti
Per colmare la storica assenza di garanzie comuni per il sociale (diversamente dalla sanità dove i Lea sono ormai definiti da oltre 20 anni), alla fine dello scorso decennio, il legislatore ha avviato i primi passi di un percorso che dovrebbe portare alla costruzione di uno zoccolo di garanzie nazionali (Leps). Lo ha fatto con la logica della gradualità, individuando alcuni servizi più meritevoli di altri per iniziare tale processo; questa scelta di procedere alla costruzione delle garanzie per successivi step, partendo dagli interventi ritenuti “il core del sociale” differenzia il sociale dalla sanità, settore dove invece con un unico provvedimento è stato definito il perimetro omnicomprensivo di tutti i servizi Lea che le regioni devono assicurare.
Il punto di partenza per la costruzione del comune denominatore nazionale di interventi sociali è stato il servizio sociale professionale, quale cardine trasversale per tutti i target di bisogno nell’ambito del percorso del Piano Povertà (Dlgs 147/2017). Questo processo verso i Leps è proseguito con la Legge di Bilancio per il 2022, quando, oltre a confermare l’importanza del servizio sociale professionale e individuare altri servizi trasversali meritevoli del rango di Leps (es. i Pua), sono stati enucleati i primi Leps specifici per il target anziani non autosufficienti: l’assistenza domiciliare di tipo sociale (SAD) e l’assistenza sociale integrata con i servizi sanitari (per approfondimenti si rimanda a I LEPS: una rassegna analitica – Welforum.it).
Con l’avvento della riforma dell’assistenza agli anziani (L.33/2023) il Governo è stato incaricato di definire i Leps per gli anziani non autosufficienti. Ci si aspettava l’individuazione di un perimetro esaustivo di tutto il fabbisogno di interventi sociali per gli anziani (quelli per l’accesso, per la progettazione/presa in carico e i servizi erogativi domiciliari, diurni, residenziali). Il Dlgs 29/2024 (art. 22) si è invece limitato a confermare, quale spazio di costruzione di garanzie nazionali, quello dei servizi che la legislazione previgente aveva già qualificato come Leps, ovvero il SAD e l’integrazione comunale dell’ADI sociosanitaria; nell’elenco dei Leps anziani ex Dlgs 29/2024 sono menzionati anche i “servizi di sollievo” e i “servizi sociali di supporto”, una definizione eccessivamente generica che non aggiunge elementi sostanziali alla definizione del perimetro Leps.
In altre parole, quelli che dovevano essere i primi passi di un percorso graduale hanno finito per diventare il punto di arrivo, precludendo le possibilità di ulteriore allargamento del perimetro delle garanzie sociali per gli anziani. Ne risulta che una serie di interventi preziosi (si pensi solo ai centri diurni e all’assistenza residenziale) e che oggi pesano molto sulla spesa sociale per gli anziani2, non sono riconosciuti come “essenziali”, rendendo quindi il sostegno dei comuni “discrezionale”, lasciato alla loro sensibilità.
Da segnalare infine che il Dlgs 29/2024, pur riconoscendo l’assistenza domiciliare dei comuni quale Leps, non quantifica qual è il livello atteso di interventi che ci si aspetta vengano erogati da comuni/ATS. In assenza di tali standard le garanzie sono rimaste sinora solo sulla carta, poiché è impossibile monitorare se il livello di interventi di un ATS sia o meno adeguato rispetto ai livelli di servizio attesi.
Quali nuove garanzie introduce la legge di bilancio?
Il progetto di legge individua due sottocategorie di Leps:
- una categoria generica, detta “prestazioni sociali” che include alcuni dei servizi che la legislazione vigente ha già qualificato “Leps”, compresa l’“assistenza domiciliare socio-assistenziale per persone non autosufficienti”3;
- una categoria più specifica dei servizi accessori a favorire il diritto all’istruzione/inclusione scolastica4.
Tra le principali novità c’è quella di estendere gli standard sul numero di professionisti da garantire in tutti gli ATS (finora limitati agli assistenti sociali), aggiungendo le figure dello psicologo e dell’educatore; anche per queste figure dovrà essere assicurato un determinato rapporto operatori/utenti5. Gli altri interventi già annoverati a Leps da precedenti interventi normativi (es. supervisione, prevenzione, allontanamento dei minori, dimissioni protette, pronto intervento) non sembrano essere riformati da questa proposta di legge (non è chiaro se anche ai fini del finanziamento se ne terrà conto).
Ci sono invece novità significative per il Leps dell’assistenza domiciliare: si introduce un primo standard per il livello di servizi attesi (“un’ora alla settimana per ogni persona non autosufficiente”). Il tentativo di definire uno standard erogativo per questi servizi è sicuramente un passo in avanti rispetto alla genericità previgente. Tuttavia il DDL non chiarisce come sia stato individuato questo livello di fabbisogno pro-anziano; manca anche la precisazione del target di riferimento, dal momento che non si esplicita con quale metodo saranno stimate le persone non autosufficienti di ogni ATS.
Si legge inoltre che l’ora settimanale di assistenza domiciliare potrà essere modulata “in funzione della consistenza della platea dei beneficiari, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente nei bilanci degli enti”. Sembra quasi che l’obbligo di garantire l’ora di SAD potrà diminuire se ci sono troppi anziani non autosufficienti! Ci si domanda se questo non vanifichi la quantificazione dello standard, un obbligo che sembra superabile in funzione delle contingenze. Si potrà dimostrare di essere adempienti anche se non si raggiunge lo standard, giustificandosi con la carenza di risorse? Una tale previsione consentirà di proteggere e rafforzare il SAD, invertendo il definanziamento che questo servizio ha sperimentato nell’ultimo decennio?
Come saranno finanziati i Leps per gli anziani a partire dal 2027?
Mentre per l’istituzione del nuovo Leps degli psicologi/educatori di Ats la legge di bilancio prevede un finanziamento aggiuntivo di 200 mln6, per il Leps del SAD non sono previste integrazioni. È probabile si presupponga che già oggi il FNNA sostiene tale livello erogativo. Peccato che non sia affatto così: la rilevazione Istat segnala che gli anziani utenti dei servizi socio-assistenziali domiciliari sono solo 134.000, un numero di ben lunga inferiore al numero di anziani non autosufficienti. Oggi una quota importante del FNNA viene impiegata dai territori per i contributi monetari alle famiglie, un intervento che non è detto rientri nel Leps “assistenza domiciliare sociale e assistenza sociale integrata con i servizi sanitari”.
In generale, per il finanziamento dei Leps, la riforma in atto dovrebbe confidare sul mix di fondi preesistenti (i fondi Statali trasferiti ai territori, le risorse di regioni e comuni). Non è chiaro se gli attuali trasferimenti (FNPS, FNNA) manterranno la stessa forma oppure se le risorse saranno assegnate direttamente ai comuni che disporranno di proprie risorse per le politiche sociali, con un intervento dello Stato solo per compensare i territori con una ridotta capacità fiscale che da soli non riuscirebbero ad autofinanziare i Leps. Altri aspetti ancora controversi del DDL attengono al ruolo delle regioni: il DDL prevede che esse abbiano il compito di assicurare agli ATS le risorse necessarie, ma le regioni ritengono che sia lo Stato a dover provvedere.
La riforma ha come obiettivo quello di assicurare a ogni ATS risorse per erogare il fabbisogno standard di interventi sociali, una metodologia ancora tutta da costruire. Finora i tentativi di misurare il fabbisogno standard si sono concentrati esclusivamente sugli asili nido. Il resto dei servizi sociali è stato trascurato dalle attuali rilevazioni sui fabbisogni standard che si sono limitate a confrontare i comuni su dimensioni grossolane, quali il “numero di utenti” senza considerare l’intensità dell’impegno per caso. Vale la pena inoltre ribadire che il numero di attuali beneficiari non può essere un “faro” per guidare il riparto delle risorse tra territori in quanto non indicativo del bisogno potenziale.
Bisognerebbe peraltro evitare che i comuni/ATS che oggi investono risorse su servizi meritevoli ma non inclusi in questo primo perimetro Leps siano penalizzati: si pensi alla platea dei servizi erogativi diversi da quelli per l’assistenza domiciliare per la non autosufficienza, ai servizi diurni e residenziali per anziani, servizi non annoverati come Leps. Se l’attenzione del monitoraggio si concentrasse solo sui Leps si rischierebbe che gli enti territoriali non avrebbero più convenienza a investire in questi altri servizi.
Una sintesi delle questioni aperte
Alla luce di quanto emerso, si prospettano una serie di nodi che necessitano di chiarimenti/interventi:
- sarebbe necessario che il processo della costruizione dei Leps anziani non si fermasse ai soli servizi considerati nella fase di partenza, ma arrivasse gradualmente a coinvolgere tutti gli interventi dei comuni in area anziani; ciò anche per evitare che la mancata rilevanza degli interventi “out of Leps” possa disincentivare gli investimenti dei comuni su questi servizi (si pensi solo, in questo momento storico, quanto bisogno ci sarebbe di favorire l’intervento dei comuni sulle quote sociali delle strutture residenziali);
- se i comuni fossero monitorati e finanziati solo in base al numero di utenti del SAD si rischierebbe una sottostima dell’intensità assistenziale; in ogni caso, per rendere il monitoraggio efficace, c’è bisogno di maggiori precisazioni sul metodo per quantificare lo standard erogativo atteso;
- occorre maggiore chiarezza nella definizione della responsabilità nel finanziamento di Stato/regioni/comuni e, in ogni caso, un affinamento dei sistemi di stima del fabbisogno di interventi per gli anziani degli ATS.
Infine, bisognerà capire se questo provvedimento normativo è solo un primo passo di un graduale processo che il Governo si impegna a proseguire, oppure se, una volta dimostrato di aver adempiuto l’impegno del Recovery Plan, gli interventi rimasti fuori dal perimetro delle garanzie non avranno altre occasioni di essere inclusi nel percorso di definizione di garanzie.
Note
- Audizione della Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio nell’ambito delle audizioni preliminari all’esame del disegno di legge recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028” (A.S. 1689).
- Per approfondimenti sul rapporto tra spesa sociale per gli anziani e spesa sociale per i Leps anziani si rimanda a Casavecchia M., Pelliccia L. e Tondini E. (2024), Il Welfare locale nei processi evolutivi della finanza pubblica. Il caso della non autosufficienza degli anziani, La finanza territoriale, Rubbettino Editore.
- Il DDL non specifica se viene considerato il solo target degli anziani (anche se gli articoli della L.234/2021 richiamati sono quelli dei Leps per gli anziani).
- assistenza, all’autonomia e alla comunicazione personale per gli alunni e gli studenti con disabilità”.
- Per gli assistenti sociali 1:5000, per gli psicologi 1:30.000, per gli educatori sociopedagogici 1:20.000.
- Oltre alle risorse esistenti, il DDL prevede per questo riordino un’integrazione di 200 milioni che serviranno per il nuovo Leps per gli psicologi/educatori nelle équipe per la valutazione multidimensionale degli ambiti. Va precisato però che l’ipotesi di legge di Bilancio riduce il Fondo Povertà, ovvero una delle fonti del piano di potenziamento degli assistenti sociali (quota servizi).









