1 Giugno 2014 | Strumenti e approcci

L’Approccio Capacitante™ nei progetti museali per persone con demenza

L’Approccio Capacitante™ nei progetti museali per persone con demenza

Introduzione

Dal 2011 la Fondazione Palazzo Strozzi (Firenze), propone A più voci, un progetto dedicato alle persone con Alzheimer, ai loro familiari e agli operatori che se ne prendono cura. Il progetto prevede incontri in mostra, di fronte alle opere d’arte, durante i quali vengono valorizzate l’immaginazione e la fantasia di ogni partecipante, sulla base del metodo Time Slips di Anne Basting1 integrato con l’Approccio Capacitante™ (1-3). Completa il progetto un laboratorio creativo, volto a trovare nuovi modi di comunicare attraverso il fare. Il progetto A più Voci2 è in linea con esperienze simili, in particolare con Meet Medel MoMA di New York3 (dal 2006) e con altri progetti che sono realizzati presso la Royal Academy of Arts di Londra (InMind4), il Museo del Prado di Madrid (El Prado para Todos5), la Galleria d’arte moderna di Roma (La memoria del bello: percorsi museali per malati di Alzheimer6) e altre esperienze italiane più recenti. Dopo il convegno internazionale A più voci, organizzato a Palazzo Strozzi nel 2012 sono nati altri progetti analoghi. A Milano, ad esempio, a partire dall’aprile 2013, la Fondazione Manuli Onlus7 ha avviato il progetto Due passi nei musei di Milano che coinvolge il museo Gallerie d’Italia di Piazza Scala, il Museo Poldi Pezzoli e la Pinacoteca di Brera.

 

A partire dallo scorso mese di novembre si è svolto al museo Marino Marini (Firenze) un corso di formazione, finanziato dalla Regione Toscana, per la diffusione su tutto il territorio regionale delle competenze necessarie a elaborare programmi, specifici per ogni museo, dedicati alle persone con demenza e ai loro caregiver. In una società dementia-friendly, sarà normale che un museo, tra le sue attività dedicate a pubblici speciali, ne proponga una per le persone con demenza. Questi progetti di visite museali guidate sono qui visti come un’opportunità per raggiungere gli obiettivi tipici dell’Approccio Capacitante™: favorire l’espressione delle Competenze elementari (1)delle persone affette da demenza e favorire una Convivenza sufficientemente felice (3) tra persone con demenza, familiari e operatori.

 

Il museo

In questa prima parte il Museo viene presentato come un luogo in cui abitano Libertà, Creatività, Piacere. Dal punto di vista dell’Approccio Capacitante™, il museo può diventare il luogo dove s’incontrano due libertà, quella dell’artista, libero nell’espressione attraverso il prodotto artistico, e quella dell’osservatore, libero nella fruizione dell’opera d’arte.

 

La libertà dell’artista

L’artista è libero di creare il suo oggetto (quadro, scultura, installazione…) così come vuole, seguendo la sua ispirazione, esprimendo un suo mondo interiore, con le modalità che lui sceglie. Il mondo interiore che viene espresso è solo suo, le modalità scelte sono quelle che dal suo punto di vista sono le più adatte. L’artista crea quello che vuole, così come vuole, seguendo il suo estro. Il linguaggio artistico può essere considerato come una forma di comunicazione, ma ha una caratteristica peculiare. L’artista esprime qualcosa, comunica un suo messaggio, ma non pretende che l’osservatore percepisca questo suo messaggio così come lui l’ha concepito. L’artista produce per il piacere di produrre, non ha necessariamente l’obiettivo di comunicare e di essere compreso. A noi piace pensare che l’opera d’arte sia un messaggio lanciato dall’artista e che l’osservatore sia poi libero di cogliere nell’opera d’arte quello che lui stesso sa cogliere e vuole cogliere.

 

In questo senso l’opera d’arte è uno stimolo che induce emozioni e interpretazioni nell’osservatore. Non c’è un’interpretazione giusta e una sbagliata. Forse un’opera d’arte ha più valore proprio se è in grado di suscitare molte emozioni e molte interpretazioni. Se vogliamo considerare l’arte come una forma di comunicazione, la comunicazione artistica non è biunivoca, non cerca un’unica corrispondenza tra il messaggio inviato dall’artista e il messaggio ricevuto dall’osservatore. L’arte cerca piuttosto la molteplicità delle risposte degli osservatori.

 

La libertà dell’osservatore

Chi osserva un’opera d’arte reagisce in modo personale. Ciascun osservatore ha una reazione personale che è solo sua: la reazione dell’osservatore non è giusta o sbagliata, è la sua. La libertà dell’osservatore consiste proprio in questo ed è questo il motivo per cui anche la persona con demenza può sentirsi libera di fronte a un’opera d’arte. Uno dei problemi maggiori delle persone con demenza deriva dal fatto di sentirsi inadeguati nell’affrontare i compiti della vita quotidiana. I disturbi di memoria, di linguaggio, di orientamento, di riconoscimento, delle funzioni esecutive, fanno sì che le persone con demenza si sentano insicure. Quando una persona con demenza parla, si sposta, agisce, incorre spesso in errori e, d’altra parte, il suo caregiver si sente costretto a correggerla.

 

Sentirsi in errore, inadeguato, insicuro è fonte di continua sofferenza per la persona con demenza, diventa uno stato d’animo costante che tende a creare depressione e ad inibire ogni libera espressione: la persona con demenza in fase avanzata tende a non parlare, a non fare, a non muoversi; tende a chiudersi in se stessa, a isolarsi, a non comunicare, per paura di sbagliare e per non incorrere nella frustrazione di essere continuamente corretto. La visita museale offre alla persona con demenza una grande opportunità: durante una visita guidata in modo capacitante la persona può sentirsi libera di osservare un’opera d’arte, di commentare e interpretare, provare emozioni e condividerle, può scegliere che cosa osservare, come commentare e se commentare, può scegliere di parlare o di tacere, così come lui vuole.

 

Finalmente, quello che dice non è giusto o sbagliato, è semplicemente la sua libera reazione di fronte all’opera d’arte. Le reazioni dell’osservatore, anche quello con demenza, sono radicate nella sua storia, nella sua cultura, nella sua personalità, nei suoi ricordi. In altre parole, di fronte a un’opera d’arte la persona con demenza si sente libera di vivere in un suo Mondo possibile, in un mondo in cui vuole vivere e in cui vive volentieri. Nello stesso tempo, se le visite sono condotte da operatori capacitanti, si sente libero di esprimere e di condividere il suo mondo interiore, così come vuole e così come può.

 

 

Il museo come luogo di creatività e di piacere

Come per la libertà, il Museo è anche il luogo dove abitano la creatività e il piacere. La creatività dell’artista che produce l’opera d’arte può incontrarsi con la creatività delle parole prodotte dall’osservatore con demenza: così come l’artista vive in un suo Mondo possibile e crea l’opera d’arte, così l’osservatore si lascia trasportare in un suo personale Mondo possibile in cui può creare immagini, emozioni e parole senza timore di sbagliare e di essere giudicato. Così come il pittore col pennello crea raffigurazioni che possono essere variamente interpretate, così l’osservatore con le sue parole crea storie che possono essere più o meno comprensibili, ma che sono per lui significative.

 

Così come la produzione artistica risponde al bisogno dell’artista di creare e di esprimersi, così la produzione di parole e la costruzione di storie da parte dell’osservatore risponde agli stessi bisogni. Il soddisfacimento del bisogno di creare, di esprimersi e di condividere suscita piacere nell’artista e anche nell’osservatore, un piacere che si aggiunge al puro godimento estetico. L’operatore museale/geriatrico deve essere consapevole che il Museo è un luogo in cui possono abitare Libertà, Creatività e Felicità. Perché questo si realizzi, il suo compito consiste nel facilitare la libera espressione del visitatore, con particolare riguardo alle sue Competenze elementari (competenza a parlare, a comunicare, emotiva, a contrattare, a decidere).

 

L’approccio capacitante™ e le competenze elementari

Le demenze sono croniche e progressive. Oggi si sa, ad esempio, che la malattia di Alzheimer inizia parecchi anni prima della sua evidenza clinica. Dopo un lungo periodo di malattia silente, cominciano a presentarsi i primi disturbi di memoria (amnesia) poi, progressivamente disturbi di attenzione, di linguaggio (afasia), difficoltà a compiere azioni finalizzate (aprassia), difficoltà a riconoscere persone e cose (agnosia), disturbi delle funzioni esecutive, disturbi motori. La persona perde progressivamente le sue capacità, prima quelle più complesse, poi le più semplici come quelle necessarie per svolgere le attività della vita quotidiana (lavarsi, vestirsi, mangiare…). Tuttavia, la capacità di osservare e di godere un’opera d’arte si conserva a lungo nelle persone con demenza.

 

L’Approccio Capacitante™ è una modalità di relazione interpersonale che si basa sul riconoscimento delle Competenze elementari8 (1-3) delle persone con demenza e che ha per fine una Convivenza sufficientemente felice tra anziani, operatori e familiari. Dal punto di vista capacitante è importante creare un ambiente in cui la persona con demenza possa esercitare le sue competenze così come può, come vuole, come effettivamente fa, senza sentirsi in errore. Nei primi anni del Duemila l’Approccio Capacitante™ è stato proposto da Pietro Vigorelli nell’ambito del Gruppo Anchise e si è diffuso in tutta Italia a partire dai Seminari multiprofessionali e dai Corsi di formazione tenuti prima presso l’AO Ospedale San Carlo Borromeo, poi presso l’Azienda di Servizi alla Persona IMMeS e Pio Albergo Trivulzio di Milano. Dal punto di vista metodologico nasce dall’esperienza diretta nell’assistenza delle persone ricoverate nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) e dallo studio degli scambi verbali tra anziani e operatori, audio registrati e trascritti fedelmente.

 

Le sue radici affondano nel concetto di Alleanza terapeutica e si sviluppano con il Conversazionalismo di Giampaolo Lai (4, 5) per poi intersecarsi con i contributi di altri Autori: Naomi Feil e la Validation (6), Tom Kitwood e l’approccio psicosociale (7), Moyra Jones e la GentleCare (8), Amarthia Sen e il Capability approach (9, 10), John Bowlby e la Teoria dell’attaccamento (11), gli Autori di Scuola sistemica (12).

 

Le Competenze elementari considerate sono cinque:

  1. la competenza a parlare, cioè la competenza a produrre e scambiare parole, indipendentemente dal loro significato;
  2. la competenza a comunicare, mediante il linguaggio verbale, paraverbale e non verbale;
  3. la competenza emotiva, cioè la competenza a provare emozioni, a condividerle e a riconoscere quelle dell’interlocutore;
  4. la competenza a contrattare sulle cose che riguardano la vita quotidiana (un’espressione di questa competenza la si osserva nella contrattazione del motivo narrativo durante gli scambi verbali);
  5. la competenza a decidere, anche in presenza di deficit cognitivi e in contesti di ridotta libertà decisionale (espressioni estreme di questa competenza sono rappresentate dai comportamenti di opposizione, di chiusura relazionale, di isolamento dal mondo).

 

Il riconoscimento delle Competenze elementari è un’attività complessa che si può descrivere nelle sue varie componenti:

  • Fare attenzione a ciascuna Competenza elementare nel momento in cui si manifesta, così come si manifesta;
  • Individuare, cioè capire e denominare la competenza che appare;
  • Accettare che l’anziano con demenza dica quello che dice, esprima quello che esprime, faccia quello che fa, senza interromperlo e senza correggerlo (purché non provochi danni);
  • Favorire l’emergere delle Competenze elementari senza giudicarle (le competenze non possono essere giudicate come vere o false, giuste o sbagliate);
  • Dare effettività, cioè prendere in seria considerazione quello che l’interlocutore dice e comportarsi in modo che l’anziano si accorga che le sue parole producono degli effetti (non necessariamente quelli che lui si aspetta).

 

Il progetto “a più voci”

Il progetto viene qui presentato partendo dalle sue origini, riportando poi l’esempio di una storia che si è costruita durante una visita museale. Nel 2009 è iniziato il primo contatto tra gli operatori della RSA Vincenzo Chiarugi (Empoli, Firenze) e Anne Basting (Center on Age & Community, University of Wisconsin-Milwaukee), la creatrice del programma TimeSlips9. Carla Bagnoli e Luca Carli Ballola hanno fatto da ponte ed hanno importato in Italia un atteggiamento nuovo da adottare nei confronti delle persone con demenza. Partendo dalla constatazione che la malattia ruba la memoria, ma che il malato continua a essere una persona, Anne Basting ha lanciato un’idea: Forget memory, try imagination (Dimentica la memoria, prova con l’immaginazione).

 

Il metodo consiste nel favorire la creazione di storie da parte delle persone con demenza. Gli operatori della RSA Chiarugi si sono poi uniti a quelli dell’Associazione Anna e hanno iniziato a sperimentare il metodo con le persone con demenza che risiedono nella RSA. Successivamente hanno coinvolto il team del Dipartimento Educativo della Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze (Cristina Bucci, Irene Balzani) per applicare il metodo TimeSlips nell’ambito di un progetto originale di visite museali denominato A più voci.

 

Nel caso di Firenze si tratta di visite museali per persone con demenza e loro familiari, effettuate durante il normale orario di visita del pubblico, condotte in modo congiunto dagli operatori del museo e da operatori geriatrici. Il progetto, mentre si stava realizzando, è stato poi inserito in una cornice di senso che mette al centro dell’attenzione la persona e le parole che è in grado di produrre, così come può: l’Approccio Capacitante™.

 

Il progetto A più voci si articola in cicli di quattro incontri guidati dagli operatori del Dipartimento educativo della Fondazione Palazzo Strozzi insieme a educatori geriatrici specializzati. Ogni incontro dura un’ora e mezza. Nei primi tre incontri viene scelta un’opera, ogni volta diversa, su cui soffermarsi: tutti osservano e gli operatori valorizzano le parole che emergono, così come emergono, per creare un racconto collettivo, così come il gruppo è in grado di produrlo. La storia viene annotata da un operatore durante l’attività, in modo da valorizzarla e da poterla restituire ai narratori. L’ultimo incontro è invece dedicato a un laboratorio creativo in cui si utilizzano fogli di carta, pennarelli e altri materiali: le parole si accompagnano con gli oggetti, dal guardare e parlare si passa al fare, dall’essere osservatori e narratori si passa all’essere produttori di oggetti e di opere creative.

 

Un esempio di storia

Il gruppo si ferma davanti al dipinto di John Singer Sargent At Torre Galli: Ladies in a Garden10 (prestato dalla Royal Academy of Arts di Londra) e lo osserva con attenzione. Un operatore distribuisce dei fazzoletti profumati, l’odore crea un collegamento tra la situazione rappresentata nel quadro e quella che si sta vivendo nel qui e ora, parole ed emozioni cominciano a fluire. L’operatore ascolta senza interrompere e senza correggere, incanala le reazioni dei presenti con domande aperte ed evocative del tipo dove siamo? che cosa si sente nell’aria?

 

Comincia così una narrazione, libera e collettiva, che viene trascritta da un altro operatore: Io ho poca memoria ma mi faccio colpire. Tutto bello. Ci sono due strutture di tempi costruttivi diversi. Le donne giovani, il tappeto curato, la strada liscia in mezzo è la parte recente, quella posteriore è più antica, c’è roccia, marmi vecchi e muri scrostati. Il muro è il confine che chiude questo giardino, dietro ci sono alberi, una collina, un convento e un palazzo con una loggia verso di noi, in fondo all’arco una donnina, è una Madonnina che prega su una vasca, poi c’è un’altra vasca, dove c’è l’acqua che scende giù. Sento che frigge qualcosa… sccc… è l’acqua. Ci sono i fiori, le conche dei limoni in fiore.

 

Il ruolo degli operatori

Nel progetto A più voci gli operatori ascoltano e favoriscono l’emergere delle parole da parte delle persone con demenza: non interrompono, non correggono, non giudicano, non completano le frasi lasciate in sospeso. Accolgono le parole di ciascuno così come emergono, quando emergono. A loro volta utilizzano tecniche di intervento attivo come la Risposta in eco, la Restituzione del motivo narrativo, la Somministrazione di autobiografia (13). Gli interventi si basano sulla constatazione che le parole delle persone con demenza sono parole immodificabili (ciascuno parla come può), mentre le parole degli operatori possono essere scelte in modo consapevole per ottenere il risultato desiderato: che l’altro parli e lo faccia liberamente, volentieri, senza sentirsi in errore.

 

Persone affette da demenza, familiari e operatori: risultati attesi e risultati aggiuntivi

Il rapporto tra operatori e familiari richiede particolare attenzione perché è di grande importanza per il raggiungimento dei risultati. Non è facile, ad esempio, coniugare la libertà di parlare della persona con demenza con quella del familiare: il familiare normalmente è più rapido nel prendere la parola e potrebbe così inibire l’espressione verbale dell’anziano. È necessario un incontro preliminare con il familiare per spiegare il significato del progetto e per evitare che questo succeda. Il progetto darà poi i suoi risultati migliori se gli operatori riusciranno a coniugare libertà, creatività e piacere delle persone con demenza con quelle dei familiari e quelle di loro stessi. In questo consiste l’arte di condurre un gruppo in modo capacitante.

 

Dal punto di vista capacitante, i risultati attesi nei progetti di visite museali riguardano:

  • l’effettiva partecipazione delle persone con demenza e dei loro familiari alle visite guidate
  • l’effettiva espressione delle Competenze elementari da parte delle persone con demenza
  • lo sperimentare una situazione di Convivenza sufficientemente felice tra persone con demenza, familiari e operatori, nel qui e ora della visita.

 

Tuttavia, durante le visite si ottengono numerosi altri risultati favorevoli, risultati che non vengono cercati ma che vengono comunque ottenuti:

  • un allargamento dei rapporti sociali
  • il superamento dello stigma della malattia
  • il piacere della fruizione dell’arte
  • l’aumento dell’autostima
  • il risveglio dei ricordi.

 

Il raggiungimento di questi risultati dipende da una specifica preparazione degli incontri e dalla formazione degli operatori. La visita al Museo deve essere preparata accuratamente (Tabella 1).

Tabella 1 -Attività in preparazione alla visita museale.

 

La formazione degli operatori

Il focus attenzionale dei partecipanti è rivolto all’opera d’arte, quello degli operatori alle persone con demenza e al funzionamento del gruppo. Gli operatori devono essere esperti nel conoscere e valorizzare l’opera d’arte ma, soprattutto, nel conoscere e valorizzare le persone con demenza e le loro parole. È importante notare che: – le parole delle persone con demenza sono immodificabili e vengono accettate così come vengono dette; – le parole degli operatori possono invece essere scelte per ottenere gli obiettivi dell’Approccio Capacitante™.

 

Nei gruppi con persone con demenza di grado lieve il commento artistico-culturale degli operatori è importante e serve per arricchire e dare riconoscimento alla competenza artistico-culturale dei partecipanti. Nei gruppi con persone con demenza di grado severo il commento artistico-culturale può avere effetti positivi o negativi. In qualche caso può suscitare piacere e favorire l’emergere di altri commenti, in qualche caso può invece suscitare frustrazione, confusione e isolamento, può quindi bloccare la libera espressione delle persone con demenza.

 

Conclusioni e prospettive

I progetti di visite museali guidate dimostrano che è possibile far conoscere il Museo e l’arte anche alle persone con demenza. Le visite guidate possono diventare anche uno strumento terapeutico, possono cioè favorire l’espressione e la conservazione delle Competenze elementari (competenza a parlare, a comunicare, emotiva, a contrattare, a decidere) e la Convivenza sufficientemente felice tra le persone con demenza, i loro familiari e gli operatori. Per sviluppare e diffondere i progetti è importante creare una rete tra i musei e curare la formazione degli operatori.

 

Ringraziamenti

Ringraziamo Cristina Bucci e Irene Balzani del Dipartimento educativo della Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze insieme a Michela Mei e Silvia Melani dell’Associazione Anna che hanno collaborato al progetto A più voci: senza la loro competenza e passione nulla avrebbe potuto essere realizzato.

Note

  1. www.timeslips.org
  2. www.palazzostrozzi.org/Sezione.jsp?idSezione=2169&idProgetto=1&idLinguaSito=1
  3. www.moma.org/meetme
  4. www.royalacademy.org.uk/events/special-events/inmind-at-the-ra-coffee-and-conversation,1803,EV.html
  5. www.museodelprado.es/exposiciones/info/en-el-museo/tesoros-del-hermitage/actividades/el-prado-para-todos
  6. www.gnam.beniculturali.it/index.php?it/169/il-progetto-la-memoria-del-bello
  7. www.fondazione-manuli.org
  8. www.gruppoanchise.it
  9. www.timeslips.org
  10. www.wikipaintings.org/en/john-singer-sargent/at-torre-galli-ladies-in-a-garden-1910

Bibliografia

1. Vigorelli P. L’Approccio Capacitante. Come prendersi cura degli anziani fragili e delle persone malate di Alzheimer. Franco Angeli, Milano, 2011.

2. Vigorelli P, Bonalume M, Cocco A, Lacchini C, Maramonti A, Negri Chinaglia C, Peduzzi A, Pezzano D, Riedo E, Sertorio S. L’Approccio Capacitante nella cura degli anziani fragili e delle persone con deficit cognitivi. 10 anni di esperienza. Psicogeriatria. 2011;2:58-70.

3. Vigorelli P. Aria nuova nelle Case per Anziani. Progetti capacitanti. Franco Angeli, Milano, 2012.

4. Lai G. Conversazionalismo, Bollati Boringhieri, Torino, 1993.

5. Lai G. Cambiamenti nella teoria della conversazione e cambiamenti nella relazione con i pazienti Alzheimer. Psicoterapia e scienze umane. 2001;2:55-68.

6. Feil N. Validation. Il metodo Feil. Ed it. A cura di V. de Klerk-Rubin. Minerva Edizioni, Bologna, 2008.

7. Kitwood T. Dementia reconsidered: the person comes first. Open University Press, Buckingham, 1997.

8. Jones M. Gentlecare. Changing the experience of Alzheimer’s disease in a positive way. Resources Ltd 1999. Ed. It. Gentlecare. Un modello positivo per l’assistenza. Carocci, Roma, 2005.

9. Sen A. Development as Freedom (1999). Tr. It. Lo sviluppo è libertà. Arnoldo Mondadori, Milano, 2000.

10. Sen A. Identity and Violence: The Illusion of Destiny. W. W. Norton & Company. New York – London 2006.

11. Attili G. Attaccamento e costruzione evoluzionistica della mente. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2007.

12. Watzlawitck P, Beavin JH, Jackson DD. Pragmatic of human communication. A study of interactional patterns, pathologies and paradoxes, W.W. Norton, New York 1967. Tr. it. Pragmatica della comunicazione umana. Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1971.

13. Vigorelli P. La conversazione possibile con il malato Alzheimer. Franco Angeli, Milano, 2004.

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