Curare le persone anziane in RSA ha senso? La nostra risposta è senz’altro sì, soprattutto se si considera ormai giunto il tempo di considerare che le RSA non siano più vissute come contenitori indistinti di tutte le varie tipologie di fragilità e patologie in età geriatrica. Per offrire una vita qualitativamente alta alla persona anziana malata, è assolutamente necessario differenziare le risposte di cura. Quindi le RSA, devono dedicarsi solo alle situazioni più gravi e problematiche utilizzando con maggiore attenzione le proprie risorse e tenendo conto anche delle indicazioni e dei desideri che giungono dai residenti circa la qualità della propria vita.
Esiste “Qualità” nella vita delle persone che vivono in RSA?
Nel corso degli ultimi decenni le RSA si sono profondamente trasformate, passando da luoghi (o non-luoghi) di custodia/protezione per persone non in grado di condurre una vita autonoma, a luoghi in cui vengono offerte assistenza e cura in modo professionale e nei quali il criterio di “bisogno”, sempre di più correlato a problemi di decadimento funzionale e/o cognitivo, si associa una ricerca di una vita qualitativamente soddisfacente nonostante i numerosi problemi clinici, funzionali e psicocognitivi.
La popolazione delle RSA si caratterizza per un’elevata presenza di persone con deterioramento cognitivo, una grave dipendenza funzionale, una condivisione di spazi comuni con difficoltà di privacy ambientale e una difficoltà di operare scelte autonome per la propria vita. Tutti questi sono fattori che incidono in negativo sulla Qualità di Vita (QdV da ora in poi).
Le domande che ci siamo posti, sono state, pertanto: esistono elementi comuni individuabili e, in qualche modo, misurabili per definire la QdV in RSA? Quali indicatori intercettano in modo significativo la ricerca della QdV? Misurare la QdV può avere un’applicazione pratica, può, cioè, aiutare ad offrire un’assistenza realmente personalizzata, tagliata su misura di ciascuna persona anziché un’assistenza standardizzata? Ancora: è possibile affermare che misurare la QdV aiuti i gestori e gli operatori ad ottimizzare le sempre più scarse risorse a propria disposizione?
A partire da questi quesiti ARSAC (Associazione delle RSA Cremonesi) ha iniziato nel 2016 un percorso di approfondimento sugli elementi che possono influenzare la Qualità di Vita delle persone residenti, individuando, tre macro aree tra loro interdipendenti, all’interno delle quali sviluppare un proprio percorso di studio e di approfondimento:
- Qualità di ambienti, tecnologie e processi
- Benessere organizzativo
- Benessere individuale.
Sulla base di questa premessa di studio, la Fondazione Vismara – De Petri di San Bassano in provincia di Cremona, ha promosso, in collaborazione con altre RSA della provincia, una indagine esplorativa sugli esiti degli interventi, dei trattamenti, delle pratiche cliniche ed assistenziali in relazione al tema della Qualità di Vita degli ospiti delle proprie strutture (benessere individuale). Il primo passo dello studio ha previsto la messa a punto di uno strumento di valutazione della Qualità di Vita: la Scala Sant’Omobono. Con questo approccio il gruppo di lavoro ha inteso promuovere l’introduzione di un sistema di buone pratiche cliniche, assistenziali, riabilitative e psicoeducative non più autoreferenziali e fondate sulla standardizzazione “a priori” degli indicatori di processo, ma, in una logica di rigorosa appropriatezza, che siano il frutto della valutazione diretta operata dalle singole persone che abitano le RSA.
Non si tratta però di uno strumento di Customer Satisfaction, con la quale si intende valutare se gli ospiti o le famiglie sono soddisfatte di quanto la struttura mette a disposizione, quanto piuttosto di un sistema integrato, clinico, assistenziale, riabilitativo ed educativo per misurare gli esiti delle pratiche rispetto alle aspettative di Qualità di Vita dei residenti. Questo nostro sistema valutativo è in ultima analisi un potente organizzatore dell’orientamento alla stesura dei Piani Assistenziali Individualizzati (PAI) e dei Progetti Individuali (PI).
L’evoluzione delle Residenze Sanitarie Assistenziali nella prospettiva della Qualità di Vita
È ormai indispensabile progettare la cura delle persone anziane malate e fragili, utilizzando servizi più appropriati rispetto alla condizione di malattia e di disabilità delle persone anziane stesse. Ne consegue che le RSA non possano essere più considerate come contenitori indifferenziati di persone anziane con problemi di salute, ma debbano essere inserite in una rete di servizi che sia in grado di offrire cure più mirate ai singoli bisogni. In tale rete, le RSA rappresentano sicuramente un presidio di cura per chi si trova nelle condizioni cliniche più gravi. Tuttavia occorre anche affermare che vivere in RSA non significa “attendere la fine” ma, piuttosto, proseguire nel proprio percorso di vita nel modo più qualitativamente adeguato possibile.
Ciò si traduce:
- nella necessità di valutare la QdV delle persone residenti proprio a partire da loro stesse e dalla loro storia passata e presente
- mettere in atto tutti quegli accorgimenti di natura assistenziale, riabilitativa, clinica, psico-educativa, gestionale e organizzativa che consentono di perseguire il raggiungimento della QdV per ogni persona anziana residente.
La scala Sant’Omobono nasce proprio dal desiderio di possedere uno strumento, il più oggettivo possibile per ottenere questo risultato.
Le interviste
Complessivamente sono state elaborate le interviste di 1535 ospiti. Di questi, 449 hanno una doppia valutazione (intervista diretta e a proxy). In modo diretto sono stati intervistati tutti coloro che erano in grado di rispondere direttamente (e abbiamo scelto di intervistare direttamente coloro che avevano un MMSE>=15/30) e, in modo indiretto, tutti gli altri utilizzando la figura del proxy ovvero di un operatore OSS del reparto che conoscesse sia la storia passata che quella attuale della persona ospite.
Esiti delle interviste indirette a proxy di “ospiti non competenti”
Per dare evidenza ai profili di QdV (individuali e aggregati) abbiamo, utilizzato i grafici radar che utilizzano un poligono i cui vertici corrispondono ai valori medi dei singoli domini: quanto più basso è il valore espresso, tanto più il vertice del poligono si approssima al centro e quindi minore è la qualità rilevata in termini di opportunità offerte; quanto più è alto il valore, tanto più il tracciato si sposta verso l’esterno. Sono stati elaborati grafici radar sia a livello individuale sia con diversi livelli di aggregazione: reparto struttura, intero campione. La figura che segue è quello relativo al campione nel suo complesso riguarda la media delle interviste indirette effettuata con i proxy.
Commento ai dati raccolti
Va ricordato che le interviste a proxy riguardano tutte le persone che, per i deficit cognitivi e/o per le gravi condizioni generali, non hanno potuto esprimersi direttamente, persone quindi con abilità comunicative insufficienti per esprimere la specifica percezione della propria QdV ed anche persone non più in grado di esprimere la propria autodeterminazione, di operare scelte consapevoli, anche rispetto agli aspetti più semplici della vita quotidiana (es. scegliere cosa mangiare o rifiutarsi di svolgere attività non particolarmente gradite). Questo, a nostro parere giustifica, almeno in parte i valori, mediamente più scarsi delle interviste indirette rispetto a quelle dirette e anche quelli, decisamente bassi, dei domini “Inclusione Sociale” e “Sviluppo Personale”. dalla figura 2 che emerge ne risulta che le RSA nel loro insieme garantiscono in modo elevato il rispetto dei Diritti individuali, offrono un’ottima qualità di servizio in termini di disponibilità di beni materiali, comfort e sicurezza delle persone ospiti, in altre parole garantiscono una buona presa in carico per quanto riguarda lo specifico dei propri compiti istituzionali (cura della persona nel rispetto dei diritti). Per contro appaiono meno garantiti il dominio del “Benessere emotivo e spirituale” che richiede una presa in carico più attiva. I domini dell’area sociale (inclusione e relazioni) e quello dello sviluppo personale, inteso come possibilità di trascorrere in modo piacevole e costruttivo il proprio tempo, risentono in modo più marcato di un’offerta di opportunità limitata, anche in relazione alla complessità dei quadri clinici e funzionali della popolazione oggetto di studio.
Esiti delle Interviste dirette agli ospiti “competenti”
Le interviste realizzate direttamente alle persone residenti nelle strutture partecipanti hanno riguardato complessivamente 554 ospiti. Per 449 persone, inoltre, abbiamo effettuato anche la valutazione al “proxy”. Perché? La doppia valutazione (intervista a proxy + intervista all’ospite) è servita, mettendole a confronto fra di loro a stabilire la “attendibilità” dei proxy. Una ulteriore differenza tra le due modalità di somministrazione (diretta e indiretta) consiste nel fatto che, mentre nelle interviste a proxy sono state rilevate solo le opportunità, nelle interviste dirette agli ospiti abbiamo rilevato anche altre 2 dimensioni: importanza/rilevanza e soddisfazione, per avere una informazione più completa rispetto alla qualità di vita individuale.
Abbiamo, infatti, pensato che l’importanza attribuita a ciascun item e, mediamente, ad ogni dominio potesse essere un elemento conoscitivo importante per determinare l’effettiva QdV delle persone residenti; inoltre, riteniamo che la soggettiva percezione di soddisfazione rispetto alle opportunità, sia strettamente correlata, oltre che alla loro effettiva frequenza, all’importanza attribuita.
Il grafico che segue rappresenta la media degli esiti delle interviste dirette. I tracciati sono 3: uno per ciascuna delle dimensioni misurate (opportunità, importanza e soddisfazione).
Osservando il grafico, la prima cosa che si nota è la forma del profilo che, al di là della differenza nei valori assoluti dell’opportunità, è sostanzialmente simile a quella del grafico delle interviste a proxy (cfr. Grafico 1). Questo suggerisce che i punteggi mediamente bassi, dipendono effettivamente da problematiche istituzionali, anche se sicuramente, ma non esclusivamente, sono influenzati dalle oggettive condizioni complessive delle persone ospiti.
Si osserva anche che il dato relativo alla soddisfazione si mantiene alto, anche nei domini in cui l’offerta delle strutture è piuttosto bassa. Questo sembrerebbe confermare il dato relativo alla scarsa importanza mediamente attribuita agli elementi rilevati in questi domini, in particolare “Sviluppo Personale” e “Inclusione Sociale”; in tale ambito, in altri termini, da una prima lettura del grafico, si direbbe che permane una buona soddisfazione anche a fronte di scarse opportunità offerte. In realtà la dispersione del campione e la variabilità elevata suggeriscono che il dato sia particolarmente rilevante per la progettazione individuale, ma che non possa essere utilizzato per determinare tout court un generalizzato scarso interesse per l’inclusione sociale. Un’ulteriore osservazione riguarda il dominio “Autodeterminazione”: nonostante il sistema dei servizi riconosca come diritti il comfort e la cura, in media le persone intervistate percepiscono una certa limitazione nella possibilità di esprimere le proprie scelte, che può essere interpretata come una tendenza dell’organizzazione a prevalere sulla personalizzazione.
Confronto degli esiti dell’intervista diretta e intervista a proxy
Come in precedenza accennato, per 449 persone facenti parte della rilevazione, disponiamo sia l’intervista diretta, sia quella a proxy. Abbiamo pertanto pensato di mettere a confronto i dati in modo da avere una prima valutazione della bontà dello strumento. L’ipotesi che intendevamo verificare era che, quanto più è oggettiva la rilevazione, tanto meno sarà influenzata da variabili di tipo individuale, quindi l’esito della rilevazione indiretta (a proxy), e l’esito di quella diretta, fatte salve le variazioni individuali, tenderanno a sovrapporsi. Se questo è vero, le interviste indirette ci possono fornire una lettura attendibile della QdV nelle RSA, anche dove non fosse possibile far parlare in prima persona gli ospiti.
Il grafico seguente, che mette a confronto i tracciati delle interviste dirette e delle interviste a proxy, offre una prima conferma della validità del costrutto e della oggettività della rilevazione, almeno per quanto riguarda la media dei totali dei domini. Tuttavia, per avere conferma della sostanziale “interscambiabilità” dei valutatori, servono analisi più approfondite.
Come utilizzare la Scala Sant’Omobono
Per quanto riguarda l’applicazione della Scala all’elaborazione del Progetto Individuale (PI) e del Piano Assistenziale Individualizzato (PAI), riteniamo che la Scala Sant’Omobono possa avere un ruolo centrale.
Occorre valorizzare lo strumento e le sue potenzialità nella costruzione di un vero e proprio “Progetto di Qualità della Vita” che entri fortemente nel PAI e che utilizzi le matrici ecologiche, i sostegni individuali socio educativi nella costruzione dinamica e interattiva di un progetto sulla e con la persona. Pensare e leggere la fragilità attraverso la misurazione della qualità della vita significa dare alla valutazione multidimensionale un approccio bio psico sociale adeguato e verificabile nel tempo, orientato agli obiettivi ed alla efficacia degli interventi anche organizzativi che possono migliorare la qualità della vita percepita dalle persone.
Una ulteriore applicazione della Scala, che abbiamo utilmente sperimentato, consiste nella possibilità di leggere i risultati su diversi livelli di aggregazione, nello specifico il reparto e l’intera struttura. A livello del nucleo abitativo è possibile inferire interessanti valutazioni rispetto al clima relazionale ed osservare quanto la struttura organizzativa può essere diversamente interpretata rispetto ai soggetti in gioco. Da questo grado di valutazione possono emergere tutte le criticità dei domini nella vita quotidiana dei nuclei che permetteranno agli staff di individuare delle azioni correttive che vadano, in modalità strutturata, a migliorare la vita di reparto. Così la scala diventa uno strumento operativo per intervenire sui setting organizzativo/strutturali della qualità della vita nei reparti.
Il processo dell’utilizzo della scala S. Omobono avviene come spiegato nella figura 6.
Paradigma Bio Psico Sociale
Impiego clinico dell’Intervista S. Omobono
Partendo dalla considerazione sempre vera e mai troppo ribadita che in medicina e soprattutto in geriatria “curare” significa prendersi cura in toto della persona anziana, appare incontrovertibile affermare che la Scala Sant’Omobono possieda le caratteristiche indispensabili per consentire di valutare in modo completo la Qualità di Vita che l’anziano sta vivendo al momento dell’intervista stessa. Su quali basi è possibile sostenere tale affermazione? In effetti con la Sant’Omobono alla persona anziana è consentito esprimere i livelli di soddisfazione e valutare la percezione della qualità del proprio vivere quotidiano nel contesto residenziale in cui si trova, (dato valutabile in modo oggettivo), direttamente quando le abilità cognitive lo permettono o indirettamente quando non è in grado di rispondere autonomamente, avvalendosi della figura del proxy.
In entrambi i casi i valori delle risposte alle domande strutturate dell’intervista dichiarano accesso, rilevanza personale, soddisfazione e fruibilità di quanto l’ambiente di cura e di vita mette a disposizione della stessa persona, producendo un profilo di compatibilità/incompatibilità, equilibrio/disequilibrio gradimento/rifiuto rispetto all’efficacia con cui la struttura mette a disposizione e contribuisce alla qualità di vita dei suoi ospiti. Il confronto incrociato tra soddisfazione, opportunità, servizi e preferenze/rilevanza osservabile nei profili che registrano l’esito dell’intervista, indicano percorsi individualizzati di intervento, trattamento e modificazioni ambientali indispensabili per progettare, in modalità personalizzata, qualità di vita, superando la logica di fatto discriminativa e comprimente dell’approccio standardizzato.
Più operativamente, qual è l’utilità pratica della Intervista Sant’Omobono nel lavoro di cura?
L’anziano si riappropria del ruolo di protagonista rappresentando con la propria diretta o mediata partecipazione il punto di partenza e quello di arrivo dei percorsi di presa in carico globale che lo riguardano. Fino ad ora per la stesura dei PI e dei PAI, si sono utilizzate le osservazioni e le conoscenze degli operatori e dei familiari raccolte anche attraverso strumenti noti quali MMSE, Tinetti, Barthel, UCLA, CDR ecc. Di fatto la valutazione non comprendeva un patrimonio informativo che consentisse di portare direttamente la voce e i contributi del protagonista cioè dell’anziano che abita in RSA.
Pertanto si potrebbe affermare che la Scala Sant’Omobono consente di superare l’atteggiamento “paternalistico” che ha sempre consegnato ai famigliari o agli operatori o ai volontari il compito di scegliere e decidere obiettivi, mete e valutazioni di esiti e, talvolta, addirittura di imporre il “giusto e il doveroso”, al posto della persona anziana stessa. Si tratta di una considerazione nuova dell’appropriatezza che non esclude, ma valorizza e comprende il profilo di qualità di vita individuato con l’intervista; questo è indispensabile per impostare, orientare e governare il lavoro di cura non più soltanto a partire dall’evidenza di ciò che manca rispetto al quadro clinico, cognitivo, funzionale o motorio, ma integrando, come fondamentali, le aspettative, i desideri, le preferenze, le motivazioni e le limitazioni percepite ben espresse e ben descritte in prima persona dall’anziano stesso.
Concretamente quindi gli otto domini della qualità indagati con la Sant’Omobono, sono le evidenze da cui gli operatori partono per mettere in rilievo i bisogni e i desideri della persona e per impostare un percorso fatto di individuazione degli obiettivi e degli strumenti per raggiungerli. Il tutto poi viene seguito dalla valutazione programmata dei risultati raggiunti. La ragnatela, che ci mostra la raccolta delle risposte dell’intervista, ci dà un giudizio immediato, preciso e diretto sulla vera qualità vissuta dalla persona abitante della RSA.
Possibile utilizzo “gestionale ed organizzativo” della Scala sant’Omobono
Proprio a partire dalla scala Sant’Omobono, che si basa sulla valutazione di 8 domini, una laureanda in Ingegneria Gestionale ha intrapreso uno studio per giungere ad un ulteriore possibile obiettivo: conciliare la ricerca della QdV per ogni ospite con la ricerca della ottimizzazione delle risorse umane e finanziarie.
Il punto di partenza è stato quello di pensare che un approccio value-based potesse essere utile per ridurre i costi socio-sanitari e garantire qualità e innovazione per la salute ed il benessere degli ospiti della RSA.
Il taglio dato a questo approccio è stato perseguito considerando la finalità del tirocinio della laureanda sia dal punto di vista conoscitivo sia progettuale:
- Natura conoscitiva: rilevare le prestazioni al fine di fornire elementi quali-quantitativi per le fasi di analisi-diagnosi del processo (rendersi conto del costo a persona, della qualità della vita dell’ospite, della possibile evoluzione del sistema informativo/informatico integrato, delle esigenze personalizzate/ flessibilità). Monitorare le prestazioni dei processi di erogazione dei servizi socio-assistenziali, con la finalità di analizzare i benefici differenziali associati alla realizzazione di un questionario della qualità il più possibile oggettivo.
- Natura progettuale: valutare le prestazioni rilevanti per il monitoraggio del processo e i relativi requisiti informativi (verifica del corretto funzionamento della gestione del personale, della turnistica, dell’efficienza del sistema anche dal punto di vista economico). Verificare la corrispondenza delle tariffe e del contributo pubblico ai costi di produzione per monitorare l’equilibrio economico e per garantire sostenibilità di lungo periodo.
Questo lavoro ha condotto l’organizzazione a ripensarsi e a progettare alcuni cambiamenti, che hanno portato la Fondazione a muoversi insieme alle esigenze di ogni ospite, aumentandone il benessere e facilitando il processo di integrazione in un ambiente diverso dalla propria casa, ma investendo anche in modo più appropriato e mirato rispetto all’erogazione di un sevizio “massificato”. Inoltre, è stato importante dar corpo ad un approccio “individualizzato” ai costi della cura, che potrà consentire in futuro un possibile risparmio legato ad una allocazione dei servizi della RSA più mirata e, dall’altra parte, ad una individuazione di rette più personalizzate.
Bibliografia
Approfondimenti bibliografici
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