1 Agosto 2003 | Cultura e società

Editoriale
I luoghi della cura: una nuova rivista di cultura e di servizio

I luoghi della cura

La comparsa di una nuova rivista è motivo di gioia, perché testimonia che l’ambito di interesse è vivo, in grado di interrogarsi sul futuro e di fare programmi.

 

Perché “I luoghi della cura”? La cura al singolare testimonia la sostanziale unità metodologica dei processi di farsi carico, pur nelle differenze degli ambiti dove il servizio viene prestato (i luoghi); fin dal titolo, quindi, si comprendono i filoni di fondo della rivista, che si preoccuperà degli aspetti motivazionali e metodologici, assieme a quelli più tecnici e perciò specifici rispetto ad un bisogno che assume sempre nuove immagini. Non sarà impresa facile, ma speriamo che i lettori vogliano contribuire al continuo miglioramento del nostro prodotto; la redazione non intende costruire una rivista chiusa, ma un forum aperto alla ricchezza del dibattito in corso tra gli operatori. Speriamo che questa apertura sia colta anche da chi ha responsabilità programmatorie dei servizi per gli anziani; il vero progresso dell’elaborazione avviene solo se il mondo di chi decide e quello di chi poi realizza i servizi non si trovano l’uno su Venere e l’altro su Marte (come ha recentemente stigmatizzato un’autorevole rivista geriatrica americana). Pur nella differenza di compiti e ruoli, il tempo difficile che stiamo attraversando non permette di giocare alla chiusura burocratica delle rispettive competenze, ma di scommettere sulla costruzione di ponti che arricchiscono il contributo di ognuno.

 

“I luoghi della cura” sa di vivere in un tempo di insopportabile postmodernismo, che autorizza qualsiasi insulsaggine, per cui sembra fuori della storia la ricerca dei valori, il riferimento a qualche cosa di stabile che possa essere tenuto sullo sfondo come luce nel difficile cammino qui e ora. Ugualmente però siamo alla ricerca di un pensiero forte, “di trovare ed esprimere l’essenziale, di afferrare e rappresentare l’unità della vita, il senso che la pervade e che la tiene assieme, il filo rosso che la stringe e ne fa una totalità significativa, il suo respiro” (C. Magris, Il Corriere della Sera, 23.4.2003). Le persone fragili –quelle alle quali dedichiamo la nostra professionalità- hanno particolarmente bisogno di un pensiero forte, che diviene l’unica loro vera difesa di fronte alle difficoltà e alla violenza più o meno nascosta che la società esprime nei riguardi di chi ha più bisogno.

 

La rivista sarà idealmente divisa in settori, in modo da coprire in ogni numero argomenti che interessano ambiti diversi; saranno esaminati aspetti clinico assistenziali, quelli gestionali, si cercheranno di compiere analisi sul quadro di riferimento politico-amministrativo delle varie regioni, verranno pubblicati materiali di lavoro commentati (integrando ed arricchendo quanto è già possibile trovare su internet), verrà fatta un’analisi degli spunti più significativi della letteratura internazionale. Infine, con il contributo di tutti, si andrà alla ricerca di esperienze originali, talvolta nascoste nel grande rumore di fondo della nostra società, ma che invece offrono spesso una ricchezza da condividere.

 

Manterremo l’impegno? Saremo adeguati rispetto alla domanda delle persone che si affidano alle nostre cure? Saremo all’altezza della generosità e delle professionalità diffuse nel mondo degli operatori dell’area geriatrica? Solo il lettore fedele potrà giudicarci, con la benevolenza che si riserva verso chi è coinvolto nella medesima difficile impresa, quella di esprimere significanti azioni d’aiuto. Fin da ora però possiamo dichiarare che non risponderemo come Caino di fronte alla domanda di Dio sulla sorte di Abele: “Sono forse io responsabile di mio fratello?” ripresa nel bellissimo libro di Zygmunt Barman “La società individualizzata”. Infatti “che lo ammetta o no, io sono il custode di mio fratello in quanto il benessere di mio fratello dipende da quello che faccio o mi astengo dal fare. E sono un essere morale perché riconosco quella dipendenza ed accetto la responsabilità che ne consegue”.

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