Le famiglie italiane ed europee tendono ad essere numericamente più ridotte, per lo più composte da una, due o al massimo tre persone. Ad esempio, in Italia le famiglie unipersonali sono passate dal 22% del 1998-99 al 33% nel 2018-19, quelle con 5+ componenti dall’8 al 5% (Istat, Annuario Statistico Italiano 2020). Queste tendenze sembrano configurare un’Europa sempre più popolata da individui isolati, privi di una adeguata rete di sostegno familiare. Ciò è particolarmente evidente per gli anziani, perché fra di loro l’incremento delle famiglie unipersonali è ancora più accentuato. Oggi, in Italia, metà delle donne con più di 75 anni che risiede in casa, vive da sola (Istat, 2020).
In realtà, la situazione è assai diversa se – in luogo di considerare solo la coabitazione – ci soffermiamo sulla prossimità abitativa. In questa breve nota aggiorniamo i risultati di precedenti studi (vedi ad esempio Hank 2007), mostrando come la prossimità fra gli anziani e i loro figli sia profondamente disomogenea fra i diversi paesi europei. Ragioniamo poi su alcune delle conseguenze di queste differenze sull’organizzazione del welfare.
Prossimità abitativa fra gli anziani e i loro figli oggi in Europa
Concentriamo la nostra attenzione sugli anziani ultraottantenni, ossia quelli a maggior rischio di fragilità. La proporzione con almeno un figlio residente a meno di un chilometro cambia radicalmente spostandosi dal Nord verso il Sud e l’Est Europa, passando dal 17% della Danimarca al 32% della Francia, al 41% della Germania, al 66% dell’Italia e al 70% della Polonia (Tabella 1). Non vi sono particolari differenze fra uomini e donne.
Guardiamo alla prossimità fra genitori e figli da un’altra prospettiva: nell’Europa mediterranea, la proporzione di figli unici che vivono nei pressi dei loro genitori è più che doppia rispetto al Nord Europa.
Oltre che a motivi culturali, la prossimità abitativa fra figli e genitori anziani potrebbe essere legata a specifiche circostanze. Ad esempio, per un anziano può essere più probabile vivere nei pressi di un figlio se può “disporre” di più figli, oppure i figli potrebbero avvicinarsi se l’anziano ha difficoltà fisiche, mentali o funzionali, e così via. Non ci sono differenze fra uomini e donne. Inoltre, dopo i 60 anni la prossimità degli anziani con i loro figli resta pressoché costante, mentre fra i 50-59enni la prossimità è maggiore, grazie alla maggior presenza di giovani figlioli ancora conviventi. Le mancate differenze per età fra gli anziani ultrasessantenni suggeriscono che la distanza fra genitori e figli si stabilizzi quando i genitori sono ancora relativamente giovani. Questo risultato conferma quanto illustrato per l’Italia da Barbagli (Barbagli et al., 2003): fino a tutto il Novecento, il 60% delle giovani coppie italiane han messo su casa a meno di un chilometro dalla famiglia di origine di uno dei due o di entrambi i partner. Studi successivi mostrano che nel XXI secolo le cose non cambiano poi di molto (Castiglioni, Dalla Zuanna 2014).
La prossimità fra genitori e figli è maggiore nelle aree rurali, fra le persone meno istruite, per gli anziani che hanno molteplici problemi funzionali. Tuttavia, tutte queste differenze quasi scompaiono di fronte a quelle legate alla geografia. Il gradiente Nord-Ovest vs. Sud-Est Europa si conferma essere l’asse su cui si manifestano le maggiori differenze di prossimità, a prescindere dalle altre caratteristiche dell’anziano (figura 1).
In quasi tutti i paesi, per gli adulti al crescere del numero di fratelli diminuisce la probabilità di vivere nei pressi degli anziani genitori (prima parte di tabella 2). Ad esempio in Francia il 28% dei figli unici vive a meno di un chilometro dai genitori ultrasettantenni, contro il 15% degli adulti che hanno due o più fratelli. In Italia nel 2017 il numero medio di figli dei 50-59enni è solo 1,56, a fronte di 2,15 degli ultraottantenni, e diminuzioni della stessa entità si osservano in Germania, Spagna e Polonia (seconda parte di Tabella 2). In questi paesi, se le abitudini residenziali non cambieranno, l’incremento dei figli unici e degli adulti con un solo fratello porterà a un incremento della proporzione di adulti residenti nei pressi dei genitori. Nello stesso tempo, però, al diminuire del numero di figli, diminuiranno anche gli anziani residenti nei pressi di almeno un figlio. Inoltre, nel futuro prossimo in questi stessi paese l’onere di cura degli anziani fragili potrà essere sempre meno diluito su più figli (Dalla Zuanna e Gargiulo, 2020).
Quindi, la fecondità pregressa si accosta alle abitudini di prossimità nel determinare le differenze fra i paesi europei nella vicinanza abitativa fra le generazioni. In particolare, la bassissima fecondità che ha caratterizzato i paesi del Sud Europa (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia) dal 1970 in poi, tenderà ad accentuare in quei paesi la proporzione di figli residenti presso i loro genitori, ma porterà – nel contempo – alla diminuzione della proporzione di anziani residenti nei pressi di almeno un figlio.
Il welfare fra forti e deboli legami di sangue
I risultati appena illustrati confermano quanto è stato osservato da altri autori con dati meno recenti (Hank, 2007): oggi i legami di sangue nelle famiglie europee continuano ad essere profondamente diversificati secondo la geografia. Nell’Europa Settentrionale e Centrale, genitori e figli adulti (ma anche i fratelli adulti) vivono meno di frequente uno accanto all’altro, hanno fra di loro meno contatti, meno scambi materiali e immateriali.
Si tratta di differenze che affondano la loro origine nel lontano passato, secondo alcuni addirittura nelle diverse culture dei popoli latini e slavi da un lato, rispetto a quelli di origine germanica dall’altro (Reher, 2004). Quel che è certo è che queste diverse tradizioni culturali hanno influenzato la geografia della nascita e dello sviluppo dei sistemi di welfare.
Il welfare state moderno è nato nei paesi europei a deboli legami di sangue, come quelli scandinavi e il Regno Unito. In questi paesi lo Stato si fa maggiormente e direttamente carico della costruzione del benessere dei suoi cittadini, attraverso servizi pubblici fruibili dalle persone più deboli e/o favorendo la nascita di un mercato dei servizi direttamente accessibile alle persone fragili, senza la mediazione della famiglia (Esping-Andersen 1990). Nei paesi a forte legame di sangue, invece, è la famiglia il primo attore che provvede ai soggetti fragili, mentre lo Stato si limita ad appoggiare l’azione delle famiglie, più attraverso sussidi monetari che fornendo servizi, intervenendo direttamente solo quando la famiglia da sola non ce la fa proprio più (Moreno Fuentes, Mari Klose, 2014).
Sarebbero molti gli esempi utili per mostrare come queste differenze innervano le diverse modalità di organizzare il welfare state. Limitiamoci a tre aspetti. Il primo esempio riguarda la residenza degli anziani (Figura 2). Anche se vi sono difformità legate ad aspetti definitori e a tradizioni specifiche di ogni Stato, la proporzione di anziani che vive in residenze collettive è maggiore nei paesi dove gli anziani che restano a casa vivono lontano dai loro figli. Ad esempio, le differenze fra Italia e Francia sono enormi. In Francia solo il 31% degli anziani ultraottantenni che sta in famiglia ha almeno un figlio che vive nelle vicinanze, mentre il 14% dei francesi ultraottantenni vive in una istituzione. In Italia, per contro, gli anziani in famiglia che vivono nei pressi di almeno un figlio sono il 66%, e solo il 2% degli ultraottentenni vive in una casa di riposo (per inciso, in Italia in tre casi su quattro si tratta di persone gravemente non autosufficienti).
In secondo luogo, nell’Europa del Sud la prossimità fra genitori anziani e figli permette a molti anziani di continuare a vivere a casa propria, essendo i figli in grado di gestire i rapporti con il personale domestico anche se gli anziani si trovano in difficoltà, perché il fisico e la mente cedono (Fondazione Leone Moressa, 2021). Non è un caso se le badanti sono molto più diffuse nei paesi dell’Europa del Sud che in quelli dell’Europa del Centro-Nord: tenendo conto del solo lavoro regolare, in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia lavora il 60% del totale delle lavoratrici e dei lavoratori domestici di dodici paesi (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Germania, Svizzera, Austria, Lussemburgo, Belgio, Danimarca e Israele), quando negli stessi quattro paesi vive solo il 40% della popolazione della stessa area (ILO 2013, Appendice statistica), vedi Figura 3. Si tratta in grandissima parte di lavoratrici e lavoratori stranieri.
Un terzo aspetto in cui ben si riconoscono le differenze fra paesi a legami familiari forti e deboli sono gli obblighi alimentari, ossia i doveri di mantenimento che, per legge, un cittadino ha rispetto ai parenti e affini in stato di bisogno (Tabella 3). Gli obblighi più stringenti sono posti nei paesi dell’Europa del Sud e dell’Est, poi nell’Europa centrale e infine nell’Europa settentrionale.
In Italia, a una persona in stato di bisogno debbono provvedere, nell’ordine: il coniuge, i figli, i genitori, i parenti diretti in linea ascendente, i cognati, i suoceri, i fratelli. Se è vivente una persona in un gradino di questa scala, parenti e affini sugli scalini inferiori non sono tenuti a intervenire (ad esempio, se un anziano vedovo indigente ha figli, sono i figli che debbono intervenire, mentre cognati e fratelli sono esentati). Inoltre, se sono presenti più parenti sullo stesso gradino, sono tutti tenuti a intervenire, ognuno secondo le sue disponibilità finanziarie: se non si accordano o non ottemperano ai loro obblighi interviene il giudice, un po’ come accade in caso di divorzio. Insomma, tutto è regolato con minuzia, con lo Stato che interviene a sostenere il soggetto debole solo in ultimissima istanza, per chi non ha proprio nessuno.
In Germania gli obblighi reciproci sono solo fra genitori, figli, nonni e nipoti di nonni (quindi senza coinvolgere fratelli, suoceri, zii o cognati). Nel Regno Unito c’è solo obbligo reciproco fra genitori e figli, mentre il caso più “estremo” è la Svezia, dove gli obblighi sono solo dei genitori verso i figli, ma non dei figli verso i genitori, e non c’è nessun tipo di obbligazione giuridica a sostenere parenti o affini più lontani.
Conclusioni
Quest’ultimo discorso ci porta ad alcune considerazioni conclusive. Non è facile, ed è forse poco utile cercare di capire qual è l’uovo e qual è la gallina, ossia se il welfare state è nato nel Nord e Centro Europa per supplire alle carenze degli aiuti familiari, oppure se nell’Est e Sud Europa è stato un welfare insufficiente a costringere le famiglie a darsi da fare per assistere le persone deboli (Reher 2004; Moreno Fuentes, Mari-Klose, 2014). Piuttosto, quando la crescita generale del reddito e della ricchezza lo ha reso possibile, e quando si è consolidata l’idea che lo Stato debba mettere in atto azioni efficaci verso i suoi cittadini più fragili, è utile constatare che ogni Stato europeo – e non solo europeo – ha intrapreso strade diverse, che queste strade sono in gran parte legate alla struttura antropologica prevalente delle famiglie che di quello Stato fanno parte, e che – come nostrano i nostri risultati – queste differenze non scompaiono nel tempo, e che anzi potrebbero irrobustirsi a causa della diversa dinamica demografica del Nord e del Sud Europa.
Quindi, bisogna essere molto cauti prima di giudicare, anche implicitamente, la bontà di un sistema di welfare rispetto a un altro, prima di distinguere fra welfare di serie A e di serie B. Non è detto che i sistemi di welfare oggi attivi in Danimarca o in Svezia sarebbero quelli in grado di massimizzare il benessere per gli anziani fragili residenti in Spagna e in Italia. L’identificazione – nei diversi paesi – delle politiche più adatte per garantire le migliori condizioni di vita possibili per le persone fragili dovrebbe partire dalla constatazione della profonda diversità dei loro sistemi familiari.
Questo non vuol dire che il welfare di ogni singolo paese si sia plasmato, in modo deterministico, sulla struttura antropologica delle famiglie che lo compongono. Non vuol dire neppure che i paesi non possano utilmente contaminarsi, alla ricerca delle soluzioni di welfare migliori in un dato periodo storico. Tuttavia, andrebbe tenuto sempre presente che, se l’obiettivo è quello di aiutare gli anziani fragili, le “ricette” da proporre nei paesi a legami familiari forti, dove gran parte di genitori anziani e figli adulti vivono in prossimità, possono essere assai diverse da quelle più adatte nei paesi dove i legami fra genitori e figli sono deboli e la maggioranza dei genitori vive lontana dai propri figlioli.
Bibliografia
Barbagli M., Castiglioni M., Dalla Zuanna G., (2003), Fare famiglia in Italia, il Mulino.
Castiglioni M., Dalla Zuanna G., (2014), Spread of Cohabitation and Proximity between Kin in Contemporary Italy, in Journal of Family History, 39, 4, 422-444.
Castiglioni M., Dalla Zuanna G., (2017), La famiglia è in crisi. Falso, Laterza.
Dalla Zuanna G., Gargiulo C., (2020), Gli anziani italiani nel prossimo ventennio. Modifiche socio-demografiche e nuove sfide per il welfare, in I luoghi della cura online, n. 2, 15 maggio.
Esping-Andersen G., (1990), The Three Worlds of Welfare Capitalism, Princeton University Press.
Fondazione Leone Moressa, (2021), Secondo Rapporto annuale sul lavoro domestico.
Hank K., (2007), Proximity and Contacts Between Older Parents and Their Children: A European Comparison, in Journal of Marriage and Family; 69(1), 157-173, Feb.
ILO, (2013), Domestic Workers across the World: global and regional statistics and the extent of legal protection, International Labour Office Publications.
Istat, (2020), Aspetti di vita degli over 75. Condizioni di salute, vicinanza ai figli, disponibilità di spazi esterni alla abitazione, cani in casa, in Statistiche today, Società, 27 aprile.
Moreno Fuentes F.J., Mari-Klose P., (2014), a cura di, The Mediterranean Welfare Regime and the Economic Crisis, Routledge.
Reher D.S., (2004), Family Ties in Western Europe, in G. Dalla Zuanna e G.A. Micheli, a cura di, Strong family and low fertility: a paradox? New perspectives in interpreting contemporary family and reproductive behavior, 45-76, Springer.