Negli ultimi decenni, l’allungamento della vita media e la drastica riduzione della natalità hanno favorito il progressivo invecchiamento della popolazione che, come noto, ha importanti effetti sulla spesa pubblica in termini di sostenibilità dei sistemi di welfare e di protezione sociale. A questo proposito, il concetto di invecchiamento attivo viene sviluppato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), già alla fine degli anni novanta, come una delle possibili risposte per affrontare le richieste sociali, sanitarie ed economiche di una popolazione sempre più longeva (Walker, 2014).
Invecchiamento attivo e salute
L’invecchiamento attivo prevede una concezione inclusiva di salute in tarda età, perché capace di “riconoscere i fattori che, in aggiunta alle modalità di cura, sono in grado di influenzare come le popolazioni e gli individui invecchiano” (OMS, 2002, p. 13). Dal punto di vista pratico, attraverso l’invecchiamento attivo si intende promuovere uno stile di vita attivo come uno strumento innovativo di prevenzione, da affiancare ad alcuni altri strumenti già diffusi in ambito sanitario (promozione di stili di vita corretti in termini di alimentazione, consumo di tabacco, alcol, ecc.), affinché ciascun individuo possa trarre benefici psicologici e di salute fisica perseguendo i propri interessi sia nella sfera privata che sociale. Affinché ciò sia possibile, è necessario sviluppare politiche e servizi che consentano all’individuo di scegliere il percorso di invecchiamento attivo più adatto alle proprie esigenze, preferenze e motivazioni (O’Neill, 2007).
Il concetto di invecchiamento attivo comporta un cambio di paradigma che permetta di superare l’immaginario ancora prevalente riguardo l’età anziana, e cioè una visione strettamente assistenzialista, in cui l’anziano è considerato come cittadino passivo e bisognoso di assistenza (ovvero in funzione del suo impatto sul sistema sanitario-assistenziale), per proporre una concezione dell’invecchiamento che si orienti lungo tutto l’arco della vita, con lo scopo di migliorarne la qualità (Martineau, Plard, 2018). Numerosi studi testimoniano che chi invecchia in maniera attiva ne trae benefici sia sotto il profilo della salute fisica, che psicologica, che in termini di qualità della vita in generale (Silverstein, Parker, 2002; Ehlers, Naegele e Reichert, 2011). Ciò, comporta diverse ripercussioni positive anche sulla società, stimolando la sostenibilità del sistema di welfare in termini di riduzione della spesa pubblica per gli interventi di assistenza e cura socio-sanitaria, di valorizzazione dell’apporto produttivo derivante dalle attività che la persona anziana decide di intraprendere (nel mercato del lavoro, in forma di volontariato, ecc.), nonché di bilanciamento del sistema previdenziale (Walker, Maltby, 2012).
L’invecchiamento attivo è presente nell’agenda politica europea dalla fine degli anni 90 ma, un fattore stimolante verso l’adozione del paradigma sopra descritto, è rappresentato dal Piano di Azione Internazionale di Madrid sull’Invecchiamento (Madrid International Plan of Action on Ageing – MIPAA) da parte dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU, 2002) e con l’adozione, da parte della stessa Assemblea, della road map per la sua realizzazione (ONU, 2004).
Il MIPAA, pur trattando il tema dell’invecchiamento in senso ampio, è stato di stimolo per la realizzazione di strategie nazionali inerenti il tema dell’invecchiamento attivo per molti Paesi Europei. Allo stesso modo, in ambito europeo, l’invecchiamento attivo viene sostenuto tramite una serie di iniziative come la creazione del Partenariato Europeo per l’Innovazione sull’Invecchiamento Attivo e in Buona Salute nel 2011, la designazione del 2012 come anno europeo dell’invecchiamento attivo e lo sviluppo e il lancio, nello stesso anno, dell’Indice di Invecchiamento Attivo, voluto da Commissione Europea e Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE), al fine di poter misurare il livello di invecchiamento attivo in un dato contesto geografico in base a una serie di indicatori selezionati.
Le politiche per l’invecchiamento attivo in Italia
Nel contesto europeo, l’Italia presenta la più alta percentuale di persone di età pari o superiore a 65 anni (23,2% nel 2020), a fronte di una crescente, ma non ancora capillare, attenzione politica e sociale alle opportunità offerte dal concetto di invecchiamento attivo. Un articolo del 2017 evidenziava come, nonostante gli interventi e le strategie messe in atto dalle organizzazioni internazionali e europee sul tema, gli sforzi compiuti in Italia sul tema si potevano così riassumere e definire: molto limitati a livello nazionale, rappresentati da pochi esempi virtuosi a livello regionale e caratterizzati da una certa vivacità a livello locale, che risultava tuttavia di difficile mappatura.
Passi in avanti sono stati compiuti dall’inizio del 2019, attraverso il progetto di “Coordinamento nazionale partecipato multilivello delle politiche sull’invecchiamento attivo”, avviato grazie a un Accordo di collaborazione triennale (2019-2022) fra il Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DIPOFAM) e l’Istituto Nazionale di Riposo e Cura per Anziani (IRCCS INRCA). Anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) hanno collaborato al progetto, in relazione al loro ruolo di focal point nazionale dell’UNECE per l’invecchiamento.
Il progetto è stato avviato con l’obiettivo principale di promuovere e consolidare un coordinamento nazionale per favorire una maggiore consapevolezza dell’invecchiamento attivo in Italia, tramite il coinvolgimento diretto degli attori in gioco (decisori pubblici, società civile, comunità scientifica) e il miglioramento della conoscenza del fenomeno dell’invecchiamento attivo e delle politiche a suo sostegno. Le attività hanno coinvolto tutti gli stakeholder rilevanti ai vari livelli (nazionale, regionale e locale), inclusi in una rete che si compone di circa 90 elementi, e comprende i referenti dei vari Ministeri e Dipartimenti, delle Amministrazioni regionali e delle Province Autonome, oltre a un’ampia rappresentanza della società civile e del Terzo settore1.
Coordinamento nazionale partecipato multilivello delle politiche sull’invecchiamento attivo: fasi e principali risultati del progetto
L’ampiezza della rete di stakeholder e la sua forte presenza sul territorio hanno permesso di sviluppare un coordinamento strutturato e migliorativo, in materia di politiche in materia di invecchiamento attivo, attraverso un processo di consultazione continua (mediante incontri plenari, sondaggi, interviste individuali, focus group, teleconferenze e feedback su documenti scritti e relazioni) durante ciascuna delle tre fasi principali previste dal progetto.
FASE 1 – Analisi dello stato dell’arte delle politiche di invecchiamento attivo in tutte le 19 Regioni italiane, 2 Province Autonome e nei Ministeri
Il processo e i risultati relativi alla Fase 1 sono descritti nel Report Le politiche per l’invecchiamento attivo in Italia Rapporto sullo stato dell’arte.
Da questa analisi è emerso che a livello nazionale l’invecchiamento attivo è considerato attraverso una serie di politiche settoriali, sviluppate dai ministeri competenti, principalmente in ambiti come: vita lavorativa, famiglia, partecipazione sociale e inclusione e salute. Nello specifico, anche se il governo italiano ha partecipato a programmi internazionali incentrati sull’invecchiamento attivo (come ad esempio il MIPAA), quest’ultimo risulta principalmente menzionato in relazione ai piani sanitari nazionali (come approccio stimolante all’invecchiamento in buona salute degli individui), mentre gli anziani figurano essenzialmente come gruppo target esplicito di poche politiche dedicate all’assistenza (es. pensioni di vecchiaia, assistenza domiciliare per anziani da parte dei Comuni).
Inoltre, sono stati effettuati tre tentativi di proporre leggi quadro nazionali sull’invecchiamento attivo, che tuttavia non hanno mai concluso l’iter di approvazione: il primo, risalente al 18 gennaio 2016, con la presentazione della Proposta di Legge n. 3538 “Misure per favorire l’invecchiamento attivo della popolazione attraverso l’impiego delle persone anziane in attività di utilità sociale e le iniziative di formazione permanente”; il secondo, con la Proposta di Legge del 12 gennaio 2016, Camera dei Deputati n. 3528 “Disposizioni per la promozione e la diffusione dell’attività fisica delle persone anziane quale strumento di miglior salute e di invecchiamento attivo”; Il terzo, nel 2019, attraverso AGE Platform Italia, in collaborazione con i rappresentanti dell’ANAP (Associazione Nazionale Anziani e Pensionati).
A livello regionale, la situazione è apparsa differente. L’invecchiamento attivo è considerato in maniera via via crescente dai decisori politici mediante leggi regionali dedicate, programmi di welfare e politiche di settore. Negli ultimi anni, più della metà delle Regioni/Province Autonome (12 su 21) ha approvato una legge quadro o programmi generali in una prospettiva di mainstreaming dell’invecchiamento attivo. La maggior parte di tali leggi istituiscono tavoli, conferenze, consulte o comitati interdipartimentali permanenti sull’invecchiamento attivo, che prevedono il coinvolgimento sia di rappresentanti dei dipartimenti, assessorati e uffici regionali competenti, che di stakeholder della società civile e del Terzo settore presenti sul territorio. L’importanza di queste iniziative riguarda la possibilità di supportare le comunità locali e gli stakeholder per iniziative con un elevato valore sociale, nonché un cambiamento culturale e una sensibilizzazione reciproca tra Regioni. Tuttavia, queste misure presentano spesso difficoltà di attuazione a causa, ad esempio, della recentissima approvazione delle leggi (la maggior parte di essi è stata avviata nel 2017–2019), degli organi di pianificazione o consultazione mancanti, e di una scarsa allocazione delle risorse.
FASE 2 – Redazione di raccomandazioni nazionali per lo sviluppo di politiche di invecchiamento attivo secondo i principi del MIPAA e degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 (SDGs)
Le Raccomandazioni per l’adozione di politiche in materia di invecchiamento prevedono di fissare degli “Obiettivi di breve termine” da rinnovare una volta raggiunti, si è cercato di rispondere alla necessità, emersa dall’analisi dello stato dell’arte (Barbabella et al., 2020), di agire simultaneamente su due livelli principali: 1. favorire e orientare lo sviluppo di politiche per l’invecchiamento attivo; 2. implementare i meccanismi di raccordo e coordinamento degli interventi previsti dalle politiche, valorizzando processi di partecipazione e co-progettazione multilivello.
Uno degli aspetti problematici del concetto di invecchiamento attivo, infatti, è quello di passare dalla teoria alla pratica, senza tradirne i principi generali. A questo proposito, si è cercato di evitare un orientamento troppo incentrato sul mercato del lavoro, affrontando, ad esempio, anche il tema delle disuguaglianze nella loro accezione più ampia (non solo economiche e di salute ma anche culturali, con un’attenzione particolare all’approccio di genere), considerando temi come l’integrazione e la partecipazione delle persone anziane nella società, anche durante le situazioni di emergenza (come nel caso della recente pandemia). In linea generale, si è cercato di integrare le raccomandazioni all’interno di un più ampio sistema di princìpi, valori e strumenti volto a ridurre la frammentazione delle politiche regionali e nazionali già esistenti, tenendo conto delle specifiche esigenze locali, anche per far emergere con maggiore evidenza eventuali criticità e ulteriori possibilità di intervento.
FASE 3 – Definizione delle aree di intervento in ciascuna Regione/Provincia Autonoma e a livello nazionale, utilizzando le raccomandazioni prodotte, secondo punti di forza e di debolezza evidenziati in precedenza dall’analisi dello stato dell’arte
Attraverso quest’ultima fase, che si è svolta tramite l’organizzazione di una serie di interviste collettive in ogni Ministero, Regione e Provincia Autonoma, dando la possibilità agli stakeholder della società civile di esprimere un proprio contributo, sono stati individuati obiettivi specifici e possibili aree di intervento, sebbene in modo non vincolante, alla luce delle specifiche esigenze territoriali e di governo, per stimolare l’attuazione concreta della strategia MIPAA/RIS in Italia.
L’intento principale della fase 3 è stato quello di utilizzare le raccomandazioni prodotte nel tentativo di sviluppare lo stato dell’arte precedentemente riscontrato. In particolare, tra i principali obiettivi evidenziati sia dalle interviste collettive che dalle consultazioni con gli stakeholder della società civile, è emerso quello di favorire sempre di più un’azione sistematica e comune che coinvolga tutti gli attori in gioco sul tema dell’invecchiamento attivo, e si ritiene che ciò possa avvenire solo tramite la tempestiva approvazione di una legge quadro nazionale in materia di invecchiamento attivo, che funga da cornice e linea di indirizzo generale per la creazione di politiche ad ogni livello di governance. Allo stesso modo, viene evidenziata anche la necessità di consolidare le attività di rete attraverso la creazione di un Osservatorio nazionale per l’invecchiamento attivo, che favorisca da un lato lo scambio continuo di buone pratiche su tutto il territorio, e dall’altro promuova costantemente azioni di ricerca, monitoraggio e valutazione dello stato dell’implementazione della strategia MIPAA/RIS in Italia.
Conclusioni
Come anche certificato dalla sottoscrizione di un nuovo accordo (siglato alla fine del 2021) tra DIPOFAM e IRCCS INRCA, che darà l’opportunità di prolungare le attività del progetto per un altro triennio, i risultati ottenuti finora saranno utilissimi per mettere a punto un sistema che favorisca l’implementazione degli obiettivi politici individuati, di nuovo in maniera partecipata con la rete di stakeholder coinvolti. Le attività progettuali saranno utili anche per cercare di consolidare il coordinamento partecipato e multilivello, attraverso una serie di attività condivise in maniera co-decisionale, tra referenti istituzionali e della società civile.
Nonostante i notevoli progressi registrati negli ultimi anni, anche in termini di crescente attenzione sul tema da parte della maggior parte delle amministrazioni sia centrali che regionali, c’è anche la piena consapevolezza che la strada da percorrere sia ancora molta, prima di poter dire di aver abbracciato definitivamente il cambio di paradigma previsto dal concetto di invecchiamento attivo – passando quindi da una visione delle persone anziane come esclusivamente bisognose di assistenza ad una che consideri le persone anziane una ricchezza attiva, capace quindi di rappresentare una risorsa per la società. Un chiaro segnale di ciò è dato, ad esempio, dalla sostanziale assenza di misure organiche ed esplicitamente riferite all’invecchiamento attivo nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che individua le priorità, per gli anni a venire, su cui investire le consistenti risorse che l’Unione Europea ha messo a disposizione con il programma “Next Generation EU” (NGEU). Nonostante il PNRR faccia dell’intergenerazionalità una bandiera, in realtà non si occupa di scambi generazionali e della generazione anziana, se non in termini assistenziali. Altri tasselli vanno dunque aggiunti a livello politico, per promuovere in maniera ancora più efficace l’invecchiamento attivo, in Italia.
Note
- È disponibile la lista completa dei membri della rete
Bibliografia
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