1 Luglio 2022 | Dati e Tendenze

“Diritti e qualità di vita dei caregiver: essere caregiver non è una scelta, ci si diventa e basta!”. La survey di Cittadinanzattiva

Svolgono un compito indispensabile che, nel nostro Paese, non trova ancora adeguato riconoscimento. Parliamo dei caregiver, cui Cittadinanzattiva ha dato voce attraverso una indagine ad hoc. Nell’articolo, che offre un quadro delle proposte legislative a sostegno di questa figura, vengono presentati i principali risultati della ricerca.


Ci sono quattro tipi di persone nel mondo:
quelli che sono stati caregiver
quelli che attualmente sono caregiver
coloro che saranno caregiver
e coloro che avranno bisogno di caregiver

 

da: Aiutarsi ad aiutare gli altri: un libro per Caregiver di Rosalynn Carter
con Susan K. Golant (Rosalynn Carter Institute for Caregiving)

 

Assistere un anziano al proprio domicilio richiede tempo, risorse e spesso obbliga i familiari, in particolare i figli, a rinunce sia sul piano lavorativo che sul piano personale e familiare: meno tempo per la cura della propria famiglia e minor tempo libero, che in termini economici si traducono in un costo-opportunità molto alto, pagato sia dalle famiglie che dalla collettività. È quanto emerge dalla survey “Diritti e qualità di vita dei caregiver. Essere caregiver non è una scelta, ci si diventa e basta!” realizzata da Cittadinanzattiva, per raccogliere informazioni e approfondire i bisogni di chi si trova a svolgere il ruolo del caregiver 1.

 

Secondo i dati ISTAT pubblicati nel 2018, sono più di 7 milioni (pari a circa il 15% della popolazione) gli italiani impegnati nel caregiving informale, a favore cioè di propri familiari. La maggior parte ha più di 50 anni, uno su cinque più di 60. Nell’ambito del lavoro di cura, quello svolto dal/la caregiver familiare è, come detto, particolarmente oneroso ma nonostante ciò, in Italia, a differenza di molti altri Paesi europei, questa figura non viene giuridicamente riconosciuta né tutelata, rivelando purtroppo, in maniera inequivocabile, quanto sia invisibile e considerata irrilevante 2.

 

Per colmare questa lacuna, tra il novembre 2015 e il marzo 2016, sono stati presentati due Disegni di Legge e due Proposte di Legge, rispettivamente al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati, finalizzati al riconoscimento di questa figura e nel novembre 2017 la Commissione Bilancio del Senato ha approvato all’unanimità l’emendamento che prevede il “Fondo per il sostegno del titolo di cura e di assistenza del Caregiver familiare”.

 

A fine 2020, la Legge di Bilancio 2021 (Legge 178/2020, art. 1 c. 334) ha istituito un nuovo Fondo per il riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiare, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021-2023.

 

A 7 anni dal riconoscimento della figura del caregiver in una legge regionale (Emilia-Romagna, LR 2/2014) e a 2 dall’istituzione del Fondo dedicato, l’atteso Disegno di legge N. 1461 – purtroppo al momento fermo al Senato – ha formulato una “prima fase di normazione, finalizzata al riconoscimento e alla tutela del lavoro svolto dal caregiver familiare”, riconoscendo loro un valore sociale ed economico per il Paese.

 

Le segnalazioni dei cittadini

Le segnalazioni che Cittadinanzattiva riceve tramite il servizio PIT3  ci permettono di conoscere le difficoltà incontrate dai cittadini che richiedono l’assistenza domiciliare, così da avere uno spaccato sulla qualità del servizio ricevuto. Di seguito le segnalazioni più frequenti ricevute nel 2021 (Cittadinanzattiva, 2022).

 

Figura 1- Segnalazioni sull’ADI

L’integrazione socio-sanitaria rappresenta una nota dolente delle cure domiciliari in Italia. La sinergia tra Aziende Sanitarie e Comuni spesso non si realizza come previsto, con un’importante disgregazione tra la componente di assistenza sanitaria e quella sociale, o addirittura l’assenza di quella sociale. A seguire, i cittadini segnalano difficoltà nella fase di attivazione dell’ADI a causa delle lunghe liste d’attesa. Le altre problematiche riguardano la qualità del servizio ricevuto: in particolare viene segnalata la mancanza di alcune figure specialistiche come lo psicologo, il turn over del personale che non permette di instaurare una relazione continuativa con il paziente e i loro caregiver. Infine, le ore di assistenza ricevute sono segnalate come inadeguate, rispetto ai bisogni dei cittadini. Questi dati, nel complesso, evidenziano un’inadeguatezza delle cure domiciliari che ha ricadute importanti su coloro che necessitano di assistenza e sui loro familiari.

 

Il tempo della cura

La survey di Cittadinanzattiva dedicata ai caregiver familiari 4, cui hanno risposto 603 persone, mette in luce un dato importante relativo al tempo, in una duplice accezione: sia in termini di quantità di ore dedicate quotidianamente alla cura, sia di numero significativo di anni dedicati alla cura di un proprio familiare.

 

I rispondenti sono impegnati mediamente molte ore settimanali in attività legate alla salute e al benessere della persona di cui si prendono cura: il 20,4% che dedica tra le 11 e le 20h e il 28,4% ha dichiarato di dedicare più di 20h a settimana. Significativo, però, che la fetta più corposa (32,8%) dichiara di non essere in grado di quantificare questo tempo: presumibilmente perché è diluito e spesso l’impegno assume una modalità costante, latentemente sempre presente, e che è impossibile stimare (figura 2).

 

Figura 2 – Il lavoro di cura

Se incrociamo questi dati con le caratteristiche anagrafiche, emerge uno scenario particolarmente gravoso per i/le caregiver: donne, lavoratrici, ancora con un forte carico famigliare, soprattutto nel caso della presenza dei figli a cui va aggiungo un impegno quotidiano, prolungato negli anni, di supporto, molto probabilmente al/ai genitori anziani 5.

 

La rinuncia al lavoro e allo studio

Abbiamo osservato un differente comportamento tra uomini e donne rispetto alla rinuncia al lavoro o allo studio. Il 74% delle donne ha dovuto rinunciare a (o smettere di) lavorare e/o studiare, mentre per gli uomini questa percentuale è pari al 59% (figura 3).

 

Figura 3 – La condizione occupazionale dei caregiver

 

La cura della sfera emotiva

Come emerge nettamente dall’indagine, la cura della sfera emotiva è l’ambito più faticoso per i caregiver (56,4%): sia in riferimento alla persona di cui ci si prende cura, sia in relazione alle emozioni e al carico psicologico che il ruolo di caregiver comporta. Seguono la pesantezza di dover gestire gli aspetti burocratici, amministrativi e finanziari (disbrigo pratiche, pagamento bollette, gestione conto corrente, ecc.), che toglie tempo ed energie alla cura di altri aspetti, e la gestione dell’igiene e la cura personale quotidiana dell’accudito (figura 4).

 

Figura 4 – Ambiti di criticità

 

Il bisogno di formazione

Il 53,7% dei caregiver ritiene di aver bisogno di formazione/orientamento a supporto del ruolo di cura.
In particolare gli ambiti più richiesti sono: norme e burocrazia (agevolazioni fiscali e diritto a servizi previsti dalle norme e procedure per accedervi); conoscenza base sulla patologia; capacità comunicative, relazionali ed emotive; affiancamento da parte di operatori professionali; indicazioni puntuali circa le cure primarie quotidiane.

 

Figura 5 – Competenze formative richieste dai caregiver

 

Il riconoscimento dei diritti per un miglioramento della qualità della vita

Il riconoscimento del tempo di cura in ambito lavorativo e il riconoscimento dei contributi previdenziali sono i diritti che gli intervistati si aspettano di vedere sanciti formalmente a seguito del riconoscimento della figura del caregiver.

 

Figura 6 – Riconoscimento dei diritti

 

Essere caregiver ha impatti su salute e vita

La maggioranza dei caregiver ha dichiarato che la propria salute fisica e mentale è influenzata negativamente dal fatto di essere un caregiver.

 

Figura 7 – Impatto su salute e famiglia

 

Abbiamo approfondito meglio il tema chiedendo quali fossero i servizi a supporto dei caregiver e delle persone di cui ci si prende cura che avrebbero migliorato la qualità di vita di entrambi.

 

Tra i servizi utili ma non fruiti, quello maggiormente indicato dai caregiver è il supporto psicologico/emotivo per contrastare o prevenire depressione e “burnout” (477 risposte), seguito a ruota da «servizi di trasporto e spostamento» e da «coperture assicurative/previdenziali e di malattia».

 

Anche in riferimento alle persone di cui si prendono cura, tra i servizi utili ma non fruiti i caregiver segnalato il supporto psicologico, seguito dai servizi di teleassistenza/telemedicina e da un numero adeguato di assistenza domiciliare.

 

Nell’insieme, emerge dalla survey un fil rouge: la maggior difficoltà dei caregiver è quella legata alla propria sfera personale ed emotivo-psicologica, che coincide anche con l’attività più faticosa e impattante di cura della persona, in quanto richiede competenze e sostegno. Ciò si riflette nei bisogni formativi espressi.

 

Peraltro, emerge più in generale una questione di solitudine/isolamento sociale e mancanza di rete di supporto, che incide sul malessere psicologico. Sebbene risulti che le Associazioni giocano un ruolo importante nella formazione dei caregiver e nel loro supporto, appare nel complesso molto opportuno un potenziamento del collegamento dei caregiver a reti e realtà associative.

 

Maggior supporto e condivisione permetterebbero ai caregiver di potersi dedicarsi di più a sé stessi e alla propria vita privata.

 

Una proposta fattiva a sostegno (anche) dei caregiver

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede, alla Missione 5, che il Governo debba compiere, entro la fine naturale della legislatura, la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, con l’obiettivo primario di integrare le prestazioni sanitarie erogate dal SSN e quelle sociali, di competenza dei comuni, in un’ottica di presa in carico multidimensionale della persona e di massima conservazione della sua autonomia.

 

La riforma va realizzata attraverso un disegno di legge delega da definirsi in collaborazione tra Governo nella sua interezza, Ministero della Salute e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

La previsione di questa riforma è entrata nel PNRR grazie a una proposta redatta nel 2020 dal Network non autosufficienza che, insieme a circa 50 soggetti della società civile, ha dato vita al Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, un’alleanza autonoma rispetto alle istituzioni, ma che rappresenta un fronte compatto di advocacy verso il decisore pubblico con l’obiettivo di offrire un contributo di contenuti per la definizione e l’implementazione della Riforma. Cittadinanzattiva è tra i soggetti promotori del Patto, fa parte del suo comitato di coordinamento, e ne coordina formalmente le relazioni istituzionali e la comunicazione.

 

Nel corso del 2021, il Patto ha seguito con continuità l’evolversi degli scenari istituzionali legati alla Riforma, intervenendo con proposte puntuali che contribuissero al suo disegno e interloquendo costantemente con tutti i soggetti istituzionali coinvolti in questo percorso, in una cornice di estrema complessità dovuta a un deficit di confronto proprio tra le principali istituzioni che – insieme – dovrebbero dar vita alla Riforma.

 

In particolare, ha il merito di aver introdotto in Legge di Bilancio, attraverso la presentazione di un emendamento specifico nel corso del dibattito parlamentare, la previsione di risorse più ampie per l’assistenza sociale erogata dai comuni e, da ultimo, ha elaborato una sua proposta di legge delega – comprensiva di vari tipi di intervento a sostegno dei caregiver familiari – con l’obiettivo di offrire un contributo ai soggetti che, nell’ambito del Governo, stanno lavorando alla Riforma. In tale ottica, ha promosso iniziative pubbliche e incontri privati che hanno determinato l’instaurarsi di un rapporto diretto di collaborazione e confronto con la Cabina di regia istituita presso Palazzo Chigi con il compito di redigere il Disegno di legge delega e con il gruppo di esperti che, in seno al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sta lavorando a una proposta che riguarda nello specifico le prestazioni e i servizi di tipo sociale.

 

Note

  1. Il caregiver è un familiare che occupa un ruolo informale di cura, supporto e di vicinanza e che è partecipe dell’esperienza di malattia del malato e che si impegna nelle attività quotidiane di cura della persona.
  2. La raccomandazione al riconoscimento normativo dei caregiver in ogni Paese viene anche dal rapporto Eurocarers/IRCCS INRCA, 2021.
  3. Il Pit (Progetto integrato di Tutela) è un servizio di orientamento, informazione e tutela per i cittadini che hanno subito disservizi negli ambiti della sanità, dei servizi pubblici e della giustizia.
  4. Info e contatti: caregiver@cittadinanzattiva.it
  5. I rispondenti sono nel 73,6% dei casi donne; hanno un’età compresa tra i 51 e i 65 anni (47,6%) e per il 45,8% sono occupati.

Bibliografia

Cittadinanzattiva (2021), Diritti e qualità di vita dei caregiver: essere caregiver non è una scelta, ci si diventa e basta!.

Cittadinanzattiva (2022), Rapporto civico sulla salute 2022. I diritti dei cittadini e il federalismo in sanità.

Eurocarers/IRCCS-INRCA (2021), Impact of the COVID-19 outbreak on informal carers across Europe – Final report.

P.I. 00777910159 - © Copyright I luoghi della cura online - Preferenze sulla privacy - Privacy Policy - Cookie Policy

Realizzato da: LO Studio