12 Dicembre 2024 | Esperienze

Identificazione precoce e riduzione del rischio di demenza nella popolazione anziana: l’esperienza del Centro di Valutazione Cognitiva (CeVaC) di Abbiategrasso

L’Italia registra oltre 1,15 milioni di casi di demenza e disturbi cognitivi lievi, condizioni fortemente correlate all’età. Il riconoscimento precoce dei soggetti a rischio e la prevenzione basata sulla gestione dei fattori di rischio modificabili, che possono ridurre fino al 45% dei casi, rappresentano priorità strategiche. Il CeVaC di Abbiategrasso svolge un ruolo cruciale nella valutazione preclinica e nella promozione di interventi preventivi mirati, evidenziando l’importanza di strategie multimodali per ritardare l’insorgenza della demenza e ottimizzare le risorse socio-sanitarie.

Identificazione precoce e riduzione del rischio di demenza nella popolazione anziana: l’esperienza del Centro di Valutazione Cognitiva (CeVaC) di Abbiategrasso

L’Italia è tra i paesi che registrano il più alto tasso di invecchiamento della popolazione. L’età rimane il fattore di rischio principale per la demenza a esordio tardivo e per disturbi cognitivi lievi, condizioni che interessano oltre 1.150.000 casi, secondo i dati della “Linea Guida Diagnosi e trattamento di demenza e Mild Cognitive Impairment” (pubblicata a dicembre 2023 nel Sistema Nazionale delle Linee Guida pubbliche e aggiornate al 27 maggio 2024). Queste condizioni comportano significativi costi economici, sociali e assistenziali, sia per l’individuo che per la comunità. Tale numero è destinato a crescere nei prossimi anni, motivo per cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la demenza una priorità mondiale in termini di salute pubblica.

 

Il numero crescente di casi, unito alla tendenza all’invecchiamento della popolazione, agli elevati costi che la malattia comporta su un piano sociale ed economico e alla mancanza attuale di terapie risolutive della patologia, rendono necessario un intervento che miri innanzitutto a un riconoscimento precoce. Questo può garantire una presa in carico maggiormente efficace e la messa in atto di interventi preventivi su popolazioni a rischio.

Prevenire o ritardare l’insorgenza di demenza è possibile: si stima che tenendo sotto controllo alcuni fattori di rischio modificabili potrebbero essere contenute fino al 40% delle diagnosi (Livingston et al., 2020). Secondo il recente rapporto della Commissione Lancet sulla demenza (Livingston et al., 2024) questa quota di demenze potenzialmente prevenibili salirebbe al 45 %, in particolare per i paesi a reddito basso o medio, prendendo in considerazione ulteriori due fattori di rischio: ipercolesterolemia LDL e ipovisione non trattata.

 

Poiché non tutte le persone che riferiscono una diminuzione dell’efficienza cognitiva sviluppano una demenza, è cruciale identificare chi sia maggiormente a rischio, così da intervenire precocemente anche attraverso programmi psicoeducativi volti a promuovere uno stile di vita più sano. Il Centro di Valutazione Cognitiva (CeVaC), nella città di Abbiategrasso, si pone come servizio di primo accesso per esplorare dimensioni cognitive, affettive e di personalità in una fase preclinica, contribuendo a individuare soggetti con disturbo soggettivo di memoria e potenzialmente a rischio di sviluppare una demenza. Inoltre, nei casi in cui non si riscontri un oggettivo calo della performance cognitiva, la restituzione offerta nell’ambito del servizio può contribuire a potenziare il senso di autoefficacia percepito dalla persona anziana su un piano metacognitivo (De Beni et. al., 2020).

 

Gli stadi preclinici della malattia

L’attenzione della ricerca nell’ambito delle malattie neurodegenerative si sta concentrando sugli stadi preclinici di malattia, in cui non si ha ancora evidenza di sintomi clinici. I processi fisiopatologici associati alla malattia di Alzheimer (AD) iniziano a manifestarsi già̀ molti anni prima della manifestazione sintomatologica. Dato che non tutte le persone che lamentano una diminuita efficienza cognitiva o un cambiamento comportamentale sviluppano una demenza, è fondamentale identificare chi sia maggiormente a rischio, così da intervenire precocemente anche in termini di trattamento.

 

Diventa di primaria importanza analizzare dettagliatamente la fase di transizione tra invecchiamento normale e demenza, fase in cui si inserisce il disturbo soggettivo di memoria (SCD). Il SCD si caratterizza per lamentele formulate dal soggetto rispetto alle proprie capacità di memoria, in assenza di disturbi cognitivi oggettivabili, e rappresenta un aumentato rischio per lo sviluppo di AD, che appare quasi raddoppiato rispetto ai soggetti normali (Jessen et al., 2010). Le persone che si trovano in questa condizione sono meritevoli di particolare attenzione, non solo perché potrebbero beneficiare di un trattamento e di una presa in carico specifica, ma anche perché le difficoltà riscontrate potrebbero indicare una fase preclinica di una malattia neurodegenerativa (Gottardi & Lucchi, 2019), fase su cui intervenire il più precocemente possibile per garantire la migliore presa in carico e ritardare il decorso della malattia.

 

Tra i soggetti che accedono ai servizi per la valutazione dei disturbi di memoria, quelli con diagnosi di SCD risultano essere tra il 18% e il 55% (Bhome et al., 2018), con una prevalenza significativa. La presenza di lamentele circa le proprie capacità di memoria è abbastanza comune anche nella popolazione generale. Una ricerca condotta sui partecipanti allo studio di popolazione InveCe.Ab ,  ha messo in luce come il 39% degli anziani tra i 70 e 75 anni senza deficit cognitivo presentava SCD e, tra questi, un sottogruppo caratterizzato da ridotta scolarità, maggiori comorbidità, rischio cardiovascolare e sintomi depressivi, presentava un rischio tre volte maggiore dei controlli di sviluppare una demenza nell’arco degli 8 anni successivi (Ribaldi et al., 2022).

 

Si rileva tuttavia una discrepanza tra la direzione che sta seguendo la ricerca, sempre più focalizzata sugli stadi preclinici, e l’effettiva disponibilità dei Centri per i disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) in Italia, quali si occupano prevalentemente del trattamento di persone con deficit cognitivi dovuti a malattie già conclamate (Gottardi et al.i, 2019). Tale discrepanza risulta verosimilmente imputabile alle criticità presenti nell’offerta sanitaria dei CDCD, tratteggiate dalla recente survey sui CDCD, condotta dall’Osservatorio Demenze dell’ISS nell’ambito del Fondo per l’Alzheimer e le demenze 2021-2023 (ISS, 2024). Da tale rilevazione emerge una disomogeneità fra i territori del Nord, centro e Sud e isole. Disomogeneità che riguardano ad esempio l’accessibilità, gli orari di apertura (se in media i CDCD risultano aperti per 18 ore a settimana al Nord, al centro lo sono in media per 13 ore e al Sud e nelle isole per 11) o l’applicazione di diversi strumenti neuropsicologici (ad es: la Frontal Assessment Battery – FAB è applicata nell’85,6% delle strutture al Nord, nel 14,6% al centro e il 12% al Sud e isole). Queste evidenze determinano ripercussioni sulle liste d’attesa dei circa due milioni di persone con disturbo cognitivo lieve o demenza già accertata e soggetti che presentino un SCD potrebbero non riuscire ad accedere precocemente ai servizi proprio a causa delle liste d’attesa presenti.

 

Le “Linee di indirizzo Nazionali sui Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali per le demenze” (2017) evidenziano tuttavia che la presa in carico deve essere attiva e completa, dalla prevenzione fino al fine vita (Ministero della Salute, 2017).Prevedere interventi mirati che permettano un’individuazione precoce dei soggetti a rischio diviene una prerogativa importante della presa in carico, considerando anche come la promozione di interventi psicologici, possa promuovere una riduzione dei sintomi percepiti e un miglioramento della qualità della vita riferita (si veda la revisione di Bhome et al, 2018). Agendo sull’aspetto metacognitivo, potenziando il senso di autoefficacia percepito dalla persona anziana (De Beni, et al., 2020), è possibile promuovere nella persona anziana modi più adattivi di reagire e di percepire le proprie competenze cognitive ed emotive, generando maggior benessere psicologico e potenziate capacità cognitive (Bhome et al., 2018).

 

I fattori di rischio modificabili per la demenza

Lo svilupparsi di una demenza nell’invecchiamento può essere facilitato dalla presenza di alcuni fattori, definiti per questo motivo fattori di rischio. Nel caso delle demenze troviamo fattori non modificabili (rari e su base genetica) e altri modificabili, su cui è pertanto possibile intervenire per ridurre il rischio suddetto. La rivista Lancet nel 2020 (Livingston et al., 2020) pubblica 12 fattori di rischio modificabili per la demenza prendendo in considerazione l’intero corso di vita e sottolineando come agendo su di essi si potrebbe prevenire o ritardare il 40% delle demenze. I fattori di rischio individuati risultano essere:

  1. Sedentarietà
  2. Fumo di sigaretta
  3. Eccessivo consumo di alcool
  4. Inquinamento atmosferico
  5. Traumi cranici
  6. Pochi contatti sociali
  7. Scarsa istruzione
  8. Obesità
  9. Ipertensione
  10. Diabete
  11. Depressione
  12. Ipoacusia

 

Recentemente la Commissione Lancet sulla demenza ha pubblicato un rapporto aggiornato in merito (Livingston et al. 2024) da cui emergono in particolare due suggestioni: il rinforzo delle argomentazioni a favore dei 12 fattori già indicati nel 2020, e l’aggiunta di altri due fattori:

  1. ipercolesterolemia LDL
  2. ipovisione non trattata
Figura 1 – Percentuale attribuibile alle diverse fasce d’età della popolazione dei fattori di rischio potenzialmente modificabili per la demenza.

 

Ciascun fattore assume un peso differente a seconda della fascia di età in cui viene riscontrato, come mostrato dalla Figura 1. Individuare soggetti potenzialmente a rischio e fornire un intervento mirato di natura preventiva su di essi può pertanto contribuire a ridurre o ritardare l’insorgenza di una demenza.

 

Il servizio CeVaC

Il CeVaC nasce presso la Fondazione Golgi Cenci di Abbiategrasso nel 2005 come servizio gratuito di screening e di valutazione dello stato di salute cognitiva di adulti e anziani del territorio, a libero accesso, accogliendo inizialmente anche le richieste di approfondimento diagnostico dell’Istituto Geriatrico e valutando quindi una casistica eterogenea. A partire dal 2010 inizia a strutturarsi come servizio di primo accesso, la cui utenza è rappresentata da persone anziane con disturbo soggettivo di memoria e/o preoccupate per il rischio di sviluppare una demenza (spesso per familiarità) senza precedente diagnosi di deficit cognitivo e non ancora in carico ai servizi di diagnosi e cura.

 

Il servizio prevede una valutazione neuropsicologica completa, una valutazione geriatrica (prevalentemente anamnestica), la somministrazione di un questionario sulle abitudini di vita e una breve restituzione da parte dello psicologo di quanto emerso in un appuntamento successivo. Alla luce delle premesse fatte, è interessante riportare le caratteristiche principali dell’utenza del servizio dal 2010 al 2023. Riportiamo quindi i dati relativi a 175 persone over60 (età media: 74.2±7.6; scolarità: 8.8±4.2) con punteggio grezzo medio al Mini Mental State Examination di 27.3±3.1.

In Tabella 1 sono presentate le prevalenze di 13 dei 14 fattori di rischio modificabili individuati da Livingston e collaboratori (2024) nel campione, confrontate con i dati di prevalenza degli over 65 a livello nazionale rilevati attraverso il sistema di sorveglianza PASSI d’Argento dell’Istituto Superiore di Sanità. Il 66% dei soggetti riferisce inoltre un disturbo soggettivo di memoria, in confronto al 39% rilevato dallo studio di popolazione in Abbiategrasso precedentemente citato (Ribaldi et al 2022).

 

Sulla base dei dati disponibili e dei confronti effettuati, possiamo concludere che l’utenza che afferisce al servizio è prevalentemente composta da persone con disturbo soggettivo di memoria e sintomi depressivi sopra la media. Tuttavia, tale popolazione risulta mediamente più attiva sia a livello fisico che sociale rispetto alla media nazionale. Questa specifica composizione demografica potrebbe rappresentare un target ideale per interventi di prevenzione primaria volti a ridurre il rischio di demenza.

 

 

Tabella 1 - Dati di prevalenza dei fattori di rischio modificabili per la demenza nel campione esaminato, in confronto ai dati degli over 65 del sistema di sorveglianza PASSI D’Argento, ISS.

 

Prospettive future: strategie di intervento

Alla luce della natura del campione riportato, appare utile prevedere, oltre a un’individuazione precoce di soggetti potenzialmente a rischio, attività prevalente del servizio allo stato attuale, anche un intervento di prevenzione primaria strutturato ad hoc. Grazie alla valutazione della propria efficienza cognitiva, il soggetto può attualmente acquisire maggior consapevolezza circa i propri punti di forza, non lasciandosi condizionare da pregiudizi negativi sul proprio funzionamento cognitivo. L’introduzione di un colloquio psicoeducativo e motivazionale sulle strategie per ridurre il rischio di demenza nel momento della restituzione potrebbe costituire un primo intervento di prevenzione primaria implementabile all’interno del servizio. Fornendo indicazioni personalizzate sul rischio attualmente presente e sugli interventi utili per ridurlo, la persona potrebbe acquisire maggior conoscenza circa i passi necessari per prevenire un decadimento cognitivo, stabilendo e negoziando obiettivi concreti di modifica dello stile di vita da raggiungere in un determinato periodo di tempo.

 

In particolare, sulla base della letteratura di riferimento (Livingston et al., 2024), si potrebbe intervenire sui seguenti aspetti, adattandoli all’età dei gruppi a cui ci si rivolge:

  • garantire un’istruzione di buona qualità disponibile per tutti e incoraggiare attività cognitivamente stimolanti lungo tutto il corso di vita;
  • invito all’utilizzo di apparecchi acustici qualora necessario;
  • favorire trattamenti efficaci dei sintomi depressivi;
  • prevenire traumi cranici;
  • incentivare l’attività fisica;
  • supportare l’interruzione del fumo di sigaretta;
  • monitoraggio della pressione arteriosa e interventi per mantenerla entro i valori 120-80;
  • individuare e trattare l’ipercolesterolemia LDL a partire dall’età adulta;
  • riduzione dell’obesità e dei fattori associati al diabete;
  • limitare il consumo di alcolici eccessivo (la Commissione Lancet pone la soglia > 21 unità UK / settimana, equivalenti a 2 calici da 125 mL di vino a 12° al giorno);
  • promuovere la partecipazione sociale e la costruzione di reti sociali;
  • ridurre l’esposizione all’inquinamento atmosferico;
  • rendere lo screening e il trattamento della perdita della vista accessibili a tutti.

 

Il servizio CeVaC si pone attualmente come servizio di primo accesso per la valutazione dello stato cognitivo e affettivo della popolazione anziana. La sua strutturazione nel corso degli anni ha permesso di selezionare una popolazione potenzialmente a rischio di sviluppare una forma di decadimento cognitivo. Tale popolazione appare essere un target ideale per la messa a punto di interventi di prevenzione primaria. Sulla base della letteratura di riferimento interventi multimodali, vista la tendenza dei fattori di rischio a raggrupparsi, appaiono la strada da percorrere, tenendo in considerazione che prima si agisce, migliori risultati si possono ottenere e non è mai troppo presto o troppo tardi per intervenire.

Bibliografia

Bhome R., Berry A.J., Huntley J.D., Howard R.J. (2018), Interventions for subjective cognitive decline: systematic review and meta-analysis, BMJ Open, Jul; 19, 8(7).

De Beni R., Zavagnin M. & Borella E. (2020), Invecchiamento attivo. Training per sostenere il funzionamento cognitivo negli anziani. Erickson.

Gottardi F., Lucchi E. (2019), La presa in carico della persona con Disturbo Cognitivo Soggettivo (SCD) e Disturbo Neurocognitivo lieve (MCI). I Luoghi della Cura, n. 5, 19 dicembre (www.luoghicura.it).

Istituto Superiore di Sanità (ISS) Comunicato stampa N°07/2024 – Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici e centri aperti più a lungo; 2024 [comunicato stampa].

Istituto Superiore di Sanità (ISS). Linea Guida Diagnosi e trattamento di demenza e Mild Cognitive Impairment. Roma: Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG); 2023.

Jessen, F., Wiese, B., Bachmann, C., Eifflaender-Gorfer, S., Haller, F., Kölsch, H., … & Bickel, H. (2010), Prediction of dementia by subjective memory impairment: effects of severity and temporal association with cognitive impairment. Archives of general psychiatry67(4), 414-422.

Livingston, G., Huntley, J., Liu, K. Y., Costafreda, S. G., Selbæk, G., Alladi, S., Mukadam, N. (2024), Dementia prevention, intervention, and care: 2024 report of the Lancet standing Commission, The Lancet.

Livingston, G., Huntley, J., Sommerlad, A., Ames, D., Ballard, C., Banerjee, S., Mukadam, N. (2020), Dementia prevention, intervention, and care: 2020 report of the Lancet Commission. The Lancet, 396(10248), 413-446.

Ministero della Salute (2017). Linee di indirizzo Nazionali sui Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) per le demenze.

Ribaldi, F., Rolandi, E., Vaccaro, R., Colombo, M., Frisoni, G., Guaita, A. (2022), The clinical heterogeneity of subjective cognitive decline: a data-driven approach on a population-based sample, in Age and Ageing51(10), afac209.

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