La gestione delle ulcere/lesioni da decubito è un problema sempre più presente in ambito sanitario, ed ospedaliero in particolare, con pazienti che giungono al Pronto Soccorso affetti da problematiche spesso gravi, associate a ulcere da decubito che si presentano frequentemente in stadio avanzato.
La pandemia da COVID-19 ha esacerbato tale problematica, in quanto ha reso più difficoltosi i controlli periodici del paziente anziano pluripatologico, causando un peggioramento di quelle condizioni già “a rischio”. È triste, ma anche importante sottolineare come in alcune strutture di cura la chiusura totale all’esterno ha indirizzato il personale infermieristico su altre attività assistenziali, spesso non garantendo una attenta mobilizzazione e prevenzione (Team et al., 2021; Sallustro e Florio, 2021).
L’insorgenza dell’ulcera da decubito può rappresentare la sconfitta delle cure domiciliari o residenziali. I pazienti con disabilità, o già allettati, avrebbero bisogno di una miglior gestione di tali lesioni o in termini di presidi antidecubito o di una corretta valutazione nutrizionale e multidimensionale. Inoltre, andrebbero sicuramente evitate tutte quelle dinamiche caratterizzate dall’“abbandono” del paziente anziano, come la mancata sostituzione di eventuali presidi per l’incontinenza o la inefficace mobilizzazione, anche tramite fisiochinesiterapia (Park-Lee e Caffrey, 2009).
Le conseguenze di un’assistenza inadeguata ricadono in primis sul paziente, ma anche sulla società, in termini di peggioramento della qualità della vita dei caregiver e di aumento dei costi sanitari. Un soggetto con ulcere da decubito avrà più probabilità di andare incontro a colonizzazioni microbiche, che potrebbero anche causare infezioni sistemiche, con conseguente perdurare dell’allettamento e insorgenza di delirium (Dumville et al., 2017; Allman,1997). Nonostante l’alta prevalenza ed incidenza delle lesioni da decubito presso gli ambienti ospedalieri, una stima dei costi associati a queste condizioni è ancora poco noto.
Due casi studio
In questo articolo discutiamo due casi di persone ricoverate per piaghe da decubito nel reparto di Geriatria e Lungodegenza presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Paolo Giaccone” di Palermo, che dimostrano come questa problematica rappresenti un costo importante per il sistema sanitario. Mostreremo anche l’importanza di agire alla radice evitando di giungere a situazioni di tale gravità, prevenendo così tali ingenti costi.
Caso n. 1
La paziente E. G. 81 anni, ricoverata presso il nostro reparto per stato cachettico in paziente con sindrome da immobilizzazione e lesione da decubito in stadio avanzato. In anamnesi segnaliamo malattia di Parkinson, diabete mellito non-insulino-trattato, crolli vertebrali multipli D12-L3. Tutte queste condizioni hanno verosimilmente portato ad una sindrome d’allettamento da circa 2 anni, con lesione da decubito sacrale di IV stadio (NPUAP 4 grado1), come mostrato in Figura 1.
Fin dal primo momento del ricovero si è resa necessaria una consulenza di chirurgia plastica per iniziare un iter terapeutico. Il chirurgo plastico consigliava esecuzione di toilette chirurgica con posizionamento di Vacuum Assisted Closure (VAC), previe consulenze rianimatoria, cardiologica e pneumologica preoperatorie e neurochirurgica per lo studio dei crolli vertebrali che la paziente presentava.
Durante il ricovero, inoltre, venivano eseguiti numerosi test laboratoristici, oltre agli esami ematochimici di routine infatti si eseguivano tamponi dell’ulcera, urinocoltura ed emocoltura. In seguito al riscontro di alterazione di determinati valori si contattava anche il collega ematologo, con il quale si giungeva alla diagnosi di anemia idiopatica.
La paziente inoltre, dati gli elevati indici di flogosi riscontrati fin dall’inizio del ricovero, di comune accordo con i colleghi infettivologi, veniva trattata con antibiotico terapia prima con Meropenem + Piperacillina Tazobactam per 14 giorni, poi si interrompeva il Meropenem, unendo in associazione la Tigeciclina per 5 giorni e in conclusione si sospendeva la Piperacillina/Tazobactam e si aggiungeva alla Tigeciclina anche la Daptomicina, con una durata del trattamento di altri 5 giorni.
Pertanto dopo aver trattato per diversi giorni la paziente con antibiotico terapia, aver effettuato numerose consulenze, esami laboratoristici, si assisteva al rifiuto dell’intervento chirurgico da parte dei parenti e al peggioramento delle condizioni cliniche della paziente, per cui si programmava inizio di assistenza domiciliare integrata. In prossimità della dimissione si assisteva al decesso della paziente dovuto verosimilmente a uno stato settico causato da un ulteriore peggioramento delle condizioni cliniche.
Come mostrato nella Tabella 1, il ricovero ha avuto un costo totale di € 20.603,44, che si sarebbe potuto in parte risparmiare a fronte dell’attivazione dell’Assistenza Domiciliare Integrata, che con un costo medio annuale di € 1.400 in Regione Siciliana riesce a garantire una buona assistenza nella gestione delle patologie croniche e delle lesioni da decubito. Nella seguente tabella si riassumono i costi totali del ricovero:
Caso n. 2
Paziente C.A., 56 anni, ricoverata presso il nostro reparto per Insufficienza renale acuta, infezione delle vie urinarie e disionie. In anamnesi segnaliamo esiti di ictus ischemico, sindrome d’allettamento, disturbo psicotico, lesioni da decubito multiple, ipertensione arteriosa, diabete mellito tipo 2.
La paziente in questione proveniva da una casa di riposo in cui si trovava a causa della sindrome d’allettamento che la affliggeva dall’evento ischemico verificatosi circa 5 anni addietro. In figura 2 si evince la gravità dell’ulcera da decubito III-IV stadio (NPUAP 4 grado) all’ingresso.
Al momento del ricovero si notavano i seguenti parametri ematochimici: Creatinina 2.2 mg/dl, Urea 206 mg/dl, Potassio 7.69 mmol/L, Sodio 130 mmol/L, WBC 23.000/µL PCR 343 mg/L, PRO-CT 1.5 mcg/L con un chiaro quadro di shock settico in paziente con alterazioni elettrolitiche rilevanti, e che necessitava quindi di una importante terapia antibiotica.
Durante il ricovero venivano eseguiti svariati esami laboratoristici: tre terne di emocoltura e un’urinocoltura all’ingresso, poi tampone MRSA, tampone rettale, tampone Ulcera, e infine al miglioramento delle condizioni cliniche della paziente, si ripetevano nuovamente tre terne di emocoltura e un’urinocoltura.
La paziente si presentava fin dall’ingresso in reparto con una lesione da decubito di III-IV stadio (come mostrato in Figura 2), in condizioni igienico-sanitarie precarie e con una fistolizzazione del colon a livello della lesione da decubito, per cui era possibile ritrovare materiale fecale all’interno della lesione stessa, rendendo ancora più difficile una eventuale cura dell’ulcera.
A causa dell’importante quadro settico della paziente e del riscontro di un quadro di polmonite si rendeva necessaria terapia con Meropenem, con un relativo miglioramento delle condizioni cliniche, a cui però si riteneva utile accostare il Linezolid per 10 giorni. Inoltre, in seguito del riscontro alla risonanza di un quadro di osteomielite a livello del sacro, si interrompeva terapia con Linezolid e al Merrem si somministrava la Daptomicina, con una terapia antibiotica che raggiungeva così la durata di circa 50 giorni.
Anche in questo caso si è reso necessario chiedere una consulenza di chirurgia plastica, per impostare un eventuale iter chirurgico, con conseguente richiesta di consulenze rianimatoria, cardiologica e pneumologica preoperatorie necessarie per l’intervento. È stato inoltre contattato il chirurgo generale che ha consigliato posizionamento di colostomia transitoria contemporanea alla toilette chirurgica che avrebbe dovuto eseguire il chirurgo plastico per impedire il ristagno delle feci a livello della lesione.
La paziente è stata inoltra sottoposta a svariati controlli di tipo radiologico: tomografia computerizzata (TC) total body, per indagare l’origine dello shock settico, con successiva rivalutazione della polmonite con TC torace, TC rachide e risonanza magnetica nucleare (RMN) rachide, che come già detto in precedenza hanno mostrato un verosimile quadro di osteomielite, per cui è stata intrapresa una notevole terapia antibiotica.
Le nostre cure, unite alle quotidiane medicazioni degli infermieri del reparto hanno reso possibile un miglioramento delle condizioni della lesione da decubito, che è apparsa ridotta in estensione, con margini più definiti e la scomparsa del tessuto di colliquazione che era molto abbondante al momento dell’ingresso, riuscendo ad ottenere un buon risultato (figura 3), dopo circa un mese di ricovero.
ll chirurgo generale, dopo essere stato interpellato nuovamente, al miglioramento delle condizioni cliniche della paziente, ha posizionato una colostomia transitoria, prodromica per la successiva attività del chirurgo plastico, il quale una volta consultato ha sottolineato la non necessità di intervenire tramite toilette chirurgica, in quanto sarebbe bastata anche solo la VAC.
Una tabella riassuntiva mostra il costo totale stimato delle spese del ricovero:
Anche in questo caso appare utile sottolineare quanto si sia speso molto per la gestione di una paziente che viveva già in una struttura protetta, dove si sarebbero potute prendere tutte le precauzioni necessarie per non arrivare ad una situazione simile.
I costi delle lesioni da decubito: un problema internazionale
Secondo una ricerca alle ulcere da decubito è da imputarsi il 4% dei costi totali del SSN: i circa 2 milioni di italiani affetti da tali lesioni costano approssimativamente 1 miliardo di euro l’anno. La comparsa di queste ulcere aumenta in media la durata della degenza di circa 5 volte, e si è calcolato che fa perdere circa 500 mila giornate di lavoro, tra pazienti e familiari che restano a casa per l’assistenza (Calabrò, 2017).
In uno studio statunitense si è visto come l’incidenza delle ulcere da decubito in strutture residenziali ammonta a circa il 9-13% degli ospiti residenti: ciò, esteso al numero di persone che attualmente risiedono in queste strutture, dà vita a numeri davvero preoccupanti (Bennett et al., 2000).
Uno studio inglese evidenzia come il costo per un singolo episodio (inteso come trattamento totale per la cura di tale lesione) può andare da 1265 € nel caso di quelle di I grado ai 7750 € invece per le lesioni di IV grado, senza che però si verifichino complicanze come colonizzazioni ad opera di agenti patogeni, celluliti o addirittura osteomieliti, che nel caso delle lesioni di IV grado potrebbero far lievitare il costo addirittura a 24214 €, come anche dimostrato dai due casi che abbiamo presentato. Il costo totale delle lesioni per l’intero NHS invece varia dai 180 milioni di euro del I stadio ai 570 milioni del IV stadio. Quello che fa lievitare il costo è anche il “tempo infermieristico” inteso come il tempo che gli infermieri dedicano alla cura della lesione, che nel caso delle lesioni di I/II grado rappresenta circa il 90% dei costi, ma tende a diminuire nelle lesioni di III-IV stadio o anche se insorgono complicanze (Bennett et al., 2004).
In Danimarca i costi associati a tale problematica sono stimati in 174.5 milioni di euro all’anno. Nel 2010, la Società Danese per la sicurezza dei pazienti ha introdotto il Pressure Ulcer Bundle (PUB) – iniziative preventive attuate dal personale del reparto – al fine di ridurre le ulcere da pressione acquisite in ospedale di almeno il 50% in cinque ospedali. La prevenzione delle ulcere da pressione acquisite in ospedale ha consentito di risparmiare sui costi e ha comportato un effetto migliore rispetto alle cure standard. Si è visto come attuando questo piano si è prodotta una riduzione del 9,3% delle ulcere da pressione e dello 0.47% delle morti (Mathiesen et al., 2013).
Conclusioni
Nonostante siano state identificate alcune raccomandazioni per la migliore gestione delle ulcere cutanee (NICE, 2014), ad oggi non esiste una terapia specifica per il trattamento di tali lesioni.
Gli studi clinici ben progettati e su campioni sufficientemente ampi sono molto rari e la maggior parte dei trattamenti viene utilizzata di routine, anche senza una prova affidabile della loro efficacia (Di Giulio et al., 2001). Ad oggi l’Istituto Superiore di Sanità non ha pubblicato nulla in tal senso, anche perché le linee guida internazionali prima di essere utilizzate nella nostra pratica clinica andrebbero adottate o adattate secondo uno specifico processo di adolopment.
Una figura importante nell’evitare la formazione di ulcere da decubito o una loro eventuale progressione è quella del fisioterapista, spesso presente nell’equipe dell’Assistenza Domiciliare Integrata che si attiva al momento dell’allettamento del paziente. Tale figura può intervenire in maniera diretta attraverso l’esecuzione di esercizi che evitano la stasi del paziente in una stessa posizione e l’alienazione derivante dal costante allettamento, ma può intervenire anche indirettamente dialogando con i familiari e offrendo loro utili suggerimenti. In termini di costi appare quindi evidente come con l’attivazione della fisiokinesiterapia, che è una spesa relativamente ridotta per il SSN, sia possibile evitarne altre ben più gravose come il ricovero o il trattamento di tutte le complicanze (Daniela et al., 2020).
In conclusione, appare utile quindi una riflessione sull’importanza di quello che è spesso considerato un problema secondario e di come esso possa avere conseguenze molto gravi in termini di costi e tempi per il SSN. Appare dunque fondamentale trattare adeguatamente a domicilio o nelle strutture residenziali le persone a rischio di sviluppare le lesioni da decubito, per evitare pericolose e costose degenerazioni che poi potrebbero portare il paziente al ricovero in ospedale.
Note
Bibliografia
Allman RM. (1997), Pressure ulcer prevalence, incidence, risk factors, and impact, Clinics in Geriatric Medicine, Vol. 13, Issue 3, August, pages 421-36.
Bennett G. ,Dealey C.,Posnett J. (2004), The cost of pressure ulcers in the UK, Age and Ageing, Vol. 33, No. 3, pages 230-235.
Bennett RG., O’Sullivan J., DeVito EM., Remsburg R. (2000), The increasing medical malpractice risk related to pressure ulcers in the United States, Journal of the American Geriatric Society, Vol. 48, Issue 1, pages 73–81.
Calabrò R. (2017), Lesioni croniche, ci costano il 4% della spesa totale del Ssn, Nurse24.it, 14 giugno.
Daniela et al. (2020), L’importante ruolo del fisioterapista nelle piaghe da decubito, Il portale di riferimento delle piaghe da decubito, 31 marzo.
Di Giulio P., Saiani L., Laquintana D., Palese A., Bellingeri A., Gruppo di ricerca Studio PARI-ETLD (2001), PARI-ETLD (Percorsi Assistenziali e Ricerca Infermieristica–Epidemiologia e Trattamento delle Lesioni da Decubito) [PARI-ETLD (Therapeutic Approach and Nursing Research – Epidemiology and Treatment of Decubitus Lesions], Assistenza Infermieristica e Ricerca, October-December, Vol. 20, No. 4, pages 184-196.
Dumville JC, Lipsky BA, Hoey C, Cruciani M, Fiscon M, Xia J. (2017), Topical antimicrobial agents for treating foot ulcers in people with diabetes, Cochrane Database of Systematic Reviews, June 14.
Mathiesen AS., Nørgaard K., Andersen MF., Møller KM., Ehlers LH. (2013), Are labour-intensive efforts to prevent pressure ulcers cost-effective?, Journal of Medical Economics, Vol. 16, Issue 10.
NICE – National Institute for Health and Care Excellence (2014), Pressure ulcers: prevention and management. Clinical guideline, CG 179, April 23.
Park-Lee E., Caffrey C. (2009), Pressure ulcers among nursing home residents: United States, 2004, National Center for Health Statistics – NCHS Data Brief, No. 14, February, pages 1-8.
Sallustro M., Florio A. (2021), The Impact of COVID-19 Pandemic on Vascular Leg Ulcers, The International Journal of Lower Extremity Wounds, April 28.
Team V., Team L., Jones A., Teede H., Weller CD. (2021), Pressure Injury Prevention in COVID-19 Patients With Acute Respiratory Distress Syndrome, Frontiers in Medicine, January 22.