1 Settembre 2005 | Cultura e società

Editoriale
21 Settembre 2005 – XII Giornata Mondiale Alzheimer “We can make a difference”

Giornata modiale della demenza di Alzheimer

La ricorrenza in Settembre della giornata mondiale dell’Alzheimer suscita qualche riflessione, stimolata anche dal convegno di “Alzheimer Europa” tenutosi in Irlanda dal 9 al 12 giugno e dalla pubblicazione dei nuovi dati sull’incidenza della demenza in Italia, tutti eventi che ci richiamano ad una nuova e diversa responsabilità verso questi malati (nel senso etimologico del “respondere”). Il convegno europeo, promosso dal coordinamento delle associazioni dei famigliari, ha dato spazio in modo pressoché esclusivo ai temi sociali e psicologici, con scarsissimo rilievo per quelli medici e nessuno per quelli biologici legati alla ricerca di base.

 

Il tema dominante, che ha caratterizzato un po’ tutto il congresso, è stato quello dello “stigma” negativo che accompagna la diagnosi di demenza e che si trasferisce poi ai malati e alla famiglia e li accompagna nella fase post diagnostica. Paradigmatica a questo proposito è la frase di Mary Marshall laddove afferma che “la maggior parte delle diagnosi apre le porte della cura, la diagnosi di demenza invece spesso le chiude”. Altre tematiche ricorrenti annesse a questa sono state la comunicazione della diagnosi e la necessità e possibilità della diagnosi precoce, entrambe viste soprattutto come momento di rispetto e di promozione della dignità del malato.

 

L’esigenza di una battaglia culturale per un diverso pensiero comune sui malati e sulla demenza, si è concretizzata anche con la partecipazione dei malati stessi. Nel convegno ben quattro di loro hanno preso la parola di fronte a centinaia di persone, propugnando un maggior ascolto dei loro bisogni e preferenze, ma anche comunicando il loro dramma personale creando così momenti di emozione intensa e partecipata. La necessità di rispetto e valorizzazione della persona parte, sempre, dalla comunicazione della diagnosi, per la quale è auspicabile lo sviluppo anche di tecniche migliori per questa difficile comunicazione. E’ spiaciuto, in questo clima, percepire una certa aria di fronda antimedica, non certo nuova né utile, da parte di alcuni sociologi britannici che, evidentemente, vivono male la competizione con i sanitari per l’assegnazione delle risorse per ricerche e servizi.  Il programma del convegno non prevedeva nessun italiano fra i relatori invitati e, d’altronde, gli italiani erano pochissimi anche fra i partecipanti. Un altro segnale del nostro arretrare a livello europeo? In realtà l’impressione è che, accanto ad un certo sciovinismo anglosassone, vi sia un certo ritardo delle scienze sociali e psicologiche italiane nell’occuparsi della demenza, come risulta anche dal panorama dei contributi internazionali sul tema; ai sociologi e psicologi italiani quindi l’onere di modificare per il futuro questa situazione, creando anche migliori legami con i diretti interessati e le loro associazioni.

 

Un secondo spunto di riflessione, non disgiunto dal precedente, riguarda i nuovi dati sull’incidenza della demenza in Italia forniti da uno studio condotto fra il 1999 e il 2004 su un’area vicina a Bologna e pubblicato sul numero di maggio di Neurology (Ravaglia et al., 2005). Lo studio, recente e ben condotto, cambia i numeri e rileva una incidenza per 1.000 persone anno pari a 37,8 (95% CI = 30,0-47,7) per la demenza in generale, a 23,8 (95% CI =17,3-31,7) per la malattia di Alzheimer e a 11,0 (95% CI = 7,2-16,9) per la demenza vascolare; questo porta a ipotizzare più di 400.000 nuovi casi all’anno in Italia (precedenti studi europei, pubblicati nel 1999, proponevano valori di incidenza del 20 per mille per anno (Andersen et al., 1999), mentre alcuni studi italiani parlavano di un 10 per mille per anno) (Di Carlo et al., 1999).

 

Che fare? La giornata mondiale Alzheimer del 21 settembre ci richiama ad una riflessione ulteriore: vi saranno certamente iniziative e prese di posizioni nazionali, come quelle della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, ma si sa che moltissime iniziative locali avranno luogo in concomitanza con questa data. Questo è un bene, perché una parte della cura necessita di radicarsi nella comunità, nel territorio dover poter creare esperienze innovative ed economicamente sostenibili. Anche nel convegno di Alzheimer Europa si è data molta enfasi a questo “bricolage” comunitario della realizzazione di esperienze capaci di mobilitare e utilizzare la solidarietà delle situazioni locali. Certamente, per migliorare il futuro dei malati di demenza vi sono energie umane ed economiche che possono raccogliere solo centri specialistici di rilievo nazionale e internazionale, qualificati ed eccellenti, capaci di produrre ricerca clinica e di base. Ma vi sono anche altre e numerosissime energie umane ed economiche che trovano la loro dimensione migliore nella comunità locale, come parte di una solidarietà tangibile, quasi fisica, fatta di vicinanza e di sentimenti positivi di prossimità. Sempre più per il futuro non si potrà fare a meno di queste risorse, per piccole che siano.

 

La necessità di “accampare i diritti” dei malati di demenza (il tema della “advocacy” era ben presente al convegno europeo), e rivendicarne il posto nella società è uno dei compiti di chi, per necessità di vita o scelta professionale, si trova a prestare cure a questi malati. I numeri riportati dall’articolo di Neurology sulla situazione italiana sono più che preoccupanti. Una proposta per affrontarli consiste nello sviluppare soprattutto un “artigianato” locale di partnership, che tenga conto delle specificità di ogni territorio, sviluppando collegamenti saldi con i centri specialistici che dimostrano di possedere capacità di ricerca e di innovazione, come, già era programmato quasi dieci anni fa nel “Piano Alzheimer” di alcune regioni, tra cui la Lombardia, con grande capacità di intuizione e preveggenza. Noi, da parte nostra, invitiamo a comunicarci queste “soluzioni locali” e cercheremo di dargli voce e rilievo per ciò di innovativo che porteranno. In fondo siamo nati anche per questo.

Bibliografia

Andersen K., Launer LJ., Dewey ME., Letenneur L., Ott A., Copeland JR., Dartigues JF., Kragh-Sorensen P., Baldereschi M., Brayne C., Lobo A., Martinez-Lage JM., Stijnen T., Hofman A. Gender differences in the incidence of AD and vascular dementia: The EURODEM Studies. EURODEM Incidence Research Group. Neurology 1999; 53(9):1992-7.

Di Carlo A., Baldareschi M., Inzitari D., Amaducci L. “ Dementias, the dimension of the problem: epidemiology notes” in : Govoni S., Bolis C.L., Trabucchi M. “ Dementias: biological bases and clinical approach to treatment “, Springer Verlag Italia, Milano 1999 pp. 1-18.

Ravaglia G., Forti P., Maioli F., Martelli M., Servadei L., Brunetti N., Dalmonte E., Bianchin M. and Mariani E. Incidence and etiology of dementia in a large elderly Italian population. Neurology, 2005; 64: 1525-1530.

 

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