20 Gennaio 2022 | Dati e Tendenze

L’attività fisica previene e rallenta la fragilità: studio longitudinale di popolazione

Mantenere una buona qualità di vita in età avanzata è un obiettivo perseguibile (anche) mantenendo uno stile di vita attivo. Gli autori illustrano i risultati di una ricerca volta a verificare se più alti livelli di attività fisica svolta nel tempo libero da parte di anziani non fragili, siano un fattore di protezione rispetto all’insorgenza di fragilità. Secondo obiettivo di questo lavoro è la valutazione della velocità del cammino, come predittore di comparsa di fragilità nel tempo.


L’aspettativa di vita è aumentata notevolmente negli ultimi decenni grazie ad una migliore alimentazione, igiene, condizioni di vita e cure mediche ampiamente disponibili e alla riduzione della mortalità infantile. La percentuale di persone anziane, ed in particolare la quota di over 80, sta crescendo più rapidamente di qualsiasi altra fascia d’età e si prevede che triplicherà tra il 2015 e il 2050 (Mantovani et al., 2020).

 

A livello individuale, la maggiore longevità comporta varie problematiche per il mantenimento di una buona qualità della vita. L’invecchiamento è stato definito come il progressivo e generale declino fisiologico di un organismo nella sua capacità di produrre risposte adattive ai fattori di stress a causa dell’accumulo di danni biologici in diversi tessuti. Gli individui più anziani diventano quindi più suscettibili e vulnerabili anche a lievi fattori di stress endogeni e/o esogeni ed il ritorno alle condizioni di base può essere impossibile o difficile e prolungato (Clegg, 2014).

 

L’importanza della prevenzione

Nello scenario sopra descritto, viene dedicata un’attenzione crescente alle strategie di prevenzione e promozione della salute degli anziani. Tali strategie per poter essere efficaci necessitano di indicatori specifici del declino funzionale legato all’avanzare dell’età, ed è in questo contesto che nasce il concetto di “fragilità”, così definito nel già citato articolo del Lancet (Clegg, 2014). Si tratta di “uno stato di vulnerabilità allo scarso recupero dell’omeostasi dopo un evento stressante ed è una conseguenza del declino cumulativo in molti sistemi fisiologici nel corso della vita. Questo declino cumulativo esaurisce le riserve omeostatiche fino a quando eventi minori di stress causano cambiamenti sproporzionati nello stato di salute ..”.

 

Un evento avverso (sociale, psichico o biologico) può ridurre l’autonomia della persona e avvicinarla alla dipendenza. Nel caso di un organismo robusto tale avvenimento avrà effetti temporanei, per poi tornare alla situazione funzionale precedente; nel caso, invece, di un organismo fragile, il recupero non sarà completo, ma resterà più vicino alla soglia di dipendenza e sarà ridotta la riserva di autonomia funzionale. In effetti una definizione sintetica della fragilità è “riduzione della riserva funzionale”.

 

Esercizio fisico e fragilità
Uno stile di vita inattivo, predispone all’insorgenza di gravi malattie cardiovascolari, metaboliche, obesità, cadute, disturbi cognitivi, osteoporosi e debolezza muscolare. La fragilità risulta essere più diffusa tra gli anziani che mostrano bassi livelli di attività fisica abituale fino alla inattività. Le strategie per prevenire la fragilità dovrebbero quindi concentrarsi sull’incoraggiare lo svolgimento di attività fisica riducendo il tempo trascorso in comportamenti inattivi.

 

Nel 2015 sono stati pubblicati i risultati di uno studio randomizzato controllato, che ha confermato l’efficacia preventiva dell’esercizio fisico negli anziani (Cesari et al., 2015). In particolare si è visto come con un intervento di 12 mesi di esercizio fisico (camminare almeno per 150 min/settimana o bicicletta esercizi di flessibilità, allenamento per la forza e l’equilibrio) per 211 anziani, confrontato con un gruppo di controllo di 213 soggetti che svolgevano attività di gruppo di educazione sanitaria, la prevalenza di fragilità riscontrata nel primo sia stata quasi la metà rispetto al secondo. Questi dati suggeriscono quindi l’efficacia dell’esercizio fisico come possibile fattore di protezione dall’insorgenza di fragilità, soprattutto negli individui con un alto rischio di disabilità.

 

Velocità del cammino
La capacità di deambulare è fondamentale per mantenere l’autonomia di movimento e per svolgere le proprie attività di vita quotidiana.

 

La velocità del cammino è una misura di mobilità ampiamente utilizzata come indicatore prognostico della fragilità fisica, e può essere utile come segno clinico di importanti condizioni geriatriche quali sarcopenia e fragilità (Mehmet, Robinson and Yang, 2020). Il cammino lento è un forte predittore di esiti avversi ed è associato ad un maggior rischio di caduta, declino cognitivo, ospedalizzazioni, istituzionalizzazione, disabilità e mortalità (Mehmet, Robinson and Yang, 2020).

 

Il nostro studio

Lo scopo principale di questo lavoro è di verificare se più alti livelli di attività fisica svolta nel tempo libero in una popolazione di anziani non fragili e viventi al domicilio, siano un fattore di protezione per l’insorgenza di fragilità negli anni successivi. Obiettivo secondario è la valutazione della velocità del cammino, come predittore di comparsa di fragilità negli anni di osservazione.

 

La ricerca è stata condotta sui dati dello studio longitudinale e multidimensionale “InveCe.Ab” (Invecchiamento Cerebrale in Abbiategrasso, ovvero Brain ageing in Abbiategrasso; ClinicalTrials.gov, NCT01345110) che nel 2009-2010 ha reclutato tutti i nati tra il 1935 e il 1939 residenti ad Abbiategrasso, 1321 persone. La coorte è stata rivalutata nel 2012, 2014 e 2018.

 

Le variabili descrittive prese in considerazione sono state: età, scolarità, genere e Mini Mental State Examination (test di screening cognitivo largamente usato nella popolazione anziana) (Sampaio et al., 2020).

 

La fragilità è stata misurata con il “Frailty Index” (FI) che si basa sulla presenza cumulativa in un numero sufficiente di variabili, (in questo caso 32) riconducibili ad un valore binario (presenza/assenza). Variabili considerate per il “Frailty Index”:
1)  Aritmie cardiache
2)  Malattie croniche renali
3)  Malattie del fegato
4)  Incontinenza
5)  Artrosi
6)  Osteoporosi
7)  Malattie della tiroide
8)  Demenza
9)  Cadute
10)  Depressione
11)  Diabete
12)  Iperlipemia
13)  Ipertensione
14)  Stroke
15)  Polifarmacoterapia (5 o più farmaci)
16)  Body Mass Index (3 classi: 18.5-24.9=0punti; 25.0-29.9=0,5 punti; <18.5 o ≥30.0=1 punto)
17)  Alimentazione
18)  Fare il bagno
19)  Vestirsi
20)  Entrare e uscire dal letto
21)  Governo della casa
22)  Uso della toilet
23)  Mezzi di trasporto
24)  Preparazione dei pasti
25)  Gestione dei farmaci
26)  Deambulazione (difficoltà)
27)  Dipendente nella deambulazione
28)  Asma
29)  Bronchite cronica
30)  Cancro
31)  Coronaropatie
32)  Scompenso cardiaco

 

Abbiamo ricodificato il Frailty Index (FI) in tre classi:

  • FI ≤ 0.08 FIT;
  • FI ≥ 0.25 = FRAIL;
  • le persone con valore intermedio venivano classificate come PRE-FRAIL.

 

La rilevazione delle attività è avvenuta tramite questionario, distinguendo le attività legate a necessità quotidiane (ad esempio camminare o andare in bici al lavoro) dalle attività del tempo libero (ad esempio camminare per più di mezz’ora, andare in bici, andare a nuotare, solo per fare movimento e sentirsi meglio), con risposta chiusa (1= mai; 2= 1 x settimana; 3= 2 x settimana; 4= 3 o più x settimana).

 

Tabella 1 – Schema della rilevazione dell’attività fisica condotta nello studio “InveCe.Ab”

Per lo scopo dello studio abbiamo costruito una variabile “attività” come somma delle frequenze delle attività, ricodificandola poi in tre classi: inattivi (nessuna attività svolta=9), attivi (punteggio fra 10 e 12) e molto attivi (=o > di 13, corrispondente al 75° percentile).

 

Abbiamo anche valutato la velocità del cammino, misurata come tempo in secondi, facendo compiere ai partecipanti un percorso di 5 metri avanti e indietro. Il setting per il test veniva precedentemente preparato, segnando a terra il percorso che i soggetti avrebbero dovuto seguire e posizionando una sedia frontalmente alla linea iniziale del percorso (per ridurre gli errori e rendere il test più ripetibile, quest’ultimo veniva svolto sempre dallo stesso operatore).

 

Risultati dell’analisi dell’influenza dell’attività fisica del tempo libero sull’incidenza di fragilità

Da una distribuzione percentuale dei soggetti per livello di attività fisica al baseline è emerso che l’attività fisica svolta nel tempo libero era così distribuita all’interno del campione in studio: il 31% non svolgeva alcuna attività “inattivi”, il 40% era nella categoria degli “attivi” ed il 29% in quella dei “molto attivi”.

 

L’attività largamente più praticata era il cammino per più di mezz’ora e la bicicletta (rispettivamente 53,3% e 36,3%), questo dato può indicare sia il grado di piacevolezza che determinate attività fisiche riscuotono maggiormente sul campione in studio, ma anche la fattibilità di quest’ultime nel territorio, in quanto sia le dimensioni contenute della cittadina (30.000 abitanti) che la sua collocazione in pianura nel parco del Ticino, con molte vie d’acqua e vicinissima ai boschi rende l’attività fisica come delle passeggiate o attività in bici sicuramente più piacevoli e potrebbero aver favorito tali risultati.

 

Il valore medio dell’indice di fragilità è risultato essere in aumento significativo per tutti i livelli di attività al baseline anche se significativamente maggiore per i soggetti inattivi.

 

andamento-indice-fragilità
Figura 1 – Andamento del valore medio dell’indice di fragilità (FI) nelle tre successive valutazioni (2012, 2014, 2018)

 

I soggetti che praticano attività fisica hanno una minor incidenza di fragilità nei successivi 8 anni di osservazione (fra il 2010 e il 2018). Infatti, come vediamo nella figura 2, la percentuale di chi diventa fragile tra gli inattivi è del 28,1% mentre fra i molto attivi è del 20,2% (figura 2).

 

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Figura 2 – Distribuzione percentuale dell’incidenza cumulativa della fragilità nelle tre classi di attività, nel periodo 2010-2018

 

I risultati mostrano come tra i soggetti che praticano attività fisica (anche se non strutturata secondo parametri allenanti come volume, intensità e frequenza) ci sia una minor incidenza di fragilità rispetto agli inattivi. Nel nostro studio, abbiamo potuto non solo dimostrare come l’inattività sia un fattore di rischio per la fragilità, ma tramite l’analisi dell’influenza delle tre classi di attività sulla “curva di sopravvivenza” cioè sul calcolo del “tempo libero da fragilità mostrato tra gli “inattivi”, “attivi” e “molto attivi” , la chiara divisione (che vediamo nel grafico qui di seguito tabella 4) delle tre linee, dimostra che non solo gli inattivi hanno una maggior incidenza di fragilità, ma diventano fragili anche prima , con una differenza di quasi il 50%, diminuendo così la possibilità a se stessi di vivere più a lungo liberi da fragilità.

 

Figura 3 – Curva nel tempo della percentuale di soggetti liberi da fragilità, a seconda delle classi di attività al baseline

 

Risultati dell’influenza della velocità del cammino sull’incidenza di fragilità

La velocità del cammino è una misura importante di capacità funzionale e viene ampiamente utilizzata negli anziani come indicatore di fragilità.

 

Ciò che è emerso è che la percentuale di soggetti al baseline (quindi esclusi i fragili), che presentavano bassa velocità del cammino (lenti), risultava significativamente più alta negli inattivi rispetto a chi praticava attività fisica (rispettivamente il 40,7% dei lenti era inattivo, il 19,2% dei lenti era molto attivo).

 

Rispetto ai lenti, essere molto veloci riduce di due terzi il rischio di insorgenza di fragilità nel tempo di osservazione, ed anche il rischio dei veloci risulta essere significativamente ridotto (più della metà), come vediamo nella figura 4.

 

Figura 4 – Curve di andamento della percentuale dei “non fragili” alla data delle successive valutazioni suddivise per classi di velocità

 

Nel nostro studio abbiamo potuto dimostrare non solo che la velocità del cammino risulta essere minore tra i soggetti inattivi, ma che una buona velocità del cammino correli con una riduzione del rischio di sviluppare fragilità nel tempo e con una più lunga sopravvivenza libera da fragilità.

 

I risultati dal nostro studio forniscono una importante indicazione per attuare interventi di sensibilizzazione degli anziani a evitare la progressiva perdita di movimento che può accompagnare l’avanzare dell’età, con il conseguente rischio di un rapido incremento della fragilità e di isolamento, depressione, aggravamento delle patologie sistemiche croniche (Evans et al., 2019).

 

Conclusioni

Questo studio dimostra come in una popolazione ampia ed omogenea, per soggetti di età iniziale di 70-74 osservati fino ai 79-84 anni, l’attività fisica del tempo libero costituisca un fattore rilevante per il mantenimento della salute, della qualità di vita e della prevenzione della fragilità. Il test della velocità del cammino offre uno strumento semplice e preciso di valutazione del mantenimento dell’efficienza psicofisica. Migliorare il proprio stato di salute è sempre possibile, anche in età avanzata. Occorre prendersi cura di sé praticando un’attività fisica, anche non strutturata, perché essa aumenta la probabilità di invecchiare rimanendo più sani e più a lungo.

 

Bibliografia

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Cesari M., Vellas B., Chi Hsu F., Newman AB., Doss H., King AC., Manini TM., Church T., Gill T., Miller M., Pahor M. (2015), A Physical Activity Intervention to Treat the Frailty Syndrome in Older Persons – Results from the LIFE-P Study, Journals of Gerontology – Series A Biological Sciences and Medical Sciences, 70 (2): 216–22.

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