Premessa
Le malattie cardiovascolari sono la causa più frequente di mortalità e morbilità nel mondo industrializzato, e sono responsabili ogni anno di circa il 50% delle morti. Nella popolazione anziana il rischio cardiovascolare è proporzionale all’età. I fattori che influenzano principalmente l’insorgenza delle cardiopatie nella popolazione anziana sono lo stile di vita che si è tenuto in passato (fumo, attività fisica, regolarità dei ritmi biologici, episodi stressanti, abitus mentale e caratteriale, attività lavorativa affaticante, traumi, ecc.). L’attività fisica costante e l’alimentazione rappresentano i pilastri su cui si basa in buona parte la longevità di successo. Sono sempre più numerosi gli studi che documentano la possibilità di migliorare qualità e quantità di vita, nonché la tolleranza all’esercizio fisico e il miglioramento dello stato psicologico di benessere correlato a detta attività, senza aumentare i rischi di complicanze significative.
Negli Stati Uniti quasi il 40% dei pazienti che hanno manifestato un evento coronarico acuto partecipa sistematicamente ad un programma di riabilitazione, ad un cambio di stile di vita e ad un riordino alimentare indipendentemente dall’età. Questo vale per le malattie cardiovascolari quanto per patologie di rilievo come il cancro (1). È noto che negli anziani avvengono modificazioni fisiologiche, quali il rallentamento del metabolismo basale e la diminuzione della muscolatura scheletrica, cambiamenti dello stile di vita, come la ridotta attività fisica, che riducono il fabbisogno energetico, ma che richiedono un giusto apporto di nutrienti. L’orientamento della moderna dietologia propende per una contrazione dell’apporto calorico nell’anziano rispetto alle altre fasce di età. Infatti oltre i 40 anni, l’occorrente di calorie e di proteine diminuisce gradualmente di circa il 5% ogni 10 anni sino ai 60 anni d’età; dai 60 ai 70 anni il calo è del 10%, e un’altra riduzione del 10% avviene dopo i 70 anni. Il problema nell’anziano non è l’apporto calorico, bensì quello di un regime alimentare equilibrato e completo dei principali nutrienti.
L’anziano con cardiopatia ischemica
È noto che la cardiopatia ischemica nell’anziano si può presentare, da un punto di vista clinico, in modo difforme rispetto all’adulto con episodi di tipo confusionale rispetto al classico dolore precordiale o come epigastralgia aspecifica o dorsalgia (attribuita a cedimenti vertebrali dorsali) in caso di coronaropatie della sede inferiore o posteriore del cuore. Nell’anziano aumenta la probabilità della complicanza clinica dello scompenso cardiaco postinfartuale (2-4). Questi sintomi confusivi rispetto al quadro clinico dell’adulto spesso inducono ad una sottostima della sintomatologia, con conseguente rilievo degli esiti dell’evento acuto in occasione di altre indagini che includono l’analisi del quadro cardiovascolare. Accanto alla variabilità della manifestazione clinica i fattori predisponenti sono l’ipercolesterolemia, l’ipertensione arteriosa, l’obesità, il diabete mellito, l’iperomocisteinemia e altri fattori che nelle età precedenti hanno acquisito la caratteristica di spia bioumorale, tra le quali rientra la sindrome metabolica definita “la madre di tutti i fattori di rischio”. La sindrome metabolica è caratterizzata dalla presenza di 3 o più di questi segni “ipertensione arteriosa, dislipidemia, iperglicemia, obesità addominale (5).
L’adozione di un adeguato programma alimentare è volto a contrastare il rischio di sarcopenia, col mantenimento della massa magra, o a contenere l’eccesso di massa grassa congiuntamente all’attività fisica adattata al contesto e al controllo delle comorbilità associate. In questa prospettiva, l’adozione di scelte alimentari appropriate appare ormai da tempo una componente centrale del progetto di cura per la prevenzione e riduzione di nuovi eventi cardiovascolari. L’attenzione agli aspetti nutrizionali e alla modificazione dello stile di vita sono oltretutto essenziali per ridurre i fattori di rischio, quali obesità, diabete, ipertensione e dislipidemia, spesso coesistenti. È necessario quindi valutare e comunicare all’anziano la sua potenzialità residua, sia per renderlo consapevole delle difficoltà oggettive di una disabilità fisica o funzionale sia per offrire la speranza di un possibile miglioramento, insistendo su alcuni aspetti fondamentali di chiarezza e onestà nella relazione tra sanitari e pazienti.
In questa prospettiva è bene che l’anziano sia informato in merito ai seguenti aspetti:
- ogni cambiamento è un percorso complesso, presenta diverse difficoltà e richiede motivazione, tempo, pazienza, disponibilità. Per cambiare è necessario porsi obiettivi raggiungibili, avere fiducia nelle proprie capacità e, magari, avere accanto persone (familiari, professionisti sanitari) in grado si supportare e sostenere la fatica del cambiamento;
- è difficile cambiare le proprie abitudini alimentari: esse si sono costruite nel tempo, hanno a che fare con la storia personale e dipendono da tanti elementi quali il bisogno di alimentarsi: infatti nutrirsi non è soltanto una necessità del corpo, ma è condizionato da fattori economici, sociali, ambientali, psicologici, affettivi;
- è possibile cambiare abitudini alimentari: in particolare, cercando un equilibrio tra senso della misura e gusto, evitare, dove possibile, di identificare il benessere alimentare come risultato di divieti e prescrizioni.
Indicazioni per una corretta alimentazione nell’anziano cardiopatico
La dieta ideale nel cardiopatico anziano deve coprire in modo armonico ed equilibrato i fabbisogni nutrizionali; molto schematicamente deve essere impostata assicurando un apporto calorico totale di circa 2.100 calorie e l’energia deve essere fornita dai carboidrati per il 50-60%, dalle proteine per il 1214%, dai lipidi per il 30-35%. È importante la quantità di liquidi assunti che può variare secondo il problema cardiologico presente. In caso di scompenso cardiaco, in particolare, si dovrebbero assumere 30 ml/kg o 1 ml/Kcal assunta. In merito alla qualità sono da preferire acque con residuo fisso a 180° < di 500 mg/l e con un pH alcalino (> di 7,4) al fine di favorire il mantenimento dell’omeostasi nel sangue il cui pH è di norma 7,36. Nella cardiopatia ischemica sarebbe opportuno ridurre notevolmente la quota di lipidi (privilegiando l’assunzione di olio extravergine di oliva) poiché gli oli tenderebbero a interferire con la produzione di nitrossido d’azoto e ossido nitrico (potente vasodilatatore naturale!) a livello endoteliale riducendo la possibilità di avere una protezione vascolare preziosa nel paziente affetto da ischemia miocardica (6).
Nei pazienti anziani con patologia cardiovascolare, come nelle altre fasce di età, è stato da tempo dimostrato l’effetto protettivo della dieta mediterranea (7) basata fondamentalmente sul dominante apporto di verdure e cereali, preferibilmente di tipo integrale (per conservare tutta la componente proteica e dei sali minerali essenziali), e l’apporto proteico è affidato prevalentemente alla consumazione di legumi mentre la componente proteica di origine animale è complementare. La popolazione dei paesi coinvolti nello studio EPIC che includeva anche una parte di soggetti con una precedente diagnosi di infarto del miocardio e seguiti per un periodo di follow-up di circa 7 anni, ha mostrato che coloro che presentavano un incremento di due unità nel punteggio di aderenza alla dieta mediterranea avevano una riduzione del 18% di mortalità (1).
Ne è seguita una serie di considerazioni che hanno portato a consigliare anche agli anziani, al momento della dimissione dopo Sindrome Coronarica Acuta, alcune semplici e fruibili indicazioni per una sana alimentazione, come quelle proposte dall’Associazione Nazionale dei Dietisti:
- ad ogni pasto principale inserire almeno una porzione di cereali e derivati (pane, pasta, riso, mais, grano saraceno, orzo, avena, miglio, ecc.) privilegiando prodotti integrali e a ridotto contenuti di grassi;
- a tavola ricordarsi di non far mai mancare 2 o più porzioni tra frutta (assumibile preferibilmente lontano dai pasti) e verdura, per un totale di 4-5 porzioni al giorno, dando la preferenza a prodotto di stagione possibilmente a filiera corta;
- limitare il consumo di prodotti di origine animale quali carne rossa, affettati, insaccati a 2-3 volte al mese. A pranzo e a cena, alternare la varietà di secondi piatti privilegiando il pesce (ottimo quello azzurro) 2-3 volte, la carne bianca massimo 3 volte, le uova 1 volta e i formaggi 1-2 volte alla settimana;
- introdurre nell’alimentazione i legumi secchi o freschi (ceci, fagioli, lenticchie, fave, piselli) almeno 3-4 volte la settimana; comporre 1-2 volte la settimana un piatto vegetariano che utilizzi insieme ai cereali, frutta secca oleosa come noci, pinoli, pistacchi, mandorle secondo i gusti e che, accompagnato da una porzione di verdura e frutta fresca, possa rappresentare un pasto completo;
- preferire a dosi molto contenute l’olio extra vergine di oliva sia per la cottura sia come condimento a crudo;
- inoltre, se possibile, ricordare di leggere gli ingredienti e le etichette nutrizionali dei prodotti confezionati (soprattutto precotti/surgelati e dolci industriali) che possono contenere grassi idrogenati e grassi saturi che, ovviamente non sono da privilegiare;
- pianificare, per quanto possibile, il menù settimanale e fare la spesa seguendo una lista degli acquisti preparata a casa. Non lasciarsi suggestionare dalle campagne di marketing che invitano ad acquistare sottocosto prodotti alimentari non realmente necessari;
- ridurre al minimo il consumo di bevande e cibi con zucchero aggiunto (spesso sono prodotti acidificati e acidificanti non utili a mantenere un corretto ph del sangue) e preparare le pietanze con poco sale;
- se si fa uso di alcool, farlo con moderazione. Ricordarsi che la quantità massima di vino al giorno per gli uomini è di un bicchiere a pasto e di mezzo bicchiere a pasto per le donne;
- non saltare i pasti se non previa consultazione sanitaria;
- controllare le quantità cercando di non superare le porzioni consigliate.
Nei soggetti in dimissione dopo un evento cardiovascolare acuto si ritiene fondamentale:
- informare tutti i pazienti sulla corretta alimentazione;
- rilevare le abitudini o le difficoltà alle modifiche (ad es. situazione socio-economica);
- fornire indicazioni semplici, ma specifiche, sulla scelta degli alimenti;
- non prescrivere diete (8).
Al fine di favorire l’adozione da parte dei clinici ad un approccio sistemico complessivo che includa nella prescrizione terapeutica, oltre ai farmaci, indicazioni in merito allo stile di vita e all’alimentazione, alcune società scientifiche propongono di attuare congiuntamente la comunicazione sulla natura della malattia e la necessità di queste terapie da continuare anche dopo il superamento della fase critica (momento della massima motivazione al cambiamento). È utile fornire indicazioni dettagliate sulla terapia prescritta (farmacologica, dietologica e di attività motoria) e le modalità di controllo nel tempo direttamente al paziente in accordo coi sanitari (specialisti e medico di medicina generale). Ne deriva l’importanza di una buona comunicazione tra il paziente e gli operatori sanitari, non lasciata al caso ma adeguatamente prevista e preparata: strutturare il colloquio pre-dimissione, proporre una cadenza di controlli a breve e medio termine, creare un accesso diretto o telefonico nel caso di problemi e utilizzare il recall telefonico soprattutto nei soggetti ad elevato rischio trombotico.
Conclusioni
Accanto alle indicazioni dietetiche dobbiamo considerare la complessità di cura di un anziano che necessita di un sistema integrato di approcci terapeutici. L’attività fisica, l’alimentazione, lo stile di vita, la prevenzione, il trattamento delle comorbilità, associate alle terapie specifiche determinano, insieme ad un equilibrato sostegno psicologico, un supporto in grado di determinare potenzialmente un cambiamento significativo o la stabilizzazione di un quadro clinico minaccioso per la vita dell’anziano affetto da cardiopatia. Ne deriva che la formazione avanzata del personale sanitario volta a comprendere globalmente la complessità degli aspetti clinici psicologici ed esistenziali del paziente, consente un approccio in grado di migliorare l’aderenza alle cure.
Ogni sanitario che matura interiormente la convinzione che un consiglio sentito sull’importanza dell’attività fisica, l’alimentazione, lo stile di vita, l’uso appropriato dei farmaci proposti associati allo stimolo alla riflessione sulle potenzialità e opportunità del proprio esistere può consentire la possibilità di una nuova speranza di prosecuzione attiva e serena della vita del paziente.
Bibliografia
1. EPIC study . The European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition. 2014.
2. Ezekowitz JA, Kaul P , Bakal JA, Armstrong PW , Welsh RC, McAlister FA. Declining in hospital mortality and increasing heart failure incidence in elderly patients with first myocardial infarction. J Am Coll Cardiol. 2009;53:13-20.
3. Velageti RS, Pencina MJ, Murabito MJ, et al. Long-term trends in the incidence of heart failure after myocardial infarction. Circulation. 2008;118:2057-62.
4. Shafazand M, Rosengren A, Lappas G, Swedberg K, Schaufelberger M. Decreasing trends in the incidence of hearth failure after acute myocardial infarction from 1993-2004: a study of 175216 patients with a first acute myocardial infarction in Sweden. J Heart Fail. 2001;13:13541.
5. Berrino F. Il cibo dell’uomo. Ed. FrancoAngeli. 2015;167.
6. Vogel R, Corretti M, Plotnick G. The postprandial effect of components of the mediterranean diet on endothelial function, in “Journal of American College of Cardiology” , 2000.
7. De Lorgeril M, et al. Mediterranean diet, traditional risk factors and the rate of cardiovascular complications after myocardial infarction; final report of the Lyon Diet Heart Study , in “Circulation” 16.02.1999.
8. Giornale Italiano di Cardiologia. Vol 15 – Suppl. 1 al n° 1 pag.19-20S. Il pensiero scientifico Ed. Gennaio 2014.