Interessando nel mondo molti milioni di individui, la demenza rappresenta oggi uno dei principali problemi di sanità pubblica a livello globale. Da alcuni anni ormai l’orientamento della comunità scientifica internazionale non si limita solamente alla ricerca di nuovi farmaci, in grado di modificare il decorso della malattia. Si è capito infatti che, per garantire il maggior benessere possibile dei malati e delle loro famiglie, è necessario produrre risultati apprezzabili in molteplici aree di intervento: dalla prevenzione alla lotta allo stigma, dall’assistenza all’inclusione. Un discorso particolare riguarda il trattamento dei cosiddetti BPSD (Behavioural and Psychological Symptoms of Dementia), i sintomi comportamentali e psicologici in corso di demenza1.
Origine e avvio del progetto
L’idea originaria del progetto RECage nasce in provincia di Bergamo, a Gazzaniga in Valseriana, dove presso l’Ospedale Briolini opera dal 2005 un reparto di riabilitazione specialistica dedicato alla cura delle persone con demenza che attraversano un momento di crisi comportamentale, con disturbi di gravità tale da non risultare gestibili al domicilio2(Fascendini, 2019). Il reparto opera nell’ambito di un’associazione di partecipazione pubblico-privato tra la ASST Bergamo Est e la FERB Fondazione Europea Ricerca Biomedica Onlus.
Lungo il decorso delle patologie dementigene, i cosiddetti disturbi comportamentali rappresentano un’evenienza molto comune, con effetti negativi sia per la persona con demenza sia per i famigliari. È noto infatti come la presenza di BPSD sia in grado di diminuire sensibilmente la qualità della vita tanto del paziente quanto del caregiver, di aumentare enormemente le difficoltà assistenziali, di portare a un maggior consumo di farmaci e a un aumento della disabilità, oltre che – in definitiva – a una prematura istituzionalizzazione. La gestione ottimale dei disturbi comportamentali non può prescindere da una modalità di intervento multimodale e multidisciplinare, che preveda l’utilizzo combinato di terapie non farmacologiche (considerate di prima scelta) e prudenti trattamenti farmacologici. In letteratura, infatti, le evidenze di efficacia delle terapie farmacologiche per i BPSD sono molto scarse e da più parti si ravvisa la necessità di linee guida validate, per supportare gli interventi degli operatori sanitari (Gitlin, et al., 2012).
In questo contesto, la creazione di unità di cure speciali, dedicate alla gestione delle crisi comportamentali, era già stata suggerita nel 2013 dai risultati della prima Joint Action europea sulle demenze, nell’ambito dell’Alcove (ALzheimer COoperative Valuation in Europe) project. La distribuzione delle unità di cure speciali non è tuttavia omogenea sul territorio europeo: si passa da Paesi come la Grecia, dove risultano assenti, ad altri come l’Italia, dove sono estremamente rare, fino all’esempio della Francia, dove sono diffuse capillarmente e costituiscono parte integrante della rete dei servizi per le persone con demenza.3
Al progetto RECage ha partecipato un consorzio di 17 partner europei: 11 centri clinici e 6 partner non clinici, tra i quali 2 associazioni (una italiana e l’altra greca) di rappresentanza delle persone con demenza e dei loro famigliari.
L’obiettivo del Progetto RECage era triplice:
- validare un intervento (Special Care Unit for Behavioral and Psychological Symptoms of Dementia: acronimo SCU-B) sia per quanto riguarda l’efficacia clinica, sia per il rapporto costo-efficacia;
- adeguare l’intervento e produrre un documento di consenso su un modello SCU-B;
- promuovere l’attuazione e l’ampliamento dell’intervento.
Il primo ostacolo da superare è risultato quello di trovare una definizione comune di SCU-B, non essendo questa disponibile nella letteratura scientifica di riferimento. Di comune accordo i membri del consorzio hanno adottato la seguente definizione di SCU-B: strutture residenziali diverse dalle case di riposo, di norma collocate in un ospedale pubblico o privato, dove vengono ricoverate temporaneamente persone con demenza e disturbi comportamentali quando i loro sintomi non possono essere trattati a domicilio; la missione della SCU-B è migliorare il comportamento del paziente e il suo obiettivo è permettere, quando possibile, il suo ritorno a casa. Queste unità speciali non vanno quindi confuse con i centri diurni e le altre unità di cura speciali (SCU) esistenti in strutture come le residenze per anziani, dove le persone con demenza sono assistite in modo permanente da personale appositamente formato, in reparti adeguatamente equipaggiati.
Riguardo alle caratteristiche specifiche delle SCU-B, pur in assenza di uniformità organizzativa tra le unità esistenti nei vari Paesi europei, un modello comune di approccio terapeutico delle SCU-B comprende una combinazione di diversi e numerosi interventi non farmacologici (terapia occupazionale, fisioterapia, terapia con le bambole, stanze sensoriali, terapie mediate dagli animali, musicoterapia, ecc.) con una prudente terapia farmacologica; è inoltre previsto un intervento psico-educazionale e di training al fronteggiamento dei BPSD per i caregiver. L’équipe di cura è multidisciplinare e formata da professionisti esperti nella cura delle demenze.
La SCU-B è in definitiva un luogo privilegiato in cui gli operatori possono esplorare soluzioni alternative per il benessere delle persone con demenza, cercando di identificarne i bisogni insoddisfatti, nel rispetto della dignità dell’individuo. In molte SCU-B l’approccio terapeutico è in linea con modelli assistenziali noti e validati come il Gentle Care (Gallese, Stobbione, 2013) o il modello Person Centred Dementia Care (Fazio, et al., 2018). In ogni caso, il trattamento medico nelle SCU-B privilegia un approccio non farmacologico e segue le attuali linee guida per la gestione dei BPSD (Kales, et al., 2015).
La prima fase del progetto: lo studio osservazionale e le altre attività correlate
Il progetto si è avviato con uno studio osservazionale comparativo di coorte, della durata di tre anni, in cui sono state confrontate due coorti di pazienti con demenza e disturbi comportamentali, una seguita da centri clinici dotati di SCU-B, l’altra seguita da centri privi di questa struttura. L’outcome primario dello studio era l’attenuazione dei BPSD nel tempo (valutata attraverso il punteggio alla scala NPI NeuroPsychiatric Inventory); l’ipotesi di ricerca era la superiorità attesa della coorte SCU-B (Poptsi, et al., 2021).
Purtroppo i risultati non hanno confermato l’ipotesi primaria, soprattutto a causa di problemi legati alle circostanze specifiche nelle quali è stato condotto lo studio (importanti differenze tra i vari sistemi sanitari) e alla marcata influenza della pandemia da Covid-19, durante la quale sono state condotte le attività di follow-up dei pazienti reclutati. È in fase di stesura un paper scientifico, che presenterà nel dettaglio i vari risultati e le relative discussioni.
Proprio per mitigare almeno in parte i prevedibili risultati insoddisfacenti dello studio, sono state organizzate due altre importanti attività di ricerca: una scoping review delle evidenze presenti in letteratura sull’efficacia delle SCU-B e uno studio qualitativo che potesse fornire indicazioni sull’accettabilità e replicabilità del modello, oltre a descriverne il potenziale di innovatività sociale. Lo studio qualitativo ha coinvolto oltre un centinaio di stakeholder, tra rappresentanti delle istituzioni, persone con demenza, famigliari e membri della società civile; è stato molto importante per sottolineare come il modello delle SCU-B sia stato progettato per rispondere ai bisogni sociali e sanitari delle persone con demenza e per promuovere una strategia di assistenza personalizzata incentrata sui bisogni individuali (Guazzarini, et al., 2022).
La Consensus Conference
Considerate le criticità dei risultati del trial, le differenze tra i diversi sistemi sanitari e la sostanziale assenza di una chiara e comune definizione di SCU-B nel territorio europeo, il consorzio ha deliberato di organizzare una vera e propria Consensus Conference4. Questa si è svolta in febbraio 2023 presso la Fondazione Universitaria di Bruxelles e ha visto riuniti, oltre ai partecipanti al progetto, anche numerosi esperti europei in tema di demenze.
L’animata e proficua discussione che si è svolta durante la conferenza e le conclusioni degli esperti hanno portato alla stesura di un documento di consenso, che verrà diffuso in tutta Europa e sarà indirizzato alle autorità sanitarie, alle società scientifiche e alle associazioni laiche.
Nel documento di consenso (RECage project, 2023) si afferma che:
- le SCU-B hanno lo scopo di gestire i BPSD ogni volta che diventano ingestibili nel contesto in cui vive la persona con demenza e di facilitare il ritorno del paziente nell’ambiente in cui vive; gli interventi erogati all’interno della SCU-B devono essere personalizzati, rispondendo ai bisogni e ai diritti della persona, e integrati con principi di buona pratica per le persone con demenza;
- non è possibile, sulla base delle prove disponibili, specificare diverse categorie di SCU-B (ad esempio in base al numero di posti letto, al personale e ad altre caratteristiche strutturali e operative);
- l’efficacia e l’efficacia in termini di costi delle SCU-B non sono state finora dimostrate; tuttavia, molti medici hanno sperimentato l’utilità di questi servizi dedicati.
Idealmente, la SCU-B dovrebbe avere le seguenti caratteristiche strutturali:
- un ambiente appropriato, possibilmente casalingo, con caratteristiche architettoniche adeguate a renderlo favorevole alla demenza (protesico e sicuro);
- abbastanza spazio per camminare, possibilmente un corridoio circolare;
- prevalentemente due letti per camera, alcune camere con letti singoli (per pazienti agitati/iperattivi);
- ampia area salotto per i pazienti e stanza dedicata a riunioni con i parenti;
- accesso diretto a un’area esterna e a una cucina interna, accesso alla terapia occupazionale e fisica.
La persona e i familiari/rappresentanti legali dovrebbero essere coinvolti nella pianificazione dell’assistenza e nel processo decisionale. I familiari/rappresentanti legali dovrebbero ricevere un’istruzione specifica sulla gestione dei BPSD nell’ambiente in cui vive abitualmente la persona con demenza. La SCU-B deve essere pienamente integrata nella rete dei servizi del sistema sanitario locale in cui è implementata.
Lo staff della SCU-B deve includere medici (geriatri, psichiatri o neurologi), psicologi, infermieri, altri operatori sanitari (es. fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti) e assistenti sociali, per garantire un approccio multidisciplinare e multiprofessionale. Il personale che opera in una SCU-B:
- riceve una formazione specifica su demenza e BPSD, sugli aspetti etici e legali (inclusi quelli relativi alle contenzioni fisiche), sull’uso appropriato degli psicofarmaci;
- ha familiarità con l’assistenza centrata sulla persona e con gli interventi non farmacologici basati sull’evidenza;
- riceve sostegno attraverso consulenze, supervisione e supporto psicologico.
Le principali questioni etiche che devono essere prese in considerazione dal personale di una SCU-B sono legate alla capacità di fornire il consenso informato; se la persona con demenza non è in grado di fornire tale consenso, dovrebbe essere preso in considerazione un tutore legale o una persona legittimata a fornire il consenso, secondo le leggi locali. La contenzione fisica va adottata solo in situazioni eccezionali di pericolo immediato per la salute della persona, dopo il fallimento di tutte le altre misure di contenimento; dovrebbe essere effettuata secondo procedure predefinite, secondo la legislazione e/o le linee guida locali, per il più breve tempo possibile, dopo aver identificato un obiettivo specifico e con una rivalutazione regolare e ravvicinata.
Raccomandazioni per ricerche future:
- definire misure significative di esito clinico e indicatori strutturali, di processo e di esito;
- armonizzare i dati raccolti sulle SCU-B in diversi contesti, per consentire confronti e raggruppamenti;
- standardizzare e rendere operative la definizione di SCU-B, le sue caratteristiche e procedure.
Guardando al futuro: la seconda e la terza fase del progetto
Come affermato in precedenza, la seconda e la terza fase di RECage si propongono di diffondere e adattare il modello delle SCU-B non solo per quanto riguarda i principali obiettivi, ma anche per confrontare l’esperienza e le diverse modalità di lavoro dei centri partecipanti e il diverso contesto socio-politico in cui agiscono. In generale, nonostante i risultati insoddisfacenti dello studio di coorte relativi all’efficacia a lungo termine, le evidenze reperite nella letteratura esistente sull’efficacia in acuto – così come le esperienze comuni condivise dai professionisti che operano nelle SCU-B in tutta Europa – dimostrano come queste strutture siano in grado di dare risposte a situazioni cliniche impegnative in fase acuta, non facilmente affrontabili al domicilio. Per questi motivi crediamo che la creazione di nuove SCU-B nei Paesi che ne sono completamente sprovvisti o che ne hanno solo alcune possa essere raccomandata, almeno in via sperimentale.
Le principali raccomandazioni e spunti di riflessione emersi dalla discussione tra i membri del consorzio di partecipanti al progetto RECage possono essere riassunte come segue:
- il modello delle SCU-B può essere considerato socialmente innovativo, in quanto fornisce risposte a un bisogno largamente insoddisfatto; questo tipo di unità operative garantisce ai pazienti e alle loro famiglie un importante supporto nei periodi di crisi, da parte di un’équipe qualificata; inoltre, rappresenta un luogo privilegiato per la formazione di operatori sanitari e dei caregiver;
- nell’attuale mancanza di una definizione standard internazionale di questo tipo di unità operative, è indispensabile raggiungere un largo consenso su una definizione abbastanza flessibile, da adattarsi ai diversi sistemi sanitari;
- per raggiungere risultati davvero efficaci, le SCU-B dovrebbero rappresentare solo una delle componenti della rete globale di assistenza alle persone con demenza, inserendosi in una vasta compagine di iniziative, che coinvolgano direttamente i pazienti, le loro famiglie e le comunità in generale;
- è fortemente raccomandato lo sviluppo di ulteriori ricerche per esplorare interventi alternativi per le crisi e per valutare il rapporto costo-efficacia delle SCU-B;
- la mancanza di risorse economiche è il principale ostacolo all’attuazione del modello delle SCU-B; pertanto è essenziale un impegno politico, per attuare lo sviluppo delle SCU-B.
Note
- I BPSD rappresentano un gruppo eterogeneo di sintomi e comportamenti non cognitivi che si esprimono nelle persone con demenza; costituiscono una componente importante della sindrome di demenza, indipendentemente dal suo sottotipo; sono clinicamente rilevanti quanto i sintomi cognitivi, poiché fortemente correlati al grado di compromissione funzionale e cognitiva. I BPSD includono deliri, allucinazioni, agitazione / aggressività, depressione / disforia, ansia / euforia, apatia/ indifferenza, disinibizione, irritabilità / labilità, comportamento motorio aberrante, disturbi del sonno e del comportamento notturno, disturbi dell’appetito e dell’alimentazione.
- L’obiettivo principale del Centro Eccellenza Alzheimer dell’Ospedale Briolini di Gazzaniga è una presa in carico globale della persona con demenza e della sua famiglia, con l’intento di raggiungere una situazione di equilibrio che consenta il rientro a domicilio. Oltre al reparto di degenza riabilitativa specialistica, dotato di 46 posti letto, attualmente il centro dispone di una struttura ambulatoriale (CDCD Centro per i Disturbi Cognitivi e le Demenze) dedicata alla diagnosi e alla cura dei pazienti affetti da demenza di qualsiasi natura; nell’ambito delle attività ambulatoriali vengono offerti anche trattamenti di stimolazione cognitiva individuale (MAC Macro Attività ambulatoriale Complessa) e di supporto psico-educazionale per i caregiver.
- Va ricordato che in Francia la decisione di implementare questo tipo di unità operative fu puramente politica, non basata su evidenze di efficacia provenienti dalla letteratura scientifica. Le UCC Unités Cognitivo-Comportementales sono infatti state inserite nel contesto dei servizi per le persone con demenza già a partire dal Piano Nazionale Demenze francese del 2008 (Plan Alzheimer et maladies apparentées 2008-2012).
- La Consensus Conference rappresenta un modo specifico di produrre definizioni / dichiarazioni / raccomandazioni, attraverso un processo di consenso formale tra diverse parti interessate; si basa su un dibattito pubblico in cui esperti clinici e altri stakeholder si scambiano opinioni. L’organizzazione di una Consensus Conference è appropriata in situazioni specifiche quali la presenza di argomenti controversi che richiedono un dibattito pubblico oppure l’assenza / scarsità di evidenze rispetto al tema trattato.
Bibliografia
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RECage project (2023), RECage Consensus Conference (Brussels, 21-22/2/2023). Executive summary.